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Cronache

Vittorio Sgarbi ricoverato al Gemelli: la depressione lo piega, ma amici e ammiratori sperano in un ritorno

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Vittorio Sgarbi è ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma. Il critico d’arte e volto noto della cultura italiana è sotto osservazione a causa di un importante peggioramento delle sue condizioni di salute, legato a una sindrome depressivache lo affligge da tempo. Negli ultimi giorni, si sarebbe anche rifiutato di alimentarsi, condizione che ha reso inevitabile il ricovero in reparto per monitoraggi e controlli specialistici continui.

Una notizia che preoccupa il mondo della cultura e migliaia di persone che, al di là delle sue intemperanze e provocazioni, riconoscono a Sgarbi uno straordinario ruolo nella divulgazione dell’arte italiana.

Un anno difficile: dimissioni, inchieste e malattia

Il 2023 è stato un anno complicato per Sgarbi, cominciato con le dimissioni da sottosegretario alla Cultura, proseguito con una serie di indagini a suo carico legate ad alcune operazioni su opere d’arte, e accompagnato da problemi di salute di cui non ha mai fatto mistero. Tra questi, anche un tumore alla prostata, che ha affrontato con franchezza, raccontandolo pubblicamente senza filtri.

Nonostante tutto, a dicembre è arrivata nelle librerie la sua ultima fatica: “Natività, Madre e figlio nell’arte”, un volume che raccoglie ancora una volta il suo sguardo appassionato e visionario sull’arte sacra, e che testimonia la sua instancabile volontà di continuare a raccontare la bellezza.

“Un treno fermo in una stazione sconosciuta”

È stato lo stesso Sgarbi, in una recente intervista a Robinson de la Repubblica, a parlare apertamente della sua depressione:
«La mia attuale malinconia o depressione è una condizione morale e fisica che non posso evitare. Come abbiamo il corpo, così esistono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare. Non ne avevo mai sofferto. Mi sembra un treno che si è fermato a una stazione sconosciuta».

Un’ammissione rara e potente, pronunciata da un uomo da sempre abituato a mostrarsi indistruttibile, tagliente, fuori dagli schemi. Ma anche nei suoi ultimi post social – un ricordo del padre, un pensiero per le donne, una battuta su Sanremo – si intravedeva un’ombra nuova, più malinconica, più fragile.

L’appello di Veneziani: «Rialzati e cammina, capra!»

A dare voce a chi lo ama e lo stima è stato l’amico Marcello Veneziani, che sul quotidiano La Verità gli ha dedicato un toccante appello in prima pagina:
«Rialzati e cammina, capra!». Intervistato dal Corriere della Sera, Veneziani ha parlato con lucidità del momento difficile che sta attraversando Sgarbi:
«Ha la percezione che molte delle sue libertà impulsive non potranno più essere praticate. Il suo universo si sta restringendo».

Eppure, Veneziani non perde la speranza:
«Conoscendo Vittorio, non escludo affatto un risorgimento personale. Penso che potrebbe riuscire a ritrovare il giusto impeto per riprendere la sua strada. Ma per farlo, dovrà dire addio al Vittorio Uno per aprire il capitolo del Vittorio Due».

L’augurio di tutti: ritrova la tua voce, Vittorio

Oggi Sgarbi è un paziente, ma anche un simbolo. Di una fragilità umana che può toccare chiunque, persino chi si è sempre esibito con piglio sicuro e disarmante, anche scomodo. La sua voce – ironica, appassionata, talvolta tagliente – è mancata negli ultimi giorni, e in tanti ne sentono l’assenza. Come critico d’arte, divulgatore, e prima ancora come uomo, Vittorio Sgarbi ha saputo toccare corde profonde.

Per questo oggi, l’unico vero appello che ha senso è uno solo: torna presto, Vittorio. Rialzati, riprendi a camminare, capra geniale che non ci hai mai lasciato indifferenti.

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Sentenze oscurate, il Tar boccia il Ministero della Giustizia: anonimizzazione totale illegittima

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Un archivio pubblico delle sentenze civili, creato con milioni di euro e accessibile con Spid o Cie, ma del tutto inutile perché privo di nomi, date e riferimenti. Così il Ministero della Giustizia ha tentato di raggiungere uno degli obiettivi del Pnrr, ma ha finito per contraddirlo. E ora il Tar del Lazio annulla il decreto ministeriale che imponeva l’anonimizzazione generalizzata.

L’iniziativa del Ministero, lanciata a dicembre 2023, intendeva facilitare la diffusione dei precedenti giurisprudenziali per ridurre il contenzioso. Ma la decisione di oscurare ogni dato identificativo – inclusi i nomi di persone, società e le date – ha neutralizzato lo scopo stesso della banca dati. Un’anomalia, resa ancora più evidente dal fatto che ai magistrati è consentita la consultazione in chiaro, così come accade per le banche dati della Cassazione e della giustizia amministrativa.

A opporsi sono stati due avvocati, Flavio Mondini e Matteo Rescigno, con il supporto di docenti universitari e dell’Ordine degli Avvocati di Milano, assistiti dal legale Alessandro dal Molin, che hanno presentato ricorso al Tar del Lazio.

La sentenza: «Una scelta irragionevole e sproporzionata»

I giudici amministrativi non hanno avuto dubbi: «Non è ragionevole, proporzionata o necessaria» l’anonimizzazione totale. Tale scelta, si legge nella decisione, «rende sostanzialmente impossibile comprendere l’esatta portata delle sentenze», svuotando così di senso lo strumento.

Il bilanciamento tra privacy e trasparenza è già regolato dal decreto legislativo 196 del 2003, che vieta la diffusione dei dati dei minorenni e prevede l’oscuramento solo in casi specifici, come la tutela della dignità nei procedimenti delicati o su richiesta dell’interessato. E tale valutazione spetta ai giudici, non all’amministrazione.

Il Tar ha quindi stabilito che il Ministero non può «sostituirsi all’autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione», evidenziando come l’oscuramento generalizzato interferisca anche con decisioni riservate ai magistrati.

L’accordo con gli editori: una disparità intollerabile

A rendere ancora più controversa la condotta del Ministero, la concessione dell’accesso illimitato e non anonimizzato a un gruppo selezionato di editori privati. Grazie a un accordo siglato con l’Associazione Italiana Editori, alcune case editrici hanno potuto estrarre e pubblicare integralmente le sentenze, in totale controtendenza con il principio invocato per l’anonimizzazione generalizzata.

Una contraddizione macroscopica che ha pesato nella decisione dei giudici amministrativi, i quali hanno visto in questa scelta una disparità ingiustificata tra soggetti privati e la collettività.

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Due proiettili in due giorni: clima di tensione a Bacoli, intimidazioni contro la Polizia Municipale

Missive anonime indirizzate a un agente e al comandante Marialba Leone. Il sindaco Della Ragione: «Fatto gravissimo».

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Un doppio inquietante episodio scuote la quiete apparente di Bacoli. Due proiettili, inviati a distanza di ventiquattro ore, sono stati recapitati alla sede del comando della Polizia Municipale, in quella che appare come una chiara intimidazione a chi indossa la divisa.

Il primo proiettile è arrivato giovedì mattina in una busta gialla anonima, tramite posta ordinaria. Il destinatario: un agente originario di Giugliano, in servizio da circa due anni presso il comando municipale. Nessuna scritta, nessun messaggio: solo il proiettile a parlare.

Il secondo invio, con modalità simili, è giunto ieri e questa volta indirizzato direttamente al comandante Marialba Leone.

Una vicenda che ha generato preoccupazione e sconcerto, tanto da spingere il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, a un commento netto:
«Un fatto gravissimo», ha dichiarato, lasciando intendere che il clima di intimidazione non sarà tollerato.

Le indagini sono affidate alle forze dell’ordine, che stanno cercando di risalire alla matrice dei due episodi. Al momento non si esclude alcuna pista: dai contrasti per questioni di ordine pubblico fino a eventuali ripercussioni legate a controlli effettuati dagli agenti sul territorio.

La città attende risposte, mentre cresce il timore per un’escalation di episodi minacciosi.

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Tragedia in via Don Bosco: investito e ucciso un funzionario della Città Metropolitana di Napoli

Stefano Giannino travolto da un taxi mentre attraversava sulle strisce. È l’ottavo morto sulle strade di Napoli dall’inizio dell’anno.

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Un’altra vita spezzata sull’asfalto. Stefano Giannino, 61 anni, stimato funzionario della Città Metropolitana di Napoli, è morto dopo essere stato travolto da un taxi ieri mattina in via Don Giovanni Bosco, mentre attraversava sulle strisce pedonali. L’uomo, tecnico geologo, era diretto come ogni giorno negli uffici dove lavorava da oltre trent’anni.

Trasportato in condizioni disperate al pronto soccorso del CTO, è deceduto poco dopo l’arrivo. Si tratta del quarto pedone ucciso a Napoli dall’inizio del 2024, e dell’ottava vittima della strada se si considerano anche motociclisti e ciclisti.

L’incidente e la dinamica

L’impatto è avvenuto alle 7:25. Giannino era appena sceso dall’autobus e aveva iniziato ad attraversare la strada sulle strisce pedonali, superando la parte posteriore del mezzo ancora fermo. A colpirlo un taxi guidato da un 48enne napoletano, che procedeva da Piazza Carlo III verso Largo Santa Maria del Pianto.

Secondo i rilievi della sezione Infortunistica della Polizia Municipale, coordinata da Vincenzo Cirillo, il taxi viaggiava a una velocità superiore ai 30 km/h, limite previsto in quell’area. L’impatto è stato violento: Giannino ha colpito il parabrezza ed è stato sbalzato a diversi metri di distanza, cadendo sull’asfalto privo di sensi. L’autista, che era senza passeggeri, si è fermato immediatamente per prestare soccorso.

Il ricordo e il cordoglio

Stefano Giannino lascia una moglie e un figlio di 23 anni. I familiari lo descrivono come un uomo serio, prudente, appassionato del suo lavoro e della sua terra, con un amore profondo per il Cilento, dove possedeva una casa di campagna. Era un funzionario esperto nella programmazione di lavori stradali e strutturali in tutta l’area metropolitana.

A ricordarlo anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che ha espresso il dolore dell’amministrazione:
«Con profondo dolore apprendo della tragica scomparsa del nostro stimato funzionario, dottor Stefano Giannino. A nome dell’intera Città Metropolitana di Napoli, esprimo le più sentite condoglianze alla famiglia e ai colleghi».

Le indagini e la rabbia delle associazioni

L’autista del taxi è stato sottoposto agli esami tossicologici, la patente ritirata e il mezzo posto sotto sequestro. Saranno fondamentali per le indagini anche le immagini della videosorveglianza e la dash cam installata a bordo del taxi. La salma è stata trasferita all’Istituto di Medicina Legale del Policlinico per l’autopsia.

Nel frattempo, l’ennesimo incidente ha riacceso le proteste delle associazioni che lottano contro la violenza stradale. Da Napoli Città 30 arriva una denuncia forte:
«Le risorse economiche in campo sono imbarazzanti rispetto all’emergenza, e le soluzioni infrastrutturali adottate sono inconsistenti». Promesse nuove mobilitazioni per chiedere interventi urgenti e concreti.

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