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Economia

Vino: oltre 1.000 aziende italiane a Salone Wine Paris

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Si apre oggi l’edizione 2025 di Wine Paris, il grande salone francese dedicato al vino e ai distillati. La rassegna si terrà fino al 12 febbraio negli spazi di Paris Expo, alla Porte de Versailles. La partecipazione italiana, si legge in una nota diffusa dall’agenzia ICE, è anche quest’anno, molto significativa: in totale, le aziende rappresentative del Made in Italy al Wine Paris 2025 saranno oltre 1.000, occupando integralmente la Hall 6 del parco espositivo e posizionando l’Italia come seconda nazione più rappresentata subito dopo la Francia, con circa il 20% degli espositori presenti alla Fiera. L’Agenzia ICE conferma la sua partecipazione al salone con una delegazione di aziende italiane in significativa crescita rispetto allo scorso anno: 145 produttori italiani animeranno il Padiglione Italia, su un’area espositiva di circa 1.450 mq nelle Hall 6 e 5.

Nella giornata d’apertura, è atteso il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che insieme all’Ambasciatore d’Italia in Francia, Emanuela D’Alessandro, al Presidente dell’Agenzia ICE, Matteo Zoppas e al Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, on. Mirco Carloni, deve inaugurare il Padiglione Italia salutando tutte le aziende italiane espositrici. Il Salone Wine Paris, a cui sono attesi più di 5.300 espositori, provenienti da oltre 50 paesi, e 50.000 visitatori. è divenuto u riferimento europeo ed internazionale per i più importanti operatori del settore vinicolo, ben oltre i confini francesi.

L’Italia, con oltre 7.7 miliardi di euro nel 2023, é il secondo Paese al mondo, dopo la Francia, per esportazione di vini con una quota di mercato globale del 21,5% nel 2023. La Francia rappresenta per l’Italia il 6° mercato di sbocco per le esportazioni di vino italiano: nel 2023 l’Italia ha esportato vini in Francia per un valore di 307 milioni di euro: +7,05% rispetto al 2022 e ben +48,56% in 4 anni rispetto ai valori registrati nel 2019. Per quanto riguarda liquori e distillati, l’Italia é il settimo esportatore al mondo con una quota di mercato del 4,4%, dunque un valore complessivo di esportazioni pari a 1.671 miliardi nel 2023. La Francia rappresenta per l’Italia il 4° mercato per l’acquisto di liquori e distillati italiani, con un export italiano che ha raggiunto un valore pari a 112 milioni nel 2023, segnando una crescita di quasi il +19,1% rispetto al 2022.

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Economia

Stretta sugli statali morosi: dal 1° gennaio pignoramenti in busta paga per chi deve oltre 5mila euro al Fisco

Dal 1° gennaio scatta la stretta sui dipendenti pubblici con debiti fiscali superiori a 5mila euro: prevista una trattenuta fino al 14% dello stipendio. Protestano i sindacati.

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Dal 1° gennaio 2026 scatterà la stretta sui lavoratori pubblici che hanno debiti fiscali superiori a 5mila euro. Le amministrazioni dello Stato dovranno infatti verificare la posizione dei propri dipendenti con stipendi compresi tra 2.500 e 5mila euro, per individuare eventuali morosità nei confronti dell’Erario.

Finora i controlli venivano effettuati solo per pagamenti superiori a 5mila euro. Con la nuova norma – introdotta dall’articolo 144 del decreto legislativo n. 33 del 24 marzo 2025 – la platea si amplia e i tempi di intervento dell’Agenzia della riscossione si accorciano.


Trattenute fino al 14% dello stipendio

Per chi risulterà inadempiente, scatterà una trattenuta in busta paga pari a un settimo della retribuzione (circa il 14% del salario mensile) fino all’estinzione del debito. In pratica, un dipendente con 3.000 euro di stipendio vedrà trattenuti circa 210 euro al mese, mentre chi guadagna 4.000 euro ne perderà 280.

Per gli importi fino a 2.500 euro, il prelievo sarà pari a un decimo dello stipendio.


La protesta dei sindacati

Durissima la reazione della Uil Pa, che ha definito la misura “un attacco agli statali”. Secondo il sindacato, circa 180mila lavoratori pubblici rischiano di vedersi pignorare parte del salario.

“Lo Stato – denuncia la Uil Pa – si appresta a prelevare dai salari dei propri dipendenti che hanno debiti fiscali superiori a 5mila euro, mentre il resto dell’enorme montagna di crediti resta intoccato”.

La Uil cita i dati del Ministero dell’Economia: 22,8 milioni di contribuenti indebitati per un totale di 1.274 miliardi di euro non riscossi. Eppure la stretta, sostengono i sindacati, colpisce solo i lavoratori pubblici.


Obiettivo: recuperare 36 milioni di euro

Il governo punta a recuperare 36 milioni di euro nel 2026 grazie a queste nuove misure. L’intento dichiarato è rendere più efficace l’attività di riscossione, con procedure più rapide di pignoramento diretto delle somme dovute a titolo di stipendio o di indennità di servizio.

Non cambiano invece le regole per i fornitori della pubblica amministrazione, per i quali i controlli continueranno a scattare solo oltre i 5mila euro.


Come evitare la tagliola: sanare o aderire alla rottamazione

I dipendenti pubblici con cartelle non pagate hanno due vie per evitare il prelievo: regolarizzare i debiti o aderire alla “rottamazione quinquies” prevista dalla legge di Bilancio 2026.

Chi presenta domanda di adesione alla nuova definizione agevolata delle cartelle avrà la sospensione immediata delle procedure esecutive – compresi fermi, ipoteche e pignoramenti – e potrà sanare il debito in forma agevolata.

Le richieste dovranno essere inviate entro il 30 aprile 2026.

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Economia

Manovra, verso un compromesso sulla tassa per gli affitti brevi: possibile aliquota al 23%

Nella manovra economica si va verso un compromesso sulla tassa per gli affitti brevi: aliquota al 23% invece del 26%. Meloni e Giorgetti frenano le richieste dei partiti: “Le modifiche si fanno a saldi invariati”.

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Un compromesso al 23% per la tassa sugli affitti brevi. È questa la mediazione su cui si muove il governo dopo il braccio di ferro interno alla maggioranza. L’aliquota potrebbe quindi fermarsi a metà strada tra l’attuale 21% e il 26%previsto inizialmente dalla manovra.

Sul tavolo anche nuove richieste politiche, come più fondi all’editoria, dopo le proteste delle associazioni di categoria, e il rafforzamento delle misure per le forze dell’ordine. Ma Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti restano inflessibili: “I soldi sono questi, le modifiche si possono fare ma a saldi invariati”.


Vertice a Palazzo Chigi: Meloni frena le richieste dei partiti

Nella mattinata di ieri, Palazzo Chigi ha ospitato un nuovo vertice di maggioranza con Meloni, Giorgetti, Antonio Tajani, Maurizio Lupi e, in collegamento dalla Puglia, Matteo Salvini. La premier ha ascoltato le richieste dei leader:

  • Salvini ha rilanciato sulla rottamazione delle cartelle esattoriali e sulla sterilizzazione dell’aumento dell’età pensionabile;

  • Tajani ha chiesto più fondi per editoria e polizia;

  • Lupi ha insistito su sgravi per studenti e partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali.

Meloni e Giorgetti, però, hanno ribadito il principio della sostenibilità: “Le risorse sono limitate: per aggiungere qualcosa bisogna rinunciare a qualcos’altro”.


Affitti brevi, l’ipotesi del 23%

Sul nodo centrale della tassa sugli affitti brevi, Tajani e Salvini spingono per mantenere l’aliquota al 21%, mentre Lupi propone incentivi per gli affitti lunghi. Giorgetti, pur definendo “legittime” le richieste, punta su una soluzione intermedia al 23%, ricordando che la misura serve a contrastare la riduzione degli alloggi disponibili e a sostenere l’equilibrio del mercato immobiliare.


Gli altri nodi: dividendi, crediti fiscali e “pace fiscale”

Il ministro dell’Economia ha aperto anche alla possibilità di allentare la stretta sui dividendi e sulla compensazione dei crediti fiscali, ma ha chiuso alla proposta della Lega di ampliare ulteriormente la “pace fiscale” includendo anche i contribuenti destinatari di avvisi di accertamento.
Gli spazi sono limitati – ha spiegato Giorgetti –: la misura costa già quasi 10 miliardi in più anni”.


I prossimi passaggi

Nel frattempo, i ministeri hanno presentato circa 80 emendamenti e i parlamentari della maggioranza quasi 400, che dovranno essere ridotti entro il 18 novembre. In vista un nuovo summit di governo per trovare un equilibrio tra richieste politiche e vincoli di bilancio.

Un’ipotesi discussa durante il vertice, secondo fonti governative, riguarda anche una imposta sostitutiva al 12,5% per la rivalutazione dell’oro, pensata per far emergere il metallo non dichiarato e reperire risorse aggiuntive.

Ma per ora la linea della premier resta ferma: nessuno scostamento, nessun nuovo debito.
La manovra da 18,7 miliardi deve restare in equilibrio.

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Economia

Nuovo contratto nazionale per le tlc: aumenti fino a 6.500 euro e più welfare, formazione e smart working

Firmato il nuovo contratto delle tlc: aumenti fino a 6.496 euro in tre anni, più welfare, formazione e smart working. Asstel e sindacati chiedono ora politiche industriali di lungo periodo al Governo.

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Le telecomunicazioni italiane hanno un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl). L’accordo prevede aumenti retributivi fino a 6.496 euro nel triennio 2026-2028, insieme a una serie di miglioramenti sul fronte del welfare, della formazione e della sostenibilità.

È un contratto di trasformazione”, sottolinea Pietro Labriola (nella foto Imagoeconomica), presidente di Asstel, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del settore. “Ma ora serve un impegno concreto del Governo con politiche industriali di lungo periodo: senza una visione strutturale, ogni sforzo delle imprese rischia di essere vano”.


Aumenti salariali e tutele per i lavoratori

Nel triennio 2026-2028 sarà riconosciuto il recupero dell’inflazione maturata, con incrementi economici che variano da 240 a 364 euro lordi al mese a seconda del livello contrattuale.

Inoltre, dal 1° gennaio 2026, la contribuzione aziendale al Fondo di previdenza Telemaco salirà all’1,6%, mentre quella al Fondo bilaterale di solidarietà di settore sarà dello 0,20% a carico dell’azienda e dello 0,10% a carico dei lavoratori.


Focus su welfare e lavoro agile

Il contratto introduce nuovi permessi retribuiti per genitorialità, violenza di genere e bisogni educativi speciali, e rafforza la previdenza complementare e la sanità integrativa.

Particolare attenzione è rivolta al lavoro agile, che viene potenziato e reso più inclusivo, con obiettivi misurabili e maggiore flessibilità.

È stato inoltre istituito un nuovo ambito per le attività di customer care (CRM/BPO), con regole più chiare per contrastare il dumping contrattuale e garantire continuità occupazionale nei passaggi di appalto.


Un contratto legato ai principi Esg

Il nuovo Ccnl lega le sue linee guida ai principi Esg (Environmental, Social, Governance), promuovendo una visione del lavoro fondata su sostenibilità, partecipazione e responsabilità sociale.

Per Alessandro Faraoni, segretario generale Fistel Cisl, l’accordo “è cruciale non solo per migliorare le condizioni dei lavoratori, ma anche per dotare il settore degli strumenti necessari alla transizione digitale del Paese”.


La soddisfazione dei sindacati e l’appello al Governo

“È una buona notizia per la difesa del reddito dei lavoratori e un segnale importante contro i contratti pirata nei call center”, ha commentato Riccardo Saccone della Slc Cgil.

Dalla Uilcom, Vera Buonomo e Salvo Ugliarolo chiedono ora un confronto con il Governo sui nodi ancora aperti: “Serve un piano per ridurre il costo dell’energia alle aziende non energivore e una revisione delle gare pubbliche nei servizi di assistenza clienti”.

Un messaggio condiviso anche da Asstel: “Il settore delle tlc può diventare uno dei motori della digitalizzazione italiana, ma servono coerenza, visione e politiche industriali solide per accompagnare questa trasformazione”.

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