“Stavolta il muro si e’ alzato. Non trovo casa, non me l’affittano. Appena, tra i redditi che presento, si accorgono che una parte deriva dagli aiuti economici statali a mio figlio, con diagnosi di spettro autistico, chiudono ogni rapporto”. Cosi’ Rosamaria “Rose” Caputi, catanese, ex attrice di teatro, trasferitasi da anni a Roma per inseguire il suo sogno professionale, affida la propria “disperazione” ai social e, poi, anche ai giornalisti. Rimasta vedova, mamma di tre figli, a fine giugno dovra’ lasciare casa. Ne cerca un’altra, sempre a Roma. Ma, rivela, non le affittano un’abitazione perche’ uno dei tre e’ affetto da sindrome autistica. E non e’ un problema economico perche’, spiega, “ho un reddito certificato derivante dalla reversibilita’ della pensione di mio marito e dagli aiuti statali stanziati per mio figlio e ho ripreso a lavorare part time con l’universita’”. Eppure, aggiunge, “quando un affittuario deve scegliere tra me e un’altra famiglia, vengo sistematicamente scartata”. “Porto in dote garanzie economiche stabili, ma nel mio caso i padroni dei trivani che ho visitato hanno solo guardato la situazione familiare scegliendo altri candidati: temono chissa’ quale quale comportamento, non sanno quale sia il livello di autismo di mio figlio, lui che ama il rapporto con gli altri e va vanti con i i suoi progressi”, dice. Ha ricevuto anche oggi telefonate di sostegno e qualche promessa di aiuto ma al momento nessun atto concreto che “possa risolvere la mia vita”. Ma non si arrende, seguendo due strade: privata e pubblica, perche’, dice con voce calma ma determinata, “non mi posso fermare, non me lo posso permettere”. Non cerca “aiuti economici, ne’ compassione di facciata”. La sua e’ una “difesa della mia famiglia, raccontando una storia che e’ simile a tante altre”. “Ci saranno migliaia di persone nella mia stessa identica situazione – osserva – e spero ci possa mettere insieme per sensibilizzare la societa’ sull’autismo, cosi’ poco conosciuto dai piu'”. E’ sorpresa dal “risalto mediatico” ottenuto dal suo post su Fb, pubblicato forzando la sua natura di “persona riservata”. Ma una cosa la contesta con fermezza: l’agire della societa’ che “a buona distanza si nasconde dietro solidarieta’ e accoglienza a parole o citazioni”, ma che “quando deve dimostrare coi fatti questi buoni sentimenti, si allontana, ti rifiuta”. E’ “triste dirlo, ma e’ cosi'”, e’ la sua amara constatazione, ma, ribadisce, che “di fronte a una discriminazione cosi’ umiliante non riesco a stare zitta”. Intanto ha ottenuto una serie di indirizzi di case da controllare e di agenzie immobiliari a cui rivolgersi e come fare ad avere l’attenzione dell’assessorato alle Politiche abitative del Comune di Roma. Non sono le soluzione, ma delle strade da seguire. Non e’ finita, e lo sa. La ‘battaglia’ per suo figlio e’ di quelle che durano tutta la vita.