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Cronache

Una parete di fiori per Chiara, figlia di Napoli

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La sua morte in circostanze incredibili aveva scosso anche gli Ultras dello stadio Maradona. Avevano preparato un grande striscione dedicata a lei, ‘Chiara figlia di Napoli’ (Chiara Jaconis nella foto). Lei, turista veneta, di 30 anni, ‘adottata’ dopo la sua scomparsa da una città intera. Esattamente sei mesi fa fu colpita alla testa da una statuetta caduta da un balcone mentre passeggiava nei Quartieri Spagnoli. Per lei non ci fu nulla da fare.

Oggi, tra momenti di grande commozione, è stata ricordata con una cerimonia particolare. A volere la bouganville il Comune di Napoli quale “simbolo di bellezza e resilienza”. Erano presenti la mamma della ragazza Cristina, la sorella Roberta e la zia Paola, insieme agli assessori comunali al turismo Teresa Armato e alle pari opportunità Emanuela Ferrante, al presidente della Municipalità 2 Roberto Marino e agli assessori municipali al verde Salvatore Iodice e al turismo Lorenzo Iorio. “È bello quando si ricorda Chiara – ha dichiarato la mamma Cristina – che ha dato la vita per Napoli. Il palazzo dal quale è caduta la statuetta ha solo tre piani, non parliamo di un grattacielo.

La magistratura sta facendo un ottimo lavoro e io non mollo. Voglio che venga fuori la verità e combatterò finché non verrà fuori. È una promessa che ho fatto a mia figlia”. La sorella Roberta, tra le lacrime, ha promesso: “in vita ho sempre protetta Chiara, continuerò a farlo ora”. “Dal momento in cui è accaduto quel tragico e assurdo episodio, Napoli si è stretta intorno a Chiara e alla sua famiglia – ha detto Teresa Armato – Questo legame non ha mai smesso di essere solido e forte. La mamma e la sorella di Chiara ci hanno espresso affetto per come Napoli sta ricordando la loro cara. Non finirà qui. Organizzeremo altre iniziative”. “La tristezza sta nel fatto che una ragazza che è venuta qua a Napoli per p

assare momenti di gioia, come tanti turisti negli ultimi anni, si sia trovata in questa vicenda terribile – ha aggiunto Emanuela Ferrante – Napoli è sempre legata a momenti di gioia e spensieratezza.

Ed è per questo motivo che abbiamo sentito l’esigenza forte di dedicare un pezzo della nostra città a Chiara”. La cerimonia è stata accompagnata dalle allieve dell’Ensemble Barocco del liceo statale Margherita di Savoia, diretto da Vincenzo Varriale. A esibirsi, Anna Nastych (violino), Giada Napoletano (canto) e Miriam Scicchitano (canto), coordinate dalle professoresse Ida Caiazza e Paola Lista. Per Chiara è stato piantato anche un gelsomino al Parco Viviani nel frutteto curato dall’associazione N’Sea Yet.

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Cronache

Il mondo a San Pietro, 400mila per l’addio a Francesco

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I sediari arrivano a Santa Maria Maggiore e inclinano la bara di Francesco, quasi come un saluto, davanti alla Salus Populi Romani. Ogni volta, prima di partire per un viaggio, il Papa si affidava alla Madonna cara ai romani e così anche il viaggio di oggi in qualche modo finisce con questo affidamento. E’ l’ultima immagine di una giornata commovente che ha visto 400mila persone, 200mila a Piazza San Pietro e dintorni e 150mila lungo il percorso fino a Santa Maria Maggiore, dare l’ultimo saluto al Papa. Ci sono i grandi della terra e gli ultimi, ci sono gli anziani e gli scanzonati ragazzi del Giubileo. C’è suor Ana Rosa Sivori, la cugina arrivata dalla Thailandia, e gli amici di Buenos Aires; e ancora re e regine del mondo.

SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Attorno a quella semplice bara di legno, con una croce bianca e lo stemma episcopale, ci sono proprio “todos, todos, todos”, “tutti, tutti, tutti”, come ripeteva Francesco sognando fino all’ultimo giorno una Chiesa con le braccia sempre aperte. Tanta gente poi lo piange perché sa di avere perso una voce instancabile per la pace. Per questo i fedeli applaudono a lungo quando il cardinale Giovanni Battista Re lo ricorda nell’omelia: “Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace” perché la guerra, proprio come ripeteva Bergoglio, “è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ai funerali del Papa della pace il mondo assiste ad un faccia a faccia, in basilica, una specie di ultimo miracolo del Papa, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky; “un incontro produttivo”, fanno sapere i protagonisti.

JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Dopo l’argentino Javier Milei, il posto d’onore è per la delegazione italiana, guidata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, e dalla premier Giorgia Meloni. Ma, tra gli italiani, ci sono anche Mario Draghi, alcuni leader dell’opposizione, i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil a rendere l’ultimo omaggio al Papa argentino. Il funerale dura un paio d’ore: il rito era stato snellito dallo stesso Francesco in previsione dell’arrivo di questo giorno. Ma è stata in ogni caso una celebrazione solenne e commovente, con la processione della bara portata dai sediari, le litanie dei santi, il canto in greco delle Chiese orientali, letture e preghiere lette in tante lingue.

FUNERALE PAPA FRANCESCO

A rompere il ritmo millenario della liturgia sono solo gli applausi, lunghi e sentiti. Un modo semplice di salutare quel Papa che ha aperto i cuori anche di molti non credenti. Alla fine del funerale il feretro di Francesco viene portato in basilica e poi fuori dalla Porta della Preghiera, quella che ha utilizzato fino a domenica per entrare e uscire dalla basilica, la più vicina a Casa Santa Marta dove ha abitato per dodici anni. La bara è sistemata sulla papamobile perché Francesco oggi si è congedato definitivamente dal Vaticano per essere sepolto fuori, come non accadeva da oltre un secolo (l’ultimo era stato Leone XIII) e comunque poche volte nella storia. Il suo feretro è stato trasportato proprio con una di quelle auto dalla quale ha salutato le folle, bevuto mate, baciato bambini, a Roma ma anche in tante città del mondo visitate nei suoi 47 viaggi apostolici.

Ad attenderlo sulla porta di Santa Maria Maggiore c’è un gruppo di suoi amici, una quarantina di persone, tra senzacasa, migranti, disoccupati, che lo aveva incontrato più volte, aveva ricevuto un aiuto materiale ed una parola di speranza. Ora hanno tutti una rosa bianca in mano per l’ultimo saluto. Da domani Santa Maria Maggiore aprirà a tutti i fedeli per coloro che vorranno dire una preghiera sulla tomba di Francesco. Da lunedì invece riprendono le riunioni pre-conclave per disegnare il futuro della Chiesa e cominciare ad individuare il suo possibile successore.

(tutte le foto sono di Imagoeconomica)

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Cronache

Meloni, l’incontro Trump-Zelensky è un evento enorme

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Piccoli, e anche “grandi”, passi diplomatici. Verso quella “pace giusta” che continua a invocare per l’Ucraina. E pure per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico divise dai dazi. Nella foto del giorno Giorgia Meloni non c’è. Ma quello che conta, come sottolinea lei stessa, è quel fatto “enorme” che si è svolto al riparo dei marmi della basilica di San Pietro. Quel faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno “parlato di pace al funerale del Papa della pace”.

Un fatto davvero “storico”, per la premier che con il leader di Kiev si vede poi per quasi un’ora, a Palazzo Chigi. Non una visita di cortesia come quelle dell’amico Viktor Orban e di Keir Starmer, che nello scatto tra le navate con Trump, Zelensky ed Emmanuel Macron invece c’era. Un saluto, un incontro, non certo un “vertice”, dicono dall’esecutivo da cui filtra solo “soddisfazione” per l’esito di una giornata complicata, dal punto di vista logistico quanto da quello geopolitico.

Ma pure la città e la macchina organizzativa e della sicurezza, sottolinea la premier, sono state all’altezza di una giornata che “storica” lo sarebbe stata a prescindere, per l’addio a Francesco. La premier arriva in Vaticano in tailleur e occhialoni neri, con i capelli raccolti in uno chignon basso. E sta “come si deve stare a un funerale, composta”, osserva un ministro. Sul sagrato abbraccia Javier Milei, che poi vedrà per un pranzo informale nel centro di Roma. Ma ha occasione di salutare, tra gli altri, anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

E di scambiare qualche parola con Ursula von der Leyen. Con la presidente della Commissione c’è una consuetudine che è diventata praticamente “quotidiana” questa settimana. Von der Leyen, dopo avere ipotizzato un vero e proprio vertice, ha invece il suo primo contatto diretto con il presidente Usa a margine dei funerali e si accorda per un incontro, altro esito “molto positivo” secondo l’entourage della premier. Era l’obiettivo che Meloni aveva fortemente perseguito nel viaggio a Washington della scorsa settimana. Certo, possibile che a questo punto non sarà Roma la cornice di un prossimo vertice Ue-Usa (complesso da gestire diplomaticamente ammettono anche ai piani alti del governo), ma per la premier, assicura chi le ha parlato, l’importante era facilitare un dialogo che fino a ieri, di fatto, era assente.

Non si è parlato di commerci e tariffe, non sarebbe stato adatto nel contesto dell’addio solenne al Pontefice, continuano a sottolineare i suoi, non è un funerale l’occasione per vertici politici. Diverso, nei ragionamenti che si fanno ai piani alti del governo, è il dialogo Trump-Zelensky per la pace che la premier avrebbe “lavorato” per favorire. La premier potrebbe averne parlato con il presidente Usa, nel breve scambio al termine del funerale, quando hanno percorso insieme il colonnato di San Pietro per lasciare la Basilica.

Ora “ci si attende che anche la Russia dimostri concretamente la propria volontà di perseguire la pace”, insiste Meloni nella nota diffusa da Roma al termine della visita del presidente ucraino. Che la premier abbraccia nel cortile di Palazzo Chigi prima di chiudersi con lui per il bilaterale nello studio al primo piano. Meloni esprime le condoglianze “anche a nome del governo” per i recenti attacchi russi” che hanno colpito anche Kiev, rinnovando la sua “ferma condanna” e sottolineando “l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato” oltre alla necessità di un “impegno concreto” di Mosca per avviare “un processo di pace”.

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Cronache

È morto Franceschini, fu fondatore delle Br

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E’ morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Franceschini aveva 78 anni ed era stato condannato con sentenza definitiva, tra l’altro, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi e per l’omicidio di due sponenti del Msi avvenuta a Padova nel 1974.

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