Trovata la quadra per il decreto Milleproroghe. L’emendamento dei relatori che prevede la riammissione dei decaduti dalla rottamazione-quater e il differimento dei tempi per l’adesione al concordato preventivo biennale, ragione di stallo per tutta la giornata, sarà ritirato. Prenderà il suo posto una riformulazione in cui non è prevista la parte sul concordato, e in cui viene precisato che la rottamazione riguarderà soltanto chi ha già fatto richiesta.
Si chiude così una faticosa opera diplomatica, anche perché le posizioni sono distanti anche nella maggioranza. Il minitro degli Esteri, Antonio Tajani ha infatti ricordato che, pur essendo favorevole alla rottamazione, la “priorità” è “l’abbassamento dell’Irpef dal 35 al 33% e l’allargamento della soglia fino a 60mila euro”. Nel frattempo, comunque, si continua a parlare di rottamazione-quinques. Salvini, alla vigilia del consiglio federale della Lega dedicato alla pace fiscale, ha ribadito che il partito è “pronto a formalizzare una proposta dettagliata, che condivideremo con gli alleati come da programma elettorale”.
Il che si va ad aggiungere al malumore delle opposizioni, le quali a maggior ragione hanno mantenuto una linea dura sul Milleproroghe in commissione. Tra i temi delle proposte del Pd c’erano “liste d’attesa, carenza personale medico, abbandono scolastico, povertà educativa, disabilità” ha spiegato Andrea Giorgis (Pd), tutte misure bocciate: “l’unica proposta che la maggioranza ha avanzato dopo settimane di incertezza è una che continua a strizzare l’occhio a chi non adempie a doveri di contribuzione fiscale”. Il magazzino delle contestazioni non riscosse, secondo un calcolo del Sole 24 Ore, a fine 2024 ammonta a 1.275 miliardi di euro, un valore che statisticamente è pari a 21.611 euro per ogni italiano, neonati compresi. In testa alla classifica nazionale Lazio, Campania e Lombardia.
A palazzo Madama i lavori sul Milleproroghe sono cominciati poco prima di pranzo, alle 12. Ma la discussione è partita subito in salita. Intanto perché doveva ancora arrivare il ministro Ciriani. Poi, alla seconda convocazione alle 12.40, perché le opposizioni hanno fatto muro. Pd e Avs hanno ribadito il punto di vista della sera prima: o l’emendamento viene rimosso, oppure si vota tutto. Le proposte di modifica da vagliare sarebbero oltre un migliaio.
Allora ci si è dati appuntamento alle 14, ma nel frattempo c’è stata una riunione informale tra ministro, maggioranza e minoranza nell’ufficio del presidente della prima commissione, Balboni. Difficile la mediazione, e come risultato un nulla di fatto e un’ulteriore proroga stavolta a dopo i lavori d’Aula. La promessa: intanto di lavorare “agli ultimi pareri”, come ha detto Balboni. Poi, il governo si è impegnato a fornire “i dati degli effetti che possono avere” rottamazione e concordato, come hanno dichiarato Giorgis (Pd) e Magni (Avs).
Informazioni arrivate dalla bocca del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Vincenzo Carbone (le opposizioni avevano richiesto il contributo del viceministro all’Economia e alle Finanze, Maurizio Leo). Dopo quasi tre ore di trattative vis à vis, intesa raggiunta: appuntamento alle 8.30 del giorno dopo per cominciare a votare, con l’obiettivo di “chiudere il provvedimento entro domani”, come ha dichiarato il presidente di commissione Balboni. Intanto, sul decreto incombe la scadenza del 25 febbraio: per allora dovrà essere approvato da entrambe le Camere (al Senato è ancora in prima lettura).