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Venezuela, Juan Guaidò vince il duello dei concerti con Nicolas Maduro

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Juan Guaidò ha trionfato nel ‘duello dei concerti’ con il governo di Nicolas Maduro, anche grazie alla sua apparizione a sorpresa sul palcoscenico del ‘Venezuela Aid Live’ di Richard Branson a Cucuta, in territorio colombiano, ma resta ora da vedere se riuscira’ ad imporsi anche oggi sabato nella sua annunciata operazione di ingresso degli aiuti umanitari internazionali in Venezuela. Il presidente del Parlamento di Caracas, che un mese fa ha assunto i poteri dell’Esecutivo, è comparso ai piedi del palcoscenico eretto sul versante colombiano del ponte di Las Tienditas, in compagnia dei presidenti di Colombia, Ivan Duque: Paraguay, Mario Abdo Benitez e Cile, Sebastian Pinera. Non si sa come Guaido’, partito ieri da Caracas in un convoglio di deputati e dirigenti oppositori, sia riuscito ad attraversare la frontiera, ma quando è arrivato al concerto di Cucuta è stato riconosciuto ed applaudito da migliaia di venezuelani che assistevano allo spettacolo. Il ‘Venezuela Aid Live’ ha riunito alcuni dei nomi piu’ noti della musica latina, dallo spagnolo Alejandro Saenz ai messicani di Mana’, passando per il colombiano Juanes e l’argentino Diego Torres, che hanno cantato durante cinque ore davanti a un pubblico di oltre 100 mila persone. Il contrasto con il concerto ‘Hands Off Venezuela’, organizzato dal governo di Maduro sull’altro versante dello stesso ponte, e’ stato piu’ che evidente: gli spettatori erano appena qualche migliaio, e gli artisti ben meno noti. Il piu’ famoso e’ stato Omar Acedo, un cantante di merengue conosciuto per la sua militanza politica chavista. Il successo simbolico della musica, pero’, non comporta necessariamente il successo dell’operazione organizzata da Guaido’ per portare nel paese gli aiuti depositati non solo a Cucuta ma anche a Pacaraima, sulla frontiera brasiliana. E’ su questo confine che la tensione e’ arrivata al massimo livello nelle ultime 24 ore, con l’uccisione di due indigeni Pomon da parte di militari venezuelani che si dirigevano verso la frontiera e scontri fra manifestanti e forze dell’ordine a Santa Elena de Uairen, sul confine con Pacaraima. La sfida del leader oppositore sara’ ora quella di usare i suoi volontari per portare in Venezuela gli aiuti, che Maduro respinge come uno ‘show mediatico’ creato per camuffare un intervento militare diretto dagli Stati Uniti.

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Israele, “eliminato Mohammed Sinwar”: il leader di Hamas e fratello di Yahya sarebbe morto in un raid su Khan Younis

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Una svolta nella guerra a Gaza. Secondo il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, «secondo tutte le indicazioni, Mohammed Sinwar è stato eliminato». La notizia, ancora in attesa di conferme ufficiali, potrebbe segnare un nuovo capitolo nel conflitto tra Israele e Hamas, con l’uccisione del comandante militare ritenuto tra i principali ideatori del massacro del 7 ottobre 2023.

Un nemico storico di Israele

Mohammed Sinwar è da anni una figura centrale nelle strutture militari di Hamas. Negli anni ’90 era già uno dei ricercati più pericolosi di Israele e riuscì a evadere da una prigione dell’Autorità nazionale palestinese nel 2000. Nel 2006 fu tra i principali responsabili del rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, liberato nel 2011 in uno scambio con oltre mille detenuti palestinesi, tra cui lo stesso Yahya Sinwar.

Comandante della Brigata di Khan Younis, Mohammed era diventato l’ombra del fratello Yahya, di cui ha raccolto l’eredità alla guida delle milizie di Hamas nella Striscia di Gaza dopo la sua uccisione.

Il raid aereo su Khan Younis

Secondo fonti dell’intelligence israeliana, Sinwar si sarebbe nascosto in un tunnel sotto l’ospedale europeo di Khan Younis. Martedì scorso, l’esercito israeliano ha sganciato nove bombe MK-84 sull’obiettivo. Il tunnel sarebbe stato completamente distrutto e tutti i miliziani al suo interno uccisi. Tra questi, almeno dieci collaboratori di spicco, secondo quanto riportato da Al Arabiya, tra cui Muhammad Shabana, capo della Brigata Rafah.

Una perdita strategica per Hamas?

L’eliminazione di Sinwar rappresenterebbe un colpo durissimo per Hamas, già impegnata in difficili colloqui di mediazione a Doha con Egitto e Qatar. Sinwar era noto per la sua linea intransigente, sempre contrario a qualsiasi concessione alle richieste israeliane.

Nonostante la decapitazione militare tentata da Israele, Hamas ha finora dimostrato una forte capacità di adattamento, e non è da escludere che l’organizzazione abbia già predisposto una catena di comando alternativa.

Il giallo del “terzo Sinwar”

Nel frattempo, si è tinta di mistero anche la sorte di Zakaria Sinwar, fratello di Mohammed e Yahya. Alcune voci lo davano per morto nelle stesse ore in cui si è diffusa la notizia della presunta uccisione di Mohammed, ma nessuna conferma ufficiale è ancora arrivata.

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Trump pronto a parlare con Putin: “Fermare lo spargimento di sangue”

A Villa Taverna vertice con Zelensky, Vance e Rubio: sanzioni in arrivo se Mosca non collabora. Ma l’Europa resta scettica

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Alle 10 del mattino ora di Washington, il presidente Donald Trump parlerà al telefono con Vladimir Putin. I temi annunciati sabato dallo stesso leader americano sono due: porre fine al conflitto russo-ucraino e riaprire i canali sul commercio internazionale. Obiettivo: “Fermare lo spargimento di sangue”, ha scritto Trump sui social, sottolineando che la guerra sta causando oltre 5.000 vittime a settimana tra russi e ucraini.

Intanto a Villa Taverna, residenza dell’ambasciatore USA a Roma, si è svolto un importante incontro a margine della cerimonia d’insediamento di Papa Leone XIV. Il vicepresidente JD Vance e il segretario di Stato Marco Rubio hanno incontrato Volodymyr Zelensky e numerosi altri leader internazionali, tra cui rappresentanti britannici, francesi e tedeschi, per valutare l’approccio da tenere nei confronti della Russia.

Rubio: “Siamo pronti a colpire Putin con sanzioni devastanti”

Marco Rubio, nei colloqui romani, ha ribadito una linea dura:
“Dobbiamo far capire a Putin che facciamo sul serio. Siamo pronti a colpirlo con sanzioni devastanti”.

Lo stesso Trump, in un’intervista rilasciata a Fox News, ha confermato:
“Se non si raggiunge un accordo, imporrò sanzioni distruttive. L’economia russa è in difficoltà e il prezzo del petrolio è basso.”

Le sanzioni proposte si basano su una proposta avanzata dal senatore repubblicano Lindsey Graham, che ha già raccolto oltre 77 firme al Senato. Il pacchetto prevede pesanti restrizioni sull’export di petrolio russo e dazi per i Paesi che continuano a importare energia da Mosca, come Cina e India, un nodo che rischia di trasformarsi in una crisi diplomatica globale.

L’Europa chiede cautela, Meloni e Merz contattano Trump

La cautela, però, arriva dal cuore dell’Europa. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha chiesto un confronto preventivo tra europei e Trump prima della telefonata con Putin. Anche la premier italiana Giorgia Meloni, secondo fonti diplomatiche citate dall’Adnkronos, avrebbe parlato con Trump sabato scorso, sottolineando la necessità di un approccio coordinato con gli alleati Nato e UE.

Gli alleati più lontani? Canada e Australia in campo militare

A Roma, Mark Carney, premier del Canada, e Anthony Albanese, premier dell’Australia, si sono detti scettici sui reali effetti della telefonata Trump-Putin, ma hanno confermato il sostegno militare a Kiev. Entrambi hanno incontrato Zelensky e offerto soldati per una missione congiunta. Carney ha anche avuto un bilaterale diretto con JD Vance.

Zelensky: soddisfazione per il pressing USA, ma prudenza su Trump

Il presidente Zelensky si dice soddisfatto del coinvolgimento americano, soprattutto per il ruolo di Rubio e Vance, ma secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, non ha ricevuto alcuna garanzia che Trump menzionerà le sanzionidurante la chiamata con Putin.

Intanto, Steve Witkoff, inviato speciale USA per la Russia, ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica:
“Sarà una telefonata utile. Trump e Putin si conoscono bene. Se non riesce lui a chiudere la trattativa, non può farlo nessuno”, ha dichiarato alla ABC.

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Ucraina-Russia, il nodo resta il territorio: Putin punta al riconoscimento delle conquiste e intensifica gli attacchi

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Il vero ostacolo alla pace tra Russia e Ucraina resta lo stesso da mesi: il territorio. A confermarlo è stato anche Steve Witkoff  (nella foto in evidenza), inviato americano, in un’intervista alla Fox. Il punto più critico è la richiesta di Mosca di vedere riconosciuta l’annessione della Crimea, ma soprattutto lo status delle regioni di Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Luhansk, solo parzialmente sotto controllo russo.

Secondo le stime dell’intelligence occidentale, la Russia occupa il 99% di Luhansk, il 66% di Donetsk, il 73% di Zaporizhzhia e Kherson, ma non controlla i capoluoghi di queste ultime due regioni, ancora in mano ucraina. A queste si aggiunge una presenza trascurabile nell’oblast di Kharkiv.

Zelensky apre, ma non cede

Nei primi due anni dall’invasione, Volodymyr Zelensky ha sempre mantenuto una linea netta: nessun accordo senza il ripristino dei confini precedenti al 2014. Ma da febbraio scorso la posizione si è parzialmente ammorbidita: Kiev ora accetta l’occupazione temporanea, senza però rinunciare al diritto di reclamare in futuro quei territori.

Mosca insiste: per Putin, quelle terre rappresentano un ponte terrestre vitale tra la Crimea e la Russia continentale, reso più solido dal ponte di Kerch, costruito nel 2014. Il pieno controllo su queste zone darebbe inoltre a Mosca l’egemonia sul mar d’Azov, accesso strategico al Mar Nero.

Attacco record e minaccia missilistica

Mentre cresce la pressione internazionale per una tregua, sul campo la Russia intensifica le offensive. Nelle ultime 24 ore è stato registrato un attacco record con 273 droni contro diverse aree dell’Ucraina.

I droni Shahed di fabbricazione iraniana si sono rivelati più veloci, letali e resistenti. Potenziati con motori a reazione, oggi raggiungono quasi 480 km/h, trasportano fino a 90 kg di esplosivo, e sfuggono con maggiore efficacia alla contraerea ucraina grazie a un rivestimento impermeabile e a una quota di volo più elevata. Inoltre, sono dotati di terminali Starlink, che consentono il controllo in tempo reale da remoto, aumentando la precisione degli attacchi.

A ciò si aggiunge un nuovo allarme: secondo il GUR, l’intelligence militare di Kiev, Mosca starebbe preparando un test di un missile balistico intercontinentale RS-24, con un raggio di 11.000 chilometri e la capacità, se armato, di provocare una devastazione pari a un milione di tonnellate di tritolo. Il lancio potrebbe partire nella notte dall’oblast di Sverdlovsk, ma non è ancora noto il bersaglio.

La strategia russa: intimidire, non negoziare

A poche ore da una telefonata tra Putin e Donald Trump, l’azione militare russa assume un chiaro significato politico: intimidire l’Ucraina e l’Occidente nel bel mezzo di trattative ancora fragili. Lo dimostra non solo l’intensificazione degli attacchi, ma anche l’irrigidimento sulle pretese territoriali, segno che Mosca non intende cedere nulla sul piano geopolitico.

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