Dopo le espressioni di ammirazione per il grande successo che ha portato nel giro di pochi mesi alla messa a punto di diversi vaccini “efficaci e sicuri” contro Covid-19. Dopo le retoriche che puzzavano di retorica fin da subito sul fatto che il vaccino (quale che fosse) dovesse essere “per tutti”: e quindi un “bene comune”, un “dono per l’umanità”. Ecco, la piega che stanno prendendo le vaccinazioni impone la più grande vigilanza non solo delle Organizzazioni Internazionali e dei grandi protagonisti della politica mondiale (tra i quali vogliamo continuare a porre l’Unione Europea), ma della stessa opinione pubblica. Cioè di tutti noi, impegnati fin troppo spesso nella contemplazione del nostro ombelico, ripiegati sulle vicende dei nostri piccoli cortili e sugli strilli dell’ultimo Ministro che ha “esternato” ieri ma di cui già oggi facciamo fatica a ricordare il nome.
Questa vigilanza va reclamata per molte ragioni, che provo a sintetizzare in quattro punti fondamentali.
Il primo, senza girarci troppo attorno, è etico. Detto nel modo più fermo: le disparità di fronte alla morte sono intollerabili sotto il profilo della costruzione di un punto di vista “umano” di fronte all’umanità dell’uomo. Rimandare il fondamento etico nei confronti della vita a qualcosa che è fuori dall’uomo -si chiami anche Dio questo qualcosa- o a faccende che abbiano a che fare con la più o meno fortemente aleatoria inclinazione degli esseri umani verso la “bontà d’animo”, significa puramente e semplicemente abdicare ad una responsabilità di speciazione: l’umano si fa con l’umano, attraverso l’umano, grazie all’umano. Punto. E qualche volta, con l’aiuto di Dio: che non a caso, talvolta –e per esempio nella nostra tradizione religiosa- si è fatto uomo….
Da queste alte, ma essenziali vette etiche, passiamo al secondo punto. Che è logico e, insieme, pratico. “Non ci si salva da soli” non è unicamente un imperativo etico: se il significato del termine “pandemia” ha un valore, occorre immaginare una immunizzazione g.l.o.b.a.l.e. della popolazione, senza squilibri spaziali o temporali troppo accentuati. Altrimenti lo sforzo vaccinale di un Paese rischia di essere vanificato dall’inerzia vaccinale del Paese vicino. O anche di quello lontano, in un contesto in cui ci si muove velocemente e intensamente.
Il terzo punto chiama in causa il funzionamento della macchina del capitale. Dobbiamo ripeterlo e ripeterlo, traendo le conseguenze di quel che diciamo e cercando di restare coerenti con tutto ciò. Il capitalismo è uno straordinario dispositivo di produzione di “risorse”, di qualunque tipo: materiali e simboliche, intellettuali, finanziarie e quel che volete, qualunque sia il “nome” che gli date. Il fatto è che, poi, c’è una irrefrenabile tentazione all’appropriazione di queste risorse così mirabilmente prodotte, da parte di soggetti che poco si curano della presenza degli altri e pur di mettere le mani su quelle risorse, non esitano a porre in discussione i diritti degli altri. Voglio dire chiaramente che la questione delle case farmaceutiche dei vaccini sinora approvati dalle autorità regolatorie -almeno di quelle più affidabili come la FDA americana l’EMA europea- e quindi Pfizer-Biontech, Moderna e AstraZeneca entrati per questa via in un circuito di commercio mondiale, è inaccettabile. Aziende che pretendono di operare sotto lo scudo normativo internazionale della WTO –al fine di difendere legalmente i propri interessi- e poi non rispettano i contratti di fornitura e puntano a lucrare sovraprofitti su mercati paralleli.
Abbiamo letto tutti la dichiarazione del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, sulle dosi che gli sarebbero state offerte da non meglio precisati “intermediari” sul libero mercato: 27 milioni, a un prezzo forse anche 5 volte superiore a quello negoziato da Ursula von der Leyen in nome e per conto dell’UE. Zaia è persona seria. Lo si prenda sul serio! L’Unione Europea, prim’ancora dell’Italia, ringrazi per questa coraggiosa denuncia pubblica, indaghi a fondo su chi offre cosa e sulle condizioni in cui maturano queste offerte e sugli esiti degli acquisti eventuali….E poi ponga fine a questo scandalo che mette in scena la peggior rapacità capitalistica, che non ha niente a che fare con “l’etica protestante” di Max Weber, ma piuttosto ha qualcosa a che fare coi tempi in cui si potevano far soldi sulla pelle delle persone. Ai tempi dello schiavismo atlantico, ricordate? Il mercantilismo considerava nei termini del codice colbertiano di commercio, gli schiavi come “beni mobili”. Come dite? Che c’entra? Bé, pensateci un attimo: ogni giorno muoiono per Covid-19 migliaia di persone in Europa. Ogni giorno ritardato nella consegna delle dosi negoziate, fa di quelle morti non un castigo di Dio, ma tanti, enormi macigni scagliati nella coscienza di qualcuno.
Infine, c’è una dimensione geopolitica che si va costruendo su questi farmaci. Non è solo questione di “nazionalismo vaccinale”. E’ vero che gli USA non hanno problemi e stanno tenendo fede alla promessa del Presidente neo-eletto J. Biden: un milione di vaccini al giorno nei primi cento giorni. E ciò, perché Pfizer e Moderna sono americane. E’ vero che il Regno Unito -dico la più disastrosa gestione epidemica del mondo secondo qualcuno- sta vaccinando a tutto spiano, seppure in modi medicalmente dubbi: perché AstraZeneca-Oxford è britannica. Ma accanto a ciò, c’è anche un “imperialismo vaccinale” in forza del quale il farmaco si profila come la nuova, potente arma politica dei prossimi anni a livello internazionale. La Russia, la Cina, l’India, a fronte delle inavvicinabili industrie occidentali, troppo esose per la più gran parte degli Stati e dei popoli del mondo, si preparano a giocare con i loro vaccini partite durissime nei Paesi del Sud: in Africa, in Asia, in America Latina. Sono già lì con i loro farmaci. Sono presenti. Attivi e in piena espansione.
Il mio augurio e che continuiamo a prestare attenzione a tutto questo. Juorno, per parte sua, non perderà di vista un tale groviglio di temi e di interessi, che profila già i percorsi problematici e forse drammatici del prossimo decennio.
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.
Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.
La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.
Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.
Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.
“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.
Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.
La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.
L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.
Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.
L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).
Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.
“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.