Se ne è parlato poco, nel segno di un benaltrismo non dichiarato ma del tutto evidente nella sua morsa cieca e persino irriflessa. La giornata della Terra si è svolta in tono minore. Le evocazioni scientifiche hanno riproposto lo stanco catastrofismo del “se non ci fermiamo in tempo moriremo tutti”, muovendoci nella forbice di un riscaldamento climatico che vola verso 1,5-2°.
La verità è che le retoriche del “vogliamo bene alla terra” non bastano neppure a se stesse, ormai. Gli scienziati dell’ONU che monitorano le caratteristiche del clima e cercano di prevederne l’evoluzione con modelli matematici, fanno un discorso tecnicamente sorvegliato, ma del tutto autoreferenziale. La scienza sembra disconnessa dalla realtà, le sue produzioni discorsive non paiono più in grado di parlare alla gente: neppure quando mostrano il ritiro dei ghiacci sul Kilimangiaro, come nel “doodle” di Google di ieri.
Climate Change. Il cambiamento climatico inesorabile avanza con la desertificazione in molte aree della Terra
E dunque, se “l’amore per la natura” è una parola vuota e il “riscaldamento climatico” è una retorica scientifica, di che parliamo? Eh sì, devo dirvelo: parliamo di ciò di cui non si può parlare. Parliamo di “Laudato si“, la potente enciclica di Papa Francesco, e diciamo quel che non si può dire: è cioè che la transizione ecologica è un fatto politico. Non tecnologico e neppure economico: dico “politico”, esattamente nel senso plurimo, articolato ed impietoso attraverso cui la lingua inglese ci consegna l’intelligenza di questa parola antica, abusata, irrisolta: politica.
1. E perciò politica come polity, vale a dire quel che siamo in rapporto a quel che vogliamo essere. Le grandi visioni di un futuro istituzionale per una globalizzazione oggi squassata da forze selvagge che deve trovare una sua “sovranità governamentale”, la sua “governamentalità” per usare il linguaggio di M. Foucault.
2. Quindi politica come politics, capacità di pensare programmi a dieci anni, a venti anni, dotandoli di una “governance” che ne garantisca il dinamismo adattativo in un mondo che cambia velocemente, senza che se ne tradiscano i principi ispiratori.
3. Infine politica come policy, cioè cultura di government, decisa a proscrivere la “sub-cultura degli emendamenti” con una ferma attitudine ad eseguire i programmi con competenza, presto e bene. E proteggendoli da maggioranze mutevoli disposte a barattare il bene comune con qualche effimero interesse di parte.
Ho parlato di benaltrismo, prima. Insopportabile. Perché qui non si tratta di “ben altro” a cui dovrebbero piegarsi i motivi di una decente “giornata della Terra”. Ben altro, invece, è esattamente ciò da cui il benaltrismo vorrebbe distoglierci.
Nato. Consiglio di guerra per i Paesi dell’Alleanza Atlantica
E diciamolo senza troppi giri di parole: il nemico primario e assolutamente letale della Terra ieri era e oggi purtroppo resta il conflitto russo-ucraino. E non solo perché mantiene aperta e quanto mai reale l’incombenza di una distruzione del Pianeta per via di una terza guerra mondiale di stampo nucleare: ipotesi di fronte a cui ci appaiono sempre più come puri vaneggiamenti le posizioni del quadrumvirato oltranzisti Presidenza americana-Presidenza ucraina-Premierato britannico-Segreteria generale della NATO. Per questo, ma non solo per questo. Di fatto questa guerra e già mondiale, e nella sua dimensione globalizzata viene combattuta ad oggi, volendo dare un ordine di grandezza, per 9/10 con armi che non sono da fuoco (né ovviamente atomiche). Sono armi eterogenee, sulle quali prevalgono quelle mediali e quelle sanzionatorie. Svolgono ruoli diversi, ma sono strettamente intrecciate. Le seconde non potrebbero sopravvivere senza le prime: e quindi le sanzioni non potrebbero durare, e men che mai trovare le vie di sviluppo che stanno trovando, senza epimedia. Senza cioè l’appoggio di una sorta di mainstream comunicativo che fabbrica ed impone i canoni narrativi del conflitto.
L’Europa. Le istituzioni europee sono impegnate a liberarsi dalla dipendenza energetica russa e a trovare nuove fonti
L’imponente embargo decretato unilateralmente contro la Russia dagli Stati Uniti –seguito a ruota dall’UE ed altri Paesi “Occidentali” che si trovano nel Mari del Sud o in Estremo Oriente- non ha prodotto sinora grandi risultati, come era largamente prevedibile. Il nocciolo della questione è uno e uno solo: l’Europa continuerà ad importare materiali e prodotti energetici russi? La questione è fondamentale per lo sviluppo europeo, particolarmente per Germania e Italia, prima e terza economia dell’Unione. Tra rialzo delle bollette, interi settori in crisi, comparti floridi penalizzati dai costi dell’energia si annunciano cadute del PIL, disoccupazione in crescita, inflazione in ascesa libera. Tutti conticini nostri, tutte ”cartuscelle” in rosso le quali non riguardano gli USA, che pure seguiamo nei loro propositi bellicisti come si trattasse del nostro pifferaio magico.
Antonio Guterres. Il segretario generale dell’Onu nel giorno della Terra si è occupato della guerra Ucraina/Russia
La questione è altresì cruciale per la Terra, giacché tutte le progettazioni di lungo e medio periodo in termini di transizione ecologica –e quindi di decarbonizzazione- si basano sulle “condizioni date”. Se tu cambi le “condizioni date”, e quindi non importi più il gas russo (che copre il 40% del fabbisogno energetico italiano e oltre la metà di quello tedesco) tutto, ma proprio tutto quel che avevi progettato e immaginavi di poter realizzare va a carte quarantotto. E’ così che, come energia alternativa, fa la sua ricomparsa il nucleare nel discorso pubblico. E’ così che il nostro Presidente del Consiglio, che prima aveva frequentato solo i familiari Palazzi di Bruxelles e di Washington, mette piede ad Algeri per aumentare le forniture di gas di quel Paese in vista di un’eventuale riduzione del gas putiniano. E’ così che si torna a parlare senza imbarazzo di trivellazioni nel Belpaese. E’ così che, presente il Ministro degli esteri, il nostro Ministro della transizione ecologica, raggiungendo vertici da teatro dell’assurdo, va a siglare accordi con l’Angola e il Congo sempre per le forniture di gas sostitutivo. Ed è così, infine, che generosamente Washington ci spinge a chiudere i rubinetti moscoviti, offrendoci approvvigionamenti sostitutivi americani che costano il 50% il più di quelli russi.
Insomma, chi si occupa più della crisi climatica? C’è “ben altro” a cui pensare, si capisce. Solo che, ecco, “ben altro”, la guerra, è proprio il nocciolo di cui parliamo, la distruzione del Pianeta. La logica dell’emergenza riprende il sopravvento su quella della progettazione. La Terra può attendere.
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).
Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.
Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.
Il mese di febbraio 2024 è stato il piu’ caldo mai registrato al mondo, parte di una serie di nove record mensili consecutivi, con temperature ben al di sopra della norma in Europa. Lo ha annunciato Copernicus. La temperatura degli oceani, insolita da quasi un anno, contribuisce in gran parte a questa straordinaria serie. Secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio europeo si e’ raggiunto un nuovo record assoluto, sommando tutti i mesi, con 21,06 C registrati a febbraio sulla superficie dei mari (escluse le zone vicine ai poli).
Dal Centro Nazionale Meteomont arrivano i consigli per evitare di trovarsi coinvolti in valanghe in montagna: le recenti nevicate, scrivono i carabinieri, localmente ancora in corso ed associate a vento forte, determinano attualmente e per i prossimi giorni un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini. Fortemente sconsigliate le uscite escursionistiche ed alpinistiche al di fuori delle piste battute e segnalate. Attendere qualche giorno dopo le perturbazioni affinchè il manto nevoso si stabilizzi. Pericolo moderato ma in diminuzione alle alte quote dei settori liguri, emiliani ed abruzzesi. Seguire attentamente l’evoluzione dei prossimi giorni anche attraverso l’app METEOMONT CARABINIERI. In dettaglio:
– ALPI. Le diffuse ed abbondanti nevicate delle ultime 24 ore, localmente ancora in corso, associate con quelle dei giorni precedenti e con un forte vento, hanno determinato un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini, con gradi diversificati a seconda delle cumulate registrate al suolo, delle quote e della posizione geografica. Dalle Alpi Marittime a quelle Lepontine, dalle Retiche alle Giulie, in generale, il grado di pericolo sale a FORTE 4 alle alte quote al di sopra dei 1700/1900 mslm, per problemi connessi principalmente alla NEVE FRESCA, localmente anche ai LASTRONI DA VENTO, mentre al di sotto di tali quote sale a MARCATO 3, per problemi connessi alla NEVE BAGNATA.
In generale, le uscite escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate, sono sconsigliate alle alte quote delle Alpi. Attendere qualche giorno che il manto nevoso si stabilizzi. Fortemente limitate le attività a quote inferiori. Previste localmente in alta quota ulteriori nevicate nel corso della settimana. Seguire con attenzione l’evoluzione giornaliera e settimanale delle condizioni di stabilità del manto nevoso.
In alta quota il problema è legato alle nevicate in atto o più recenti, il cui sovraccarico progressivo prodotto sul manto nevoso preesistente è il fattore cruciale. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, di grandi dimensioni, a lastroni e a debole coesione asciutte, spontanee e provocate con debole sovraccarico, a tutte le esposizioni, per presenza di strati deboli nel manto nevoso e mancanza di coesione tra le particelle di precipitazione recenti. Pericolo presente durante le nevicate residuali ancora in corso e fino ad alcuni giorni dopo le nevicate. In caso di ulteriori nevicate pericolo stazionario. Avvertenze: fare attenzione ai cambiamenti minimali delle condizioni meteorologiche (es: il cambiamento dell’umidità e della temperatura dell’aria) che influenzano le condizioni della neve fresca. In alcuni casi il pericolo di caduta è più importante del pericolo di seppellimento. Attenzione ai pendii ripidi !
A quote inferiori il problema è legato all’indebolimento del manto nevoso per la presenza di acqua che si infiltra per fusione o per pioggia. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, anche di grandi dimensioni, a lastroni ed a debole coesione di neve bagnata, principalmente spontanee, a tutte le esposizioni (al di sotto dello zero termico o della quota limite della nevicata). Durata del pericolo da ore ad alcuni giorni, possibile una rapida perdita della stabilità. Avvertenze: l’inizio della pioggia, la formazione di pallottole e chiocciole di neve e piccole valanghe a lastroni bagnati o valanghe di neve bagnata a debole coesione sono precursori di un ciclo di valanghe spontanee a lastroni di neve bagnata. Un elevato sprofondamento dello scarpone è un altro segnale di progressivo inumidimento del manto nevoso. Valutare ed evitare le abituali zone di scorrimento ed accumulo delle valanghe di neve bagnata.
– APPENNINO, pericolo valanghe di grado MODERATO 2 alle alte quote dei settori LIGURI,EMILIANO ed ABRUZZESE, per NEVE BAGNATA, ma in progressiva e rapida diminuzione. Da seguire con attenzione l’evoluzione sui settori liguri (Alpi ed Appennino) nel corso della settimana.
Per le necessarie ed indispensabili informazioni locali, di dettaglio e di approfondimento, da seguire con attenzione nel corso della settimana, nonché per interpretare con correttezza i termini, le simbologie, i problemi e le situazioni tipo sopra riportate ed indicate nei bollettini valanghe nel rispetto degli standard europei EAWS, si consiglia di consultare il sito e l’app METEOMONT CARABINIERI.