Questo articolo non ha alcuna pretesa di scientificità. Chi scrive è assolutamente ignorante in materia di geofisica e vulcanologia. E nemmeno vuole creare un allarmismo ingiustificato in un momento già difficile dopo l’eruzione dell’Etna e il conseguente terremoto di forte intensità che ha fatto danni seri alle case e alle infrastrutture, provocato il terrore tra la popolazione (già in crisi di nervi per lo sciame sismico in corso da settimane e piegata anche dal sisma di queste ore) e molti feriti. Quelle che poniamo sono domande. Sono domande che tanti vorrebbero fare alle istituzioni scientifiche e all’autorità di Governo del Paese. Ecco, quello che sarebbe giusto ed opportuno è che la Protezione civile nazionale cominciasse a fornire, per il tramite dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, un quadro di insieme di quel che accade da circa 2 anni a questa parte lungo la dorsale tirrenica, area a maggiore rischio geologico del Paese quanto a fenomeni eruttivi e sismici legati alla presenza di vulcani in attività. Da Napoli a Catania, passando per Ischia e Campi Flegrei, per il Marsili nel Mediterraneo e lo Stromboli, ci sono una serie di vulcani a rischio eruzione che danno vita a fenomeni di sismicità elevata e pongono questioni serie su possibili disastri che mettono in pericolo non solo case e cose ma anche e soprattutto vite umane. Occorre informare in maniera seria la popolazione. Non si può continuare a somministrare uno spezzatino di verità che suscita o apatia verso un problema serio oppure si consente a certa stampa di fare una informazione terroristica su rischi che esistono solo nelle mente bacate di chi ad ogni terremoto anche di intensità sotto il 2 grado della scala Richter vedono futuri rischi di stravolgimenti per terremoti o eruzioni che sono imminenti. Sul web girano troppe informazioni, non sempre facili da decodificare per un comune cittadino. Proviamo a spiegare.
Si legge sul web (su vari siti affidabili) che Campi Flegrei è una delle zone vulcaniche più pericolose al mondo.
Che in passato, parliamo di migliaia di anni fa, in quella zona ci sono state eruzioni di tipo pliniano che hanno creato effetti disastrosi globali anche a livello climatico. Oggi i Campi Flegrei sono una di quelle zone maggiormente urbanizzate. Come siamo preparati ad evacuare quelle aree in caso di eruzione? Che cosa facciamo per leggere in anticipo una eruzione? Lo sciamo sismico continuo e lo stesso terremoto di Ischia del 21 agosto del 2017 quale legame ha con una possibile eruzione, con il possibile ingrossamento di una camera magmatica sotterranea di cui si legge ovunque sul web?
La questione Vesuvio, quella più pubblicizzata dai media. Negli ultimi mesi ci sono stati una marea di microterremoti alla sommità del vulcano e alle falde del Vesuvio.
Alcuni strumentali, altri poco più che strumentali, ma sempre con ipocentro talmente in superficie che anche scosse di intensità risibile sono state nitidamente sentite dalle popolazioni che vivono nel terrore. Che cosa succede in caso di eruzione? Siamo pronti con piani i evacuazione? Questi microterremoti sono segnali di imminenti eruzioni o semplice vita del vulcano? È davvero tutto sotto controllo?
L’altro vulcano sconosciuto è il Marsili, un gigante sottomarino ritenuto dalla comunità scientifica il più grande vulcano attivo d’Europa.
È un “mostro” enorme che si nasconde sotto il mar Tirreno tra la Campania, Calabria e la Sicilia. È lungo 70 chilometri e largo 30, alto 3000 metri e la cui sommità si trova a circa 450 metri di profondità nelle acque tirreniche.
Di questo vulcano, se andiamo sul web, tra le cose meno inquietanti che possiamo leggere è che – sostengono gli esperti – ha moltiplicato i segnali di attività, è estremamente pericoloso per la enorme dimensione e potenzialmente è responsabile di devastanti maremoti.
A tutto questo dobbiamo aggiungere quel che accade a Stromboli e sull’Etna. Sarebbe opportuno che la comunità scientifica e i decisori politici si parlassero e cominciassero a ragionare, in tutti questi casi, di prevenzione e protezione civile in zone dove l’eruzione o il terremoto non sono rischi ma possibilità concrete. La questione non è se accadrà ma quando accadrà. E quando accadrà, in un Paese normale, occorre essere pronti a qualunque evenienza per salvare vite umane e poi cose. Individuare mezzi, strumenti per fare fronte a terremoti, eruzioni, dissesti idrogeologici sono questioni certamente scientifiche da studiare ma anche e soprattutto problemi di governo da affrontare, non come emergenze odierne, presenti o future ma normali problemi da risolvere nella quotidianità.