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Politica

Vaccini, è guerra legale a Pfizer e sono tanti i dubbi sulla quantità di AstraZeneca

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Una guerra legale dell’Italia al colosso Pfizer per gli ammanchi di dosi, con l’Avvocatura dello Stato pronta a scendere in campo dalle prossime ore. Ma anche possibili modifiche al Piano vaccini e misure forse meno restrittive sull’Rt, ma condizionate all’immunizzazione degli over 70. E sullo sfondo i dubbi sulle quantita’ annunciate nelle settimane scorse da AstraZeneca. La corsa contro il tempo per l’autorizzazione del vaccino di Oxford e’ partita: l’ok dell’Agenzia europea per i medicinali potrebbe arrivare anche prima del 29 gennaio ma le consegne iniziali del vaccino all’Ue saranno inferiori agli obiettivi prestabiliti a causa di un problema tecnico della produzione. Nonostante il calo di consegne di fiale Pfizer continui anche la prossima settimana (-20%), il Piano vaccini prosegue con i preparativi per la campagna vaccinale di massa, che pero’ e’ sempre piu’ lontana. Il Commissario per l’Emergenza ha pubblicato il bando che prevede la realizzazione delle prime 21 primule – i gazebo progettati dall’architetto Boeri – che sono previsti in ogni capoluogo d’Italia: avranno una superficie complessiva di circa 315 metri quadri, una pianta circolare con una ventina di metri di diametro, una sala d’attesa, punti di somministrazione e anamnesi e una sala di attesa post vaccino, con una permanenza prevista di quindici minuti, per il controllo su eventuali reazioni. Ma nella lista dei complessivi 1.500 centri vaccinali indicati dalla Regioni ci sarebbero anche palazzetti e fiere. Non solo strutture. Se l’approvazione di AstraZeneca sara’ condizionata all’esclusiva somministrazione per gli under 55, il Piano potrebbe subire uno stravolgimento e le categorie piu’ ‘giovani’ potrebbero avere la precedenza per le inoculazioni. In alcune Regioni, per la mancanza di dosi Pfizer, e’ gia’ slittata di una settimana la campagna over 80. Nel Lazio le prenotazioni, in un primo momento previste dal 25 gennaio, saranno attivate dal 1 febbraio mentre le somministrazioni ci saranno dall’ 8 febbraio. In Liguria, secondo il governatore Toti, entro il 31 marzo Pfizer dovrebbe consegnare un numero di fiale sufficiente a immunizzare tutti i circa 180 mila over 80. Dopo questa fascia anagrafica, la Regione conta di “cominciare a vaccinare i piu’ giovani, che sono un veicolo di contagio, con l’obiettivo di arrivare ai ponti primavera con una relativa riapertura del Paese”. Il presidente campano, Vincenzo De Luca, minaccia “l’invalidazione del piano di distribuzione” se non ci sara’ “il riequilibrio” nella ripartizione delle consegne ai territori. E Confcommercio Salute avverte: “la richiesta del datore di lavoro al lavoratore di vaccinarsi e’ legittima anche se la vaccinazione non e’ un obbligo di legge”. Tutto al momento e’ legato ai numeri – finora disattesi – della societa’ farmaceutica statunitense. Una volta che Pfizer avra’ riassorbito il ritardo accumulato nella distribuzione delle dosi del suo vaccino, “ci sara’ una novita’” nella gestione della pandemia”, spiega il ministro della Salute Roberto Speranza in una conversazione conversazione con ‘Il Foglio’. Sara’ possibile cioe’ calcolare l’Rt, l’indice di trasmissione del contagio in base al quale vengono stabilite le fasce per le Regione e quindi le misure piu’ o meno restrittive, “in modo piu’ flessibile”. Intanto e’ pronta a scendere in campo l’Avvocatura dello Stato. Sulla richiesta danni a Pfizer per i ritardi nelle consegne in queste ore, il Commissario Arcuri avra’ “una riunione molto puntuale con l’Avvocatura per concludere molto presto l’istruttoria”. La riduzione del 20% la prossima settimana “non e’ una stima, e’ una triste certezza – sottolinea Arcuri -. Non mi servono le rassicurazioni, mi servono i vaccini”. Attualmente l’azienda sta lavorando per portare la produzione da 1,3 miliardi a 2 miliardi di dosi per il 2021, quindi 700 milioni in piu’ di quelle previste inizialmente, a seguito della richiesta della Comunita’ Europea. L’Ungheria si e’ mobilitata autonomamente e ha firmato un accordo per acquistare due milioni di dosi del vaccino russo, sebbene non sia stato ancora esaminato dalle autorita’ sanitarie europee. Al momento tra il gruppo che sviluppa Sputnik V e l’Agenzia europea dei medicinali per l’avvio dell’analisi scientifica dei dati ci sono stati infatti soltanto contatti preliminari, cosi’ come quelli con l’azienda cinese Sinovac Biotech. Sul tema della produzione delle fiale e’ intervenuta anche la Pontificia Accademia per la Vita, che ribadisce “l’urgenza di individuare opportuni sistemi per la trasparenza e la collaborazione”.

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Spiragli per la Consulta, spunta la giurista Sandulli

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I contatti, sotto traccia, non si sono mai del tutto interrotti. E si sarebbero intensificati nelle ultime ore, alla vigilia della nuova convocazione del Parlamento in seduta comune, nonostante sulla scena maggioranza e opposizioni siano più lontani che mai, dopo le bordate sul caso Almasri, la mozione di sfiducia – che non si voterà a breve – su Daniela Santanché e ora pure su Carlo Nordio. Per evitare che anche giovedì ci sia l’ennesima fumata nera sui giudici della Corte Costituzionale mancherebbe ancora, però, il via libera di Giorgia Meloni. La premier si potrebbe confrontare con gli alleati nelle prossime ore, anche per vagliare il nuovo nome messo sul tavolo dal centrosinistra: la figura tecnica prevista dallo schema di massima già concordato da mesi potrebbe essere la giurista Maria Alessandra Sandulli.

Figlia di Aldo Maria Sandulli, considerato uno dei padri del diritto, la professoressa ordinaria di diritto amministrativo all’Università di Roma Tre fa già parte di una corte costituzionale, ossia il Collegio garante della costituzionalità delle norme della Repubblica di San Marino. Se l’intesa fra i partiti andasse in porto – e i più ottimisti dicono appunto che manchi solo la ratifica finale – approderebbe alla Consulta. Un salto che già le era stato proposto nel 2014, quando il Parlamento doveva eleggere due giudici costituzionali e si profilava un tandem rosa con Silvana Sciarra. Poi lei stessa, pur “onorata”, fece un passo indietro ritirando la disponibilità alla luce dei malumori in Forza Italia di chi rivangò la firma apposta dalla giurista su un appello contro la riforma della giustizia del 2005 del governo Berlusconi.

Certo il menù di un vertice tra i leader del centrodestra difficilmente potrebbe evitare di affrontare anche le altre questioni aperte, comprese le ultime incursioni di Matteo Salvini sul fronte del fisco, con la richiesta martellante di una “definitiva” rottamazione delle cartelle, sia in politica estera. Ma chiudere sulla Corte costituzionale potrebbe essere un segnale di distensione dopo settimane piuttosto burrascose anche nei rapporti tra governo e magistratura. In Transatlantico si rincorrono le voci anche di una nuova sconvocazione, che però non trovano conferme. Anzi.

“Qualcosa si muove”, dicono i capannelli dei bene informati, anche se nessuno è pronto davvero a scommettere che il 13 febbraio sarà la volta buona. Si parla anche di nuovi contatti diretti tra la premier e la segretaria Dem Elly Schlein che non trovano però conferme ufficiali. Ancora coperto resterebbe in questo puzzle il nome di Forza Italia, che potrebbe puntare sull’avvocato Gennaro Terracciano – professore ordinario di diritto amministrativo, prorettore dell’Università Roma Foro Italico, nel 2022 nominato dalla Federcalcio commissario ad acta per adeguare lo statuto della Lega di serie A -. Ma erano circolate anche le ipotesi di Andrea Di Porto o Bruno Cassinelli, in una partita che, nella maggioranza, qualcuno lega a quella della Rai, ancora in totale stallo. Per la presidenza gli azzurri hanno puntato tutto, fino ad ora, su Simona Agnes, che continua a trovare il muro delle opposizioni non tanto sul nome quanto sul “metodo”.

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Politica

‘Chiarimenti e dialogo’, Nordio smorza i toni con la Cpi

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Dopo la tempesta scoppiata sul caso Almasri, il Governo cerca di trovare un terreno di confronto con la Corte penale internazionale: una interlocuzione che ha come obiettivo primario quello di calmare i toni, dopo giorni di violenti attacchi, e in secondo luogo quello di individuare procedure che possano scongiurare il ripetersi di quanto avvenuto per il generale libico. Il tribunale incassa intanto il sostegno dell’Unione Europea, dopo le parole di Donald Trump. “Il sistema di cooperazione multilaterale è cruciale per avere giustizia e la difesa dello stato di diritto. E oggi questo sistema – sottolinea il Commissario Ue alla Giustizia, l’irlandese Michael McGrath – viene messo in discussione” dal presidente degli Stati Uniti. Una “sfida alla Cpi che avrà un impatto sulla stabilità a livello mondiale”.

Per questo, assicura, l’Ue difenderà “a spada tratta la Cpi, che promuove da sempre pace e libertà”. Da via Arenula è partita una richiesta informale al tribunale dell’Aja per avviare delle consultazioni, un confronto sulle criticità che hanno costellato il caso del generale libico accusato di crimini contro l’umanità. L’obiettivo è di avviare una sorta di ‘agreement’ per una migliore collaborazione futura.

All’attenzione dei giudici c’è un documento in cui si chiedono alcuni chiarimenti e si individuano ipotesi per facilitare la comunicazione in futuro con il tribunale olandese. Sul tappeto ci sarebbero anche alcune proposte, tra le quali quella di rivedere le procedure di invio al ministero dei mandati di cattura internazionali. Si valuta una sorta di comunicazione diretta in modo da eliminare il passaggio con l’ufficiale di collegamento dell’ambasciata italiana in Olanda. Dal canto suo la Cpi fa filtrare che al momento non sarebbe arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell’Italia per quanto avvenuto tra il 19 e il 21 gennaio con il rilascio e l’espulsione di Almasri rimpatriato a bordo di un Falcon. Ma se sul fronte internazionale si cerca una linea di dialogo con i giudici dell’Aja, su quello interno il clima sulla giustizia resta rovente, con le opposizioni sul piede di guerra contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, oggetto di una mozione di sfiducia che verrà presentata da tutti i gruppi in Parlamento. E c’è poi il fronte più strettamente giudiziario.

Quello aperto dalla Procura di Roma che ha iscritto la premier Meloni e i ministri della Giustizia e dell’Interno nel registro degli indagati dopo un denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, in cui si ipotizzano i reati di favoreggiamento e peculato. L’iniziativa del procuratore Lo Voi ha scatenato una violenta reazione di Palazzo Chigi nei suoi confronti. Un attacco su cui è tornata l’Anm, esprimendo “vicinanza e solidarietà” al procuratore della Capitale oggetto, per il sindacato delle toghe, di una “ingiustificata e gratuita aggressione mediatica solo per aver rispettato il disposto della legge costituzionale in materia di reati ministeriali”. I magistrati “stigmatizzano, inoltre, l’iniziativa dei consiglieri laici” di centrodestra del Csm, a seguito della denuncia presentata dal Dis a carico di Lo Voi per chiedere l’apertura di un procedimento per incompatibilità ambientale dopo il caso legato alla gestione di atti riservati nel fascicolo nato da una denuncia del capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. La giunta esecutiva dell’Anm afferma che la richiesta di pratica “desta serie perplessità, per la sua natura puramente strumentale, volta a delegittimare la Procura di Roma e l’intera magistratura “.

A Perugia, intanto, muove i primi passi il procedimento avviato sull’esposto del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Gli inquirenti, che procedono al momento contro ignoti, acquisiranno una serie di atti per valutare i vari passaggi della vicenda. Il dipartimento che coordina i servizi segreti contesta la violazione del comma 8 dell’articolo 42 della legge speciale istitutiva dei servizi segreti. Accuse che però Lo Voi respinge e attende una convocazione al Copasir, la “sede opportuna” al netto delle decisioni che prenderà Perugia, per offrire i suoi chiarimenti.

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Economia

Milleproroghe, resta rottamazione ma via il concordato

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Trovata la quadra per il decreto Milleproroghe. L’emendamento dei relatori che prevede la riammissione dei decaduti dalla rottamazione-quater e il differimento dei tempi per l’adesione al concordato preventivo biennale, ragione di stallo per tutta la giornata, sarà ritirato. Prenderà il suo posto una riformulazione in cui non è prevista la parte sul concordato, e in cui viene precisato che la rottamazione riguarderà soltanto chi ha già fatto richiesta.

Si chiude così una faticosa opera diplomatica, anche perché le posizioni sono distanti anche nella maggioranza. Il minitro degli Esteri, Antonio Tajani ha infatti ricordato che, pur essendo favorevole alla rottamazione, la “priorità” è “l’abbassamento dell’Irpef dal 35 al 33% e l’allargamento della soglia fino a 60mila euro”. Nel frattempo, comunque, si continua a parlare di rottamazione-quinques. Salvini, alla vigilia del consiglio federale della Lega dedicato alla pace fiscale, ha ribadito che il partito è “pronto a formalizzare una proposta dettagliata, che condivideremo con gli alleati come da programma elettorale”.

Il che si va ad aggiungere al malumore delle opposizioni, le quali a maggior ragione hanno mantenuto una linea dura sul Milleproroghe in commissione. Tra i temi delle proposte del Pd c’erano “liste d’attesa, carenza personale medico, abbandono scolastico, povertà educativa, disabilità” ha spiegato Andrea Giorgis (Pd), tutte misure bocciate: “l’unica proposta che la maggioranza ha avanzato dopo settimane di incertezza è una che continua a strizzare l’occhio a chi non adempie a doveri di contribuzione fiscale”. Il magazzino delle contestazioni non riscosse, secondo un calcolo del Sole 24 Ore, a fine 2024 ammonta a 1.275 miliardi di euro, un valore che statisticamente è pari a 21.611 euro per ogni italiano, neonati compresi. In testa alla classifica nazionale Lazio, Campania e Lombardia.

A palazzo Madama i lavori sul Milleproroghe sono cominciati poco prima di pranzo, alle 12. Ma la discussione è partita subito in salita. Intanto perché doveva ancora arrivare il ministro Ciriani. Poi, alla seconda convocazione alle 12.40, perché le opposizioni hanno fatto muro. Pd e Avs hanno ribadito il punto di vista della sera prima: o l’emendamento viene rimosso, oppure si vota tutto. Le proposte di modifica da vagliare sarebbero oltre un migliaio.

Allora ci si è dati appuntamento alle 14, ma nel frattempo c’è stata una riunione informale tra ministro, maggioranza e minoranza nell’ufficio del presidente della prima commissione, Balboni. Difficile la mediazione, e come risultato un nulla di fatto e un’ulteriore proroga stavolta a dopo i lavori d’Aula. La promessa: intanto di lavorare “agli ultimi pareri”, come ha detto Balboni. Poi, il governo si è impegnato a fornire “i dati degli effetti che possono avere” rottamazione e concordato, come hanno dichiarato Giorgis (Pd) e Magni (Avs).

Informazioni arrivate dalla bocca del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Vincenzo Carbone (le opposizioni avevano richiesto il contributo del viceministro all’Economia e alle Finanze, Maurizio Leo). Dopo quasi tre ore di trattative vis à vis, intesa raggiunta: appuntamento alle 8.30 del giorno dopo per cominciare a votare, con l’obiettivo di “chiudere il provvedimento entro domani”, come ha dichiarato il presidente di commissione Balboni. Intanto, sul decreto incombe la scadenza del 25 febbraio: per allora dovrà essere approvato da entrambe le Camere (al Senato è ancora in prima lettura).

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