Il 2025, l’anno che dovrebbe vedere il calo del carico fiscale sul ceto medio, arriva con una conferma: c’è una montagna di tasse non riscosse. Una montagna che supera i 1.200 miliardi. Questo anche se in parte si tratta di crediti inesigibili per l’erario. Ma il recupero del non pagato intanto procede bene, almeno per la parte che riguarda chi decide di rottamare le cartelle fiscali: negli 11 mesi del 2024 sono rientrati in cassa (senza more e multe) 4,6 miliardi. Resta l’obiettivo del governo ribadito sulle colonne del Corriere della Sera dal viceministro all’Economia Maurizio Leo: abbassare la pressione del fisco sul ceto medio allegerendo l’aliquota Irpef, quella del 35%. Plaudono FdI e FI. Ma il vero punto sono le risorse che, come sempre, sono risicatissime.
L’esecutivo aveva tentato con il concordato preventivo biennale per gli autonomi (che il prossimo 16 gennaio dovranno andare comunque in cassa a versare gli acconti). Ma la misura ha raccolto meno (rpt: meno) di quanto ipotizzato: 1,7 miliardi contro 2,5. C’è quindi da recuperare risorse e la Lega già da mesi punta sulla quinta edizione della rottamazione che continua intanto a dare buoni risultati. Se ne potrebbe parlare durante l’esame del Milleproroghe.
Ma il rischio è che la misura, se ripresentata dalla Lega via emendamento, possa essere espunta per estraneità alla materia del provvedimeto. Si tratterebbe infatti di una riapertura dei termini, non di una proroga. Ma il confine tra le due fattispecie è abbastanza labile. Ci sarebbe spazio per un tentativo. “Sul piano della riduzione della pressione fiscale, c’è ancora da fare, partendo dai redditi medi che necessitano di un’attenzione specifica. Lo faremo, come sempre, con scelte responsabili e sostenibili finanziariamente”, dichiara Leo.
Il viceministro spiega la filosofia della sua riforma: “al cuore c’è l’idea che il fisco debba abbandonare, ove possibile, il ruolo di ‘controllore sospettoso’ per diventare un ‘partner affidabile'”. E sul non riscosso: “è stata istituita una commissione tecnica, incaricata di analizzare il ‘magazzino della riscossione’, ossia l’insieme dei crediti fiscali non riscossi, con l’obiettivo di proporre soluzioni che evitino l’ulteriore accumulo e il relativo smaltimento di questi crediti che, al 31 dicembre 2024, ammontano a 1.275 miliardi di euro”. Intanto “nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, una cifra in netto aumento rispetto al 2023 (31 miliardi)”.
Intanto, secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nei primi 11 mesi dello scorso anno la rottamazione ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio da Leo che però, in quei giorni, era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi.
Proprio questo risultato aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa appunto tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama nel frattempo in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e si potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.
E’ il 1952: la Seconda Guerra Mondiale é da poco alle spalle e Angelo Ferruccio Rovagnati, a Biassono in Brianza, inizia a produrre burro e formaggi da vendere all’ingrosso. In sella alla sua bicicletta é il giovanissimo figlio Paolo a fare le consegne, a parlare con i clienti e ad avere l’intuizione: nel caseario la concorrenza in Lombardia é agguerrita, invece c’é un settore, quello dei salumi, dove la piccola azienda può arrivare a dire la sua.
Non con il prosciutto crudo, da sempre dominio degli emiliani, ma reinventando il prosciutto cotto, considerato fino a quel momento un prodotto di qualità inferiore. Paolo Rovagnati é convinto che, studiando e sperimentando nuovi metodi di produzione, sia possibile arrivare ad un prodotto di eccellenza. La sua intuizione ha portato, nei decenni a seguire, alla nascita di un’azienda leader in Italia e nel mondo nel settore dei salumi, un impero che fattura oltre 300 milioni di euro l’anno e dà lavoro a oltre 1.200 persone in più di 20 Paesi. È il 1968 quando Paolo, morto a soli 64 anni nel 2008, assume la guida dell’azienda e inizia la sua rivoluzione. L’impresa familiare cresce e diventa negli anni ’70 di livello nazionale.
Negli anni ’80 mette a punto “il prosciutto cotto perfetto” e gli dà un nome: Gran Biscotto, con un marchio a fuoco sulla cotenna come fino ad allora faceva solo il Consorzio di Parma. Poi l’idea di promuovere il prodotto in televisione, e le promozioni di Mike Bongiorno diventano un pezzo di storia televisiva. Gli Anni Ottanta sono anche il decennio in cui Rovagnati continua la sua crescita producendo oltre 20 tipi diversi di prosciutti cotti. Queste innovazioni comportarono un ampliamento della struttura produttiva e impianti sempre più all’avanguardia. Dal 2010 sotto la guida degli eredi – Ferruccio e Lorenzo – l’azienda si fa internazionale, comincia a esportare in molti Paesi europei ed extra europei come Francia, Belgio, Germania, Irlanda e Stati Uniti d’America e supporta la crescita con acquisizioni come quella dello storico marchio di affettatrici Berkel e di Pineider. Il 2020 é l’anno dell’espansione, con l’apertura del primo stabilimento produttivo all’estero, a Vineland in New Jersey.
(Nella foto in evidenza di Imagoeconomica Ferruccio Rovagnati, Claudia Limonta Rovagnati, Lorenzo Rovagnati)
Il 2024 ha visto la mozzarella di bufala campana DOP confermarsi come uno dei prodotti simbolo del Made in Italy agroalimentare, con una crescita nei consumi interni ma un leggero rallentamento delle esportazioni. Questo il quadro emerso dal report presentato dal Consorzio di Tutela durante la giornata di studio “Mozzarella di Bufala Campana DOP: direzione Futuro”, svoltasi presso la Camera di Commercio di Caserta.
Numeri e tendenze del 2024
La produzione totale ha raggiunto i 55,7 milioni di chilogrammi, registrando un lieve aumento del +0,23% rispetto al 2023. La crescita si è concentrata soprattutto nell’ ultimo trimestre, compensando le difficoltà dell’ export, che ha subito un calo dal 38,3% al 36,8% del totale.
A livello internazionale, la Francia si conferma primo mercato di destinazione, assorbendo da sola il 31,8% dell’ export, in crescita rispetto al 29% del 2023. Seguono la Germania (dal 15,7% al 18,1%) e la Spagna (dal 5,1% all’8,1%). Tra le nuove destinazioni spiccano Norvegia e Thailandia, mentre le prospettive di sviluppo guardano all’ Europa dell’ Est, al Messico e all’ Asia, con particolare interesse per Emirati Arabi, Singapore e Malesia.
Sul fronte interno, invece, la mozzarella di bufala campana ha guadagnato terreno, passando dal 61,7% al 63,2% dei consumi nazionali. I dati rivelano un boom nelle regioni del Centro e del Nord Est, dove i consumi sono saliti rispettivamente dal 17,9% al 23,5% e dal 16,6% al 24,5%. Al contrario, le vendite nel Nord Ovest e al Sud hanno subito una contrazione.
Le sfide del settore
Secondo il presidente del Consorzio, Domenico Raimondo, il 2024 “è stato un anno “in chiaroscuro”: “Di fronte alle difficoltà internazionali e alla crisi dei consumi, la filiera ha retto, ottenendo risultati in linea con il 2023. Questo ci spinge a pianificare il futuro con strategie efficaci per affrontare i cambiamenti in atto”.
Domenico Raimondo
Uno dei nodi principali da sciogliere, secondo il direttore del Consorzio Pier Maria Saccani, è la destagionalizzazione della produzione del latte: “Si continua a produrre più latte nei mesi invernali, quando la domanda cala, e meno in primavera-estate, quando la richiesta aumenta. Questo squilibrio porta a un eccesso di latte congelato, inutilizzabile per la DOP”. Tra le soluzioni proposte ci sono meccanismi premiali per gli allevatori virtuosi e un contratto tipo per regolamentare la filiera, pur lasciando al mercato la determinazione dei prezzi.
Un altro tema centrale è la tracciabilità, considerata un elemento chiave per garantire trasparenza e sicurezza. Michele Blasi, del Dipartimento Qualità Agroalimentare, ha evidenziato i risultati raggiunti in 10 anni di controlli: “Abbiamo verificato oltre un milione di dati e condotto circa 10mila ispezioni, creando una piattaforma unica nel settore agroalimentare”.
Sul futuro della tracciabilità si è espresso Antonio Limone, direttore dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno: “l’innovazione tecnologica è fondamentale per garantire trasparenza e integrità alla filiera. Stiamo lavorando su strumenti informatici avanzati per rafforzare il sistema di controllo”.
I progetti per il 2025
Il 2025 sarà un anno cruciale per la promozione della mozzarella di bufala campana DOP, con il Consorzio pronto a lanciare una campagna di comunicazione in Europa dal valore di oltre 1 milione di euro. Le risorse saranno concentrate su Francia, Germania, Inghilterra e Paesi Bassi, mercati considerati strategici.
Parallelamente, saranno avviati seminari internazionali con il coinvolgimento di ambasciate e uffici ICE, oltre a iniziative mirate per avvicinare i giovani consumatori europei alla Bufala DOP. Il programma prevede anche un incremento della presenza alle fiere di settore, con tappe negli Stati Uniti per Pizza Expo a Las Vegas e il Fancy Food a New York.
L’ Assessore regionale all’ Agricoltura, Nicola Caputo, ha annunciato nuovi fondi per la promozione internazionale: “Stiamo studiando con il Consorzio le migliori iniziative per valorizzare la mozzarella di bufala campana DOP, prodotto simbolo della nostra terra”
Per raccontare la prossima edizione del Salone del Mobile di Milano basta un dato, 9,2 miliardi. É il valore del fatturato complessivo dei brand italiani che esporranno ad aprile alla Fiera di Milano Rho in occasione della 63ma edizione dell’evento internazionale, che si terrà dall’8 al 13 aprile. A questo si aggiungono 6,9 miliardi di fatturato complessivo dei brand esteri. In quei giorni Milano sarà ancora di più la capitale mondiale del design con un evento che ha già totalizzato il sold out degli spazi in fiera, con 2mila espositori presenti, il 38% che provengono dall’estero. “Abbiamo chiuso l’edizione 2024 con numeri record: oltre 370mila operatori da 146 Paesi – ricorda la presidente del Salone Maria Porro -. Quest’anno il Salone arriva ad aprile con una superficie espositiva, ancora una volta, sold out, nonostante le incertezze degli scenari globali”. E sono proprio gli scenari globali a preoccupare il settore soprattutto per i possibili dazi annunciati dal presidente americano Donald Trump. A margine della presentazione dell’evento, l’appello che arriva dal presidente di Federlegnoarredo Claudio Feltrin è “all’Europa che tenga alta la guardia” perché i dazi, se dovessero arrivare, “sicuramente possono indebolire il Made in Italy. E’ una probabilità quindi la navigazione a vista è obbligatoria”.
Una preoccupazione condivisa da Maria Porro secondo cui “dobbiamo tenere la testa alta e difendere il valore del Made in Italy che abbiamo costruito in tantissimi anni e secoli di storia di arredo e desing italiano”. I dazi potrebbero sommarsi a una situazione già non facile a livello economico, che vede la filiera del legno arredo chiudere il 2024 in flessione a 51,6 miliardi, con l’export a -2,3%. Il saldo commerciale della filiera sfiora gli 8 miliardi di euro (era di 8,4 miliardi nel 2023). Per questo il Salone del Mobile rappresenta ancora di più per le aziende un’opportunità per trovare nuovi mercati e consolidare il business. L’evento “può avere il ruolo di aprire nuovi canali, nuovi mercati, in un momento in cui alcuni paesi che sono stati il punto di riferimento italiano, come Germania e Francia – spiega Maria Porro -, navigano non in buone acque”. L’edizione 2025 è quella del ritorno di Euroluce con oltre 300 espositori, di cui 46,5% dall’estero. La Biennale si annuncia già come la piattaforma internazionale di riferimento per il design dell’illuminazione. Novità di quest’anno è la prima edizione di The Euroluce International Lighting Forum, una due giorni di masterclass, tavole rotonde e workshop. “Il Salone del Mobile si conferma un appuntamento strategico soprattutto per un settore come quello dell’illuminazione che ha quote di export che sfiorano l’80% della produzione”, ha osservato Carlo Urbinati, presidente di Assoluce. Torna poi come da tradizione il Salone Satellite dedicato ai giovani, con 700 progettisti da 36 Paesi e 20 scuole e università di design internazionali. Il tema della 26ma edizione è ‘Nuovo Artigianato: un Mondo Nuovo, un invito a re-immaginare l’universo del fatto a mano.