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Guerra Ucraina

Usa, ‘negoziato senza l’Ue’. Macron lavora a un summit

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L’Europa sarà consultata, ma non siederà al tavolo dei colloqui di pace sull’Ucraina: le parole dell’inviato Usa per l’Ucraina Keith Kellogg sono il vento che gela le sale dell’Hotel Bayerischer Hof di Monaco di Baviera, al termine di una seconda giornata della Conferenza sulla sicurezza in cui Volodymyr Zelensky ha provato a dare una sveglia agli alleati europei chiedendo di varare finalmente “le forze armate dell’Ue”, escludendo un accordo “alle spalle” di Kiev e dell’Europa e aprendo a concessioni quasi clamorose a Mosca per avviare una trattativa: tornare almeno ai confini pre-invasione.

Da Parigi, ci prova il presidente francese Emmanuel Macron a compattare il Vecchio Continente, convocando una riunione per “mostrare unità e forza”, secondo il ministro polacco Sikorski che ha annunciato il vertice. Ma al momento resta solo un’ipotesi, precisano fonti dell’Eliseo. E intanto, la Russia ha riferito che Lavrov ha parlato al telefono con il segretario Usa Marco Rubio. A dimostrazione di una corsa americana all’accordo che rischia di mandare fuori strada europei e ucraini. In apertura della seconda giornata di lavori, Zelensky ha ribadito il suo mantra secondo cui l’Ucraina senza Usa ha poche possibilità di sopravvivere. Ma anche l’Europa deve fare la sua parte, perché “siamo onesti: ora non possiamo escludere la possibilità che l’America possa dire di no all’Europa su questioni che la minacciano”.

Quindi, “credo davvero che sia giunto il momento: bisogna creare le Forze armate d’Europa”, ha dichiarato il presidente ucraino. “L’Europa ha bisogno di una sola voce, non di una dozzina di voci diverse. Anche coloro che vanno regolarmente a Mar-a-Lago devono far parte di un’Europa forte, perché al presidente Trump non piacciono gli amici deboli. Poi, alcuni in Europa potrebbero essere frustrati da Bruxelles, ma diciamolo chiaramente: se non è Bruxelles, allora è Mosca”, è il monito del leader ucraino che continua a esprimere fiducia sulle iniziative americane ma prova a mettere in guardia Trump dal gioco di Putin: “Cercherà di far salire il presidente Usa sulla Piazza Rossa il 9 maggio di quest’anno, non come leader rispettato, ma come parte della sua performance. Non ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di un vero successo, di una vera pace”. Zelensky ha quindi esortato gli alleati europei “ad agire, per il vostro bene. L’America non offrirà garanzie di sicurezza a meno che le garanzie dell’Europa non siano solide”, ha insistito, mettendo sul tavolo un tema chiave: per l’amministrazione americana, l’Europa deve infatti fare di più, a partire dagli investimenti nella difesa. Una posizione sintetizzata chiaramente anche dal segretario della Nato Mark Rutte: “Se gli europei vogliono dire la loro, rendetevi rilevanti”.

Ma quello delle garanzie di sicurezza è un’arma a doppio taglio, utilizzata da Zelensky nella difficile trattativa con gli Stati Uniti per l’accordo sulle terre rare, sfumato all’ultimo minuto per decisione del presidente ucraino: “Non ho lasciato che i ministri firmassero, perché non è pronto secondo me. Non è ancora pronto a proteggere i nostri interessi”, ha affermato sottolineando che l’intesa miliardaria “deve essere collegata con le garanzie di sicurezza”. Perché nonostante la tanto decantata fiducia, Kiev teme che il futuro del suo Paese possa essere deciso in un ballo a due russo-americano. Ma “l’Ucraina non accetterà mai accordi fatti alle nostre spalle senza il nostro coinvolgimento”, ha ribadito Zelensky che per raggiungere l’obiettivo di avviare una trattativa, si è detto perfino disponibile a tornare ai confini precedenti all’invasione del 2022, una posizione impensabile solo alcune settimane fa.

“Nessuna decisione sull’Ucraina senza l’Ucraina. Nessuna decisione sull’Europa senza l’Europa”, è in ultima analisi il messaggio del leader ucraino. Ma le dichiarazioni di Keith Kellogg non fanno ben sperare sul ruolo europeo nella trattativa: “Ai miei amici europei, dico: entrate nel dibattito, non lamentandovi del fatto che potreste o non potreste essere al tavolo”, ha detto l’inviato Usa, spegnendo in serata un cauto ottimismo espresso dai ministri europei che dopo gli incontri con l’americano avevano più o meno tutti evidenziato un’apertura e una differenza di atteggiamento rispetto all’attacco frontale lanciato venerdì da JD Vance. Una valutazione espressa anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che continua a invitare alla calma e a non agitarsi per le dichiarazioni americane: da Kellogg, “mi pare che ci sia un riconoscimento del ruolo dell’Europa, anche perché poi al tavolo della trattativa siamo i Paesi che hanno imposto le sanzioni. Quindi ovviamente dovremmo essere parte del confronto”, ha detto il vicepremier al termine della bilaterale con l’americano. Nel frattempo, si guarda a Parigi come possibile occasione per trovare una strategia comune che assicuri all’Europa voce in capitolo sulla fine della guerra.

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Guerra Ucraina

Kallas, condizioni di Mosca mostrano che non vuole la pace

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“C’è un ampio sostegno politico” all’iniziativa per sostenere l’Ucraina militarmente nel 2025 con maggiori aiuti militari, sino a 40 miliardi, “ma ci sono molti dettagli che devono ancora essere studiati e devono essere coinvolti i ministri della difesa”. Lo ha detto l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas arrivando al Consiglio Affari Esteri.

“Diamo il benvenuto alle discussioni di pace a Jeddah, ora la palla è nel campo della Russia. Ma le condizioni aggiunte per concordare la tregua mostrano che Mosca non vuole la pace e confermano gli obiettivi che si erano preposti con la guerra”. Lo ha detto l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas arrivando al Consiglio Affari Esteri.

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Esteri

Nyt, Usa via da organismo indagini crimi di guerra Russia

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L’amministrazione Trump ha deciso di ritirarsi dall’organismo internazionale istituito nel 2023 dall’Unione europea per indagare sui leader responsabili dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, tra cui il presidente russo Vladimir Putin: lo scrive il New York Times (Nyt), che cita persone a conoscenza della situazione. La decisione è l’ultima indicazione dell’allontanamento dell’amministrazione Trump dall’impegno del presidente Biden di ritenere Putin personalmente responsabile dei crimini commessi contro gli ucraini, commenta il giornale.

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Esteri

Ucraina: il dramma dei bambini deportati in Russia e la difficile operazione di recupero

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Oltre 20.000 bambini ucraini sarebbero stati deportati in Russia e sottoposti a programmi di rieducazione forzata, secondo le stime più basse. Un numero che, secondo le dichiarazioni ufficiali di Maria Lvova-Belova, Commissaria per l’infanzia nominata da Vladimir Putin, potrebbe addirittura arrivare a 720.000.

Quelli riportati indietro finora sono meno di 600. Un numero drammaticamente esiguo rispetto alla portata della tragedia. Lvova-Belova, anziché ammettere il crimine, rivendica con orgoglio di averli “salvati” dalla guerra, adottandone persino alcuni. È anche per questo motivo che la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti e in quello di Putin, riconoscendo la deportazione dei minori come crimine di guerra.

IL “LAVAGGIO DEL CERVELLO” E LA RIEDUCAZIONE FORZATA

Molti di questi bambini vengono trasferiti nei campi di rieducazione russi, dove vengono indottrinati con la propaganda di Mosca. Sono costretti a dimenticare la loro famiglia e la loro identità ucraina, imparando a considerare la Russia come “madrepatria” e gli ucraini come nemici. In alcuni casi, vengono addirittura trasformati in “mini-soldati”, addestrati con lo scopo di combattere contro il loro stesso popolo.

Non è raro trovare immagini di bambini ucraini che sventolano bandiere russe negli stadi di Mosca, indottrinati a credere di essere diventati parte di un nuovo mondo. Alcuni, quando vengono contattati dalle loro famiglie, rifiutano persino di tornare in Ucraina, segno della profonda manipolazione psicologica subita.

IL PROGRAMMA DI “DE-OCCUPAZIONE COGNITIVA”

Per coloro che sono riusciti a tornare, in Ucraina è stato attivato un programma di “de-occupazione cognitiva”, ideato da Oksana Lebedova, fondatrice dell’organizzazione Gen Ukrainian. L’obiettivo è aiutare i bambini a disintossicarsi mentalmente dalla propaganda a cui sono stati sottoposti.

Al Sunday Times, che ha dedicato diversi reportage alla vicenda, Lebedova ha raccontato che questi bambini “hanno negli occhi qualcosa di diverso, come fossero adulti con occhi molto vecchi”. Sono eccessivamente educati e disciplinati, al punto da avere paura anche solo di arrivare in ritardo di un minuto.

La diffidenza nei confronti degli adulti è altissima: hanno visto insegnanti e vicini di casa diventare collaborazionisti, il che li ha resi incapaci di fidarsi di chiunque.

LE DIFFICOLTÀ DEL RIMPATRIO

Recuperare i bambini rimasti in Russia è un’impresa quasi impossibile. Mykola Kuleba, capo dell’organizzazione Save Ukraine, ha spiegato che il governo ucraino sta cercando di farlo attraverso la mediazione del Qatar e degli Emirati Arabi, ma il processo è estremamente lento.

“Putin blocca i rientri perché capisce che ogni bambino rapito è un testimone dei crimini di guerra della Russia”, ha dichiarato Kuleba.

Molti di loro, prima di tornare in Ucraina, vengono trasferiti in Georgia o Bielorussia, dove vengono spostati da un campo all’altro, rendendo ancora più difficile il loro recupero.

IL DRAMMA DEGLI ORFANI NASCOSTI

Tra le storie più toccanti c’è quella di Vova Petukhov e del fratellino Sasha, di 16 e 13 anni. Due anni fa si trovavano in un istituto per minori svantaggiati a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. Dopo che molti bambini furono recuperati dalle famiglie, 15 orfani furono costretti a nascondersi nel seminterrato per tre mesi, senza luce né acqua, insieme alla direttrice e a parte dello staff.

Quando i soldati russi li scoprirono, diedero loro 30 minuti per raccogliere tutto, li trasferirono a Kherson occupata e girarono un video di propaganda, per mostrare al mondo che li stavano evacuando in sicurezza. In realtà, vennero portati in un centro di riabilitazione per minori a Stepanivka, poi in un sanatorio sul Mar Nero ad Anapa.

Un 15enne di Kherson ha raccontato che un soldato russo lo ha preso a calci, dicendogli:

“Fabbricherai i proiettili con cui uccideremo gli ucraini”.

IL LUNGO PERCORSO DI GUARIGIONE

Ora, alcuni di questi bambini stanno cercando di tornare alla normalità. In un campo speciale vicino a Lutsk, nel nord-ovest dell’Ucraina, cinquanta di loro tra i 7 e i 17 anni hanno trascorso undici giorni insieme, partecipando a sedute di psicoterapia individuale e di gruppo, facendo sport e guardando film come Harry Potter.

Ma le ferite della guerra e della deportazione sono profonde e difficili da guarire. Dietro le immagini di bambini in fila per lo zucchero filato, si nascondono traumi incancellabili, segnati dal terrore della separazione e dalla perdita della loro identità.

Nel frattempo, il mondo resta a guardare, mentre la Russia continua a trattenere migliaia di bambini rapiti, negando a intere famiglie la possibilità di riabbracciare i propri figli.

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