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Spettacoli

Una lunga lettera alla Rai chiude Che tempo che fa

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Lunghissimo applauso in apertura ”dell’ultima puntata per questa stagione di Che tempo che fa”, con Fabio Fazio già emozionato che in principio tace ma si parla molto di Rai e politica. Michele Serra inizia l’ultima serata del programma che trasloca su la Nove dall’autunno tracciando la sua personale ”storia politica della Rai”. Poi verso la fine, dopo l’intensa intervista ad Anthony Hopkins che ”volevo intervistare da sempre” e la letterina alla Rai di Luciana Littizzetto, alle spalle di Fabio Fazio compare una grande foto ”di tutti quelli che lavorano qui”. Il conduttore fa così il suo saluto e ringraziamento d’addio nell’ultima puntata di Che tempo che fa, prima di introdurre Marco Mengoni. ”Ringrazio tutti i colleghi della Rai, de L’Officina, il trucco il parrucco, tutti. Vorrei anche dire grazie a quelli che in questi giorni si sono fatti sentire”, dice un Fazio commosso che esprime un ringraziamento particolare ”a Rosanna Pastore e Silvia Calandrelli che hanno cercato in questi mesi fino all’ultimo una soluzione, cercando segnali da Marte che non sono arrivati”. Ed aggiunge: ”la Rai è la tv di tutti e anche la mia e non posso che volerle enormemente bene. In questi giorni, esattamente 40 anni facevo il mio provino da imitatore e incredibilmente mi hanno preso”.

”A quel provino c’era Bruno Voglino da cui tutto è iniziato e a lui voglio indirizzare l’ultimo grazie. Andai a fare l’imitatore a Pronto Raffaella la sigla si chiamava Fatalità e io mi sentivo lì proprio per fatalità. Il grazie più grande poi lo voglio indirizzare al pubblico. Sono stati 40 anni bellissimi”, conclude Fazio. La puntata si era aperta con Michele Serra e la sua personale ”storia politica della Rai”. Si chiede Serra di che partito fossero ”Topo Gigio, il Quartetto Cetra, Tognazzi e Vianello erano uno di sinistra e uno di destra? E per avvicinarsi ai giorni nostri di che partito sono Amadeus, Fiorello, Mara Venier, Vespa lo ha messo Cavour quindi è della destra storica?”, per il giornalista ”è un discorso cretino, perchè è difficile spiegare con la politica una storia che solo in parte lo è. Il lavoro delle persone per fortuna è più forte, nessuno si è mai chiesto in passato se Topo Gigio fosse di destra o di sinistra ma ora invece tutti si chiederebbero a che partito apparterrebbe”.

”E’ giunto il tempo di una riflessione – conclude Serra – la Rai è dello stato non dei partiti, l’atmosfera rimarrà tossica ora ed è grave perchè ci lavora anche tanta gente per bene”. Si parla di Rai anche con Marco Damilano. ”Andiamo in onda con Il cavallo e la torre fino al 23 giugno, i nuovi dirigenti si sono appena insediati, aspetto di incontrarli” dice. ”In tutto questo gioco delle figurine sulla Rai – ha aggiunto – una cosa che si è dimenticata è il pubblico, che paga il canone ed ha il diritto di vedere delle figure…lo dico a Fabio Fazio poi…” si interrompe Damilano e scatta l’applauso del pubblico. Per il giornalista ”il servizio pubblico ha in questo senso un dovere in più”, e spiega che ”i nuovi dirigenti hanno una responsabilità in più perchè devono difendere la Rai dalla politica che cerca di togliere il canone che è una risorsa fondamentale e devono anche difendere l’autonomia e la professionalità di chi lavora in Rai. Ci metto anche la mia”. Poi Luciana Littizzetto arriva nello studio dell’ultima puntata di Che tempo che fa con il carrello montacarichi pronta per il trasloco ”a mezzanotte scatta lo sfratto definitivo”, dice e punta alla poltrona ”questa dobbiamo portarla via qua ci sono stati culi illustri, dovevamo farla firmare”. E ipotizza ”a chi lasciare i mobili”: i pesci ad Antonella Clerici il tavolo così grande ”mettiamolo su Ebay o giusto a Putin”. ”Stasera puoi fare quello che vuoi” dice Fazio.

”Eppur la Nove”, mette tra le sue consuete citazioni poi non rinuncia ad una ”letterina alla Rai, regina del tubo catodico”. ”È finita non abbiano superato la crisi del settimo governo. Peccato andare via ora. Ho iniziato qui la mia carriera quando Don Matteo era in seminario, Montalbano aveva i cappelli e Vespa aveva solo due nei”. Poi con gli occhi velati parla di ”anni proprio belli, di allegria, di grandi ascolti, di ospiti importanti. Ogni tanto pestavamo un merdone e ci hai spostato di qua e di la’ ma abbiamo resistito grazie agli spettatori e grazie al nostro impegno e non grazie ad altro, lo dico a muso duro”. Inno alla Rai ancora di Luciana Littizzetto prima del trasloco sul Nove dalla prossima stagione: ”Ti voglio bene Rai perchè non sei la parte politica che ti controlla. Sei gli artisti”, che elenca a lungo. E conclude sperando in un ritorno alla Rai chissà: ”spero ci ritroveremo in un’Italia diversa dove chi fa il ministro non abbia paura di chi fa il saltimbanco e ricordati che la Rai è di tutti. Tua affezionatissima Luciana. ps. Bello ciao”. Rose rosse per lei e per Filippa Lagerback da un commosso Fabio Fazio.

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Fedez ricoverato, dimissioni non sarebbero imminenti

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Fedez rimane ricoverato nel reparto di chirurgia del Fatebenefratelli di Milano e al momento non si fanno previsioni sulle sue dimissioni, che non sarebbero imminenti. Specie dopo il nuovo sanguinamento che si è verificato ieri. Per il rapper, secondo quanto trapela da fonti sanitarie, è stato necessario tornare in sala operatoria per una gastroscopia urgente dopo che lo scorso giovedì era già stato sottoposto a trasfusioni di sangue in seguito alla scoperta di due ulcere. Da quanto si è appreso, sarebbe stato necessario suturare in sala operatoria il tessuto e sottoporre il cantante, che è apparso debole e debilitato, ad una nuova trasfusione. Rimane comunque il riserbo sulle sue condizioni.

La comunicazione sulla salute di Fedez, infatti, è veicolata direttamente dalla sua famiglia e non sono previsti bollettini medici. Oggi il rapper ha nuovamente ricevuto le visite della moglie Chiara Ferragni e dei suoi genitori. La stessa Ferragni – sempre accanto a lui in ospedale nel reparto solventi – era tornata a Milano la scorsa settimana in fretta furia da Parigi a causa di “un’emergenza”. Due ulcere che avevano causato un’emorragia interna, come aveva spiegato lo stesso Fedez sui social sottolineando di stare “molto meglio” dopo le trasfusioni, con un ringraziamento per il personale medico che, a sua detta, gli aveva “letteralmente salvato la vita”.

L’artista nel marzo 2022 era stato operato al San Raffaele per un tumore al pancreas. Anche in quei giorni Ferragni era sempre rimasta accanto al rapper. Ieri, poi, il nuovo sanguinamento che fa slittare le dimissioni dall’ospedale che rimangono non prevedibili. Sui social, al netto delle polemiche sulla sua non partecipazione al programma ‘Belve’, sono tantissimi come sempre i messaggi di in bocca al lupo. “Io che sono sua fan dal 2013 sto male come se lo conoscessi, come se fosse un familiare” scrive una sua sostenitrice su X. “È davvero brutto – conclude un altro fan – aprire Instagram e non vedere le storie di Fedez”.

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Caso Fedez a Belve? Nessuna censura Rai, solo un no ad una ospitata retribuita

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Caso Fedez in Rai. L’artista è ricoverato da giovedì al Fatebenefratelli di Milano dopo l’emorragia interna causata da due ulcere intestinali che ha molto allarmato visto il precedente tumore raro al pancreas di cui è stato operato nel marzo 2022. E ci resterà ancora per giorni per le cure del caso a cominciare dalle trasfusioni che come lui stesso ha detto “mi hanno salvato la vita”. Dunque probabilmente non avrebbe potuto accettare l’invito di Francesca Fagnani al programma di Rai2 Belve, quanto meno lo avrebbe dovuto rimandare. Ma il problema non si pone visto che la Rai ha comunque bloccato tutto. Cosa che ha non poco infastidito Fagnani che esplicitamente ha dichiarato di non condividere la linea e di sperare che ci si ripensi. Il ciclo di Belve è appena cominciato e martedi sera sarà la seconda delle cinque puntate previste. La Rai augura una pronta guarigione a Fedez, si apprende da fonti a Viale Mazzini, quanto alla partecipazione a Belve non l’ha ritenuta opportuna. Del resto su Instagram la giornalista aveva preso le distanze da questa imposizione, confermandola senza diplomazie.

“L’unica cosa che conta adesso è che Federico stia bene. Solo un chiarimento per quel che riguarda la notizia relativa alla partecipazione di Fedez a Belve: è vero che la dirigenza Rai non l’ha ritenuta opportuna. Non condivido questa decisione nè Belve del resto ha mai tolto voce a nessuno. Magari non finirà così”, ha scritto sperando in un happy end nelle prossime puntate ma che, a quanto risulta al momento, non è contemplato. Cosa impedirebbe la partecipazione del popolare personaggio al programma di interviste di Rai2? Perchè la Rai non lo vuole? In serata trapela da fonti di Viale Mazzini che l’ospitata al programma di intrattenimento sarebbe stata retribuita, mettendo in evidenza che non si sarebbe trattato di censura ma di scelta che non avrebbe a che vedere con la politica, che non si è minimamente interessata al caso se non per strumentalizzare la vicenda, dopo la pubblicazione del post della Fagnani. Cio’ nonostante, può essere utile spiegare qualche pregresso lontano e vicino. Nel 2021 una prima accesa polemica tra Fedez e la Rai per la sua partecipazione al Concertone del Primo Maggio. Su Instagram denunciava come il suo intervento veniva stato sottoposto ad approvazione, ma Rai e Rai3 smentirono “pressioni e censure”. Da settimane il rapper sosteneva il Ddl Zan, con continui battibecchi con la Lega e Salvini. Da Vasco Rossi a Ornella Vanoni incassò il sostegno dei colleghi, fatto è che nel 2022 non fu invitato affatto.

All’ultimo Sanremo il suo freestyle politicamente scorretto costrinse la Rai a dissociarsi – un affondo contro il governo, in particolare contro la ministra Roccella sull’aborto e contro il viceministro Bignami, di cui il rapper ha strappato la foto con l’uniforme nazista – senza dimenticare il bacio fluido con Rosa Chemical nella puntata finale (ma lì ad arrabbiarsi come è noto fu soprattutto la moglie Chiara Ferragni, un episodio da cui scaturì un crisi coniugale di cui si è molto ricamato nei mesi). Il diretto interessato Fedez dal reparto di ospedale, per ora tace poi chissà. Intanto va ad infoltire l’elenco non breve delle presenze inopportune in Rai: da Roberto Saviano, bloccato a luglio a programma Insider già registrato e nonostante decine di migliaia di firme e proteste a Filippo Facci che avrebbe dovuto condurre una striscia quotidiana, a Memo Remigi la cui partecipazione a Domenica in oggi a quanto si è appreso è saltata (era stato allontanato per le molestie in diretta a Jessica Molracchi) preferendogli un altro ritorno quello di Fabrizio Corona uscito dal carcere, per risalire via via a casi storici come quelli clamorosi dell’editto bulgaro di Silvio Berlusconi premier che nel 2002 invitò la Rai ad estromettere Biagi, Santoro e Daniele Luttazzi, a Beppe Grillo bannato per la battuta sui socialisti che rubano che fece infuriare Craxi (Fantastico 1986), alla bestemmia a Blitz nel 1984 che costò l’epurazione a Leopoldo Mastelloni per concludere con Dario Fo e Franca Rame censurati a Canzonissima 1962, i leggendari Tognazzi e Vianello bloccati nel 1959 per la parodia sulla caduta dalla sedia del presidente Gronchi.

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Cinema

Oscar, i migranti di Garrone contro Glazer e Wenders

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La buona notizia è che Io capitano di Matteo Garrone, premiato due volte a Venezia (e ieri al festival di San Sebastian come miglior film europeo per il pubblico), secondo l’autorevole sito di Variety è rientrato, in una delle prime previsioni tra i candidati favoriti alle nomination per l’Oscar al miglior film internazionale, al quinto posto e ora staziona saldamente al settimo. La cattiva notizia invece, ma non è certo una novità, è la grande qualità degli altri aspiranti che sono in ordine di classifica: The Zone of Interest (Gran Bretagna) di Jonathan Glazer, Perfect Days (Giappone) di Wim Wenders; The Teachers’ Lounge (Germania) di İlker Çatak e The Taste of Things (Francia) di Trần Anh Hùng.

Tutti pezzi da novanta e molti di loro già premiati all’ultimo Festival di Cannes. Comunque in questo poker di opere in corsa per gli Oscar e che si scontrerà con Io capitano firmato da Garrone, il più temibile è sicuramente il primo, ovvero The Zone of interest del regista inglese Jonathan Glazer, a cui è andato a Cannes il Grand Prix Speciale della Giuria, secondo premio per importanza. Si tratta di un film spiazzante che mette in scena un ossimoro: una famiglia come tante, felice nella sua villetta con piccola piscina e giardino pieno di fiori, ma con un problema non da poco: la casa confina con un muro, quello di Auschwitz, e siamo negli anni Quaranta, c’è tanto fumo e un rumore di fondo che non promette bene.

Idea geniale, tratta dall’omonimo romanzo di Martin Amis recentemente scomparso, che potrebbe piacere ad una Hollywood da sempre sensibile alle tematiche della Shoah. Anche per Perfect Days di Wim Wenders che batte bandiera giapponese, un film bellissimo di pura poesia, un premio a Cannes andato all’attore protagonista (Koji Yakusho) che lavora come addetto alle pulizie dei bagni a Tokyo, ma non è affatto triste. Un uomo metodico, con una vita quotidiana identica a sé stessa, divisa tra fotografie digitali di alberi, musica (usa ancora le musicassette d’epoca) e libri. E ancora premiato sulla Croisette per la miglior regia The Taste of Things (La Passion de Dodin Bouffant) di Trần Anh Hùng, film di cucina godibilissimo ambientato nella seconda metà dell’Ottocento tra pentole, esclusivamente di rame dove vediamo consumarsi l’amore tra Dodin Bouffant (Benoit Magimel) e la sua collega dal cuore femminista (Juliette Binoche).

Infine, The Teachers’ Lounge (Germania) di İlker Çatak, passato alla Berlinale, ma per ora privo di palmares, racconta un dramma scolastico, ovvero di uno studente, sospettato di furto, e di un’insegnante che ostinatamente decide di andare a fondo della questione fino alle estreme conseguenze. In fondo alla classifica dei possibili candidati agli Academy Awards anche la poesia di Aki Kaurismäki raccontata in Fallen Leaves che a Cannes ha ottenuto il premio della giuria. Dal regista una storia semplice semplice che ha conquistato tutti. Protagonisti un allampanato metalmeccanico, dal volto triste e sempre con il bicchiere in mano, e una commessa di supermercato a contratto, altrettanto depressa, i due si innamorano ma va tutto storto. Tra le new entry nelle previsioni di Variety La sociedad de la nieve film di chiusura quest’anno a Venezia, appena premiato anche a San Sebastian. Si tratta di un’opera ispirata alla tragedia aerea sulle Ande nel 1972.

Un fatto di cronaca che sconvolse negli anni Settanta l’opinione pubblica perché ruppe un terribile tabù, quello del cannibalismo. La domanda era: è giusto nutrirsi di un essere umano per sopravvivere? Allo schianto sopravvissero solo ventinove dei quarantacinque passeggeri, che si ritrovarono in uno degli ambienti più ostili al mondo e obbligati a ricorrere a misure estreme per poter restare in vita. Grande assente, ma giustificato, alla corsa agli Oscar, Green Border della regista polacca Agnieszka Holland, nonostante il premio speciale della giuria ricevuto a Venezia. Il film racconta, come quello di Garrone, storie di migrazione. Ed esattamente la sporca frontiera tra Polonia e Bielorussia mettendo l’accento sulla violenza sui migranti da parte delle guardie di confine polacche. Una cosa, quest’ultima, che ha fatto irritare ben due ministri di Varsavia: quello dell’Interno, Mariusz Kaminski e quello della Giustizia, Zbigniew Ziobro. Inevitabile così la sua esclusione: la Polonia gli ha preferito il più politicamente corretto The Peasants film d’animazione diretto da DK Welchman e Hugh Welchman, e ambientato nel mondo rurale di fine dell’Ottocento.

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