Il Profeta del gol ha perso il suo più fedele scudiero. Dopo Johan Cruijff, se ne va anche l’altro Johan simbolo del calcio totale, Neeskens, e chi ha amato quella rivoluzione degli olandesi, e il loro football dei sogni, si sente un po’ più solo. Ma il tempo porta via tutto, quindi anche quello che oggi la federcalcio olandese definisce “una leggenda”, il più fedele luogotenente di Cruijff. Fecero la storia del calcio insieme, nell’Ajax, nel Barcellona e in maglia arancione.
L’uno, il Papero d’oro, inventando giocate che erano arte pura, l’altro interpretando al meglio i precetti dell’universalità dei ruoli insegnati dai ‘santoni’ Rinus Michels e Stefan Kovacs, strateghi di quella teoria poi messa in pratica da quei ragazzi con i capelli lunghi che vincevano, e davano spettacolo, pur non sapendo cosa fossero i ritiri. In Spagna, ai tempi del Barcellona (con cui vinse una Coppa del Re e una Coppa delle Coppe), Neeskens era “Johan Segundo”, nell’Olanda invece era il rigorista designato, e infatti è stato lui il primo calciatore a segnare dal dischetto in una finale mondiale, quella del 1974 persa contro la Germania Ovest. Una sconfitta che ad Amsterdam e dintorni ancora brucia, ma nell’immaginario popolare è rimasto il ricordo indelebile degli Orange, nonostante la nazionale tedesca fosse anch’essa piena di campioni.
Ma ad essere paragonati a Lennon-McCartney per quanto fecero nel calcio, cambiandolo, e gli altri due nella musica, furono Cruijff e Neeskens e non Beckenbauer e Muller. Polmoni d’acciaio, maestro del tackle, tecnica, colpo di testa e doti da leader, questo era ‘Johan Segundo’, simbolo di polivalenza calcistica, capace di reinventarsi trequartista dopo l’addio di Cruijff all’Ajax, prima di raggiungerlo al Barça e diventare un idolo del Camp Nou. Ma anche di fare il difensore prendendo il posto di Hulshoff, un altro che se n’è andato troppo presto. Neeskens è stato Del Piero e Chiellini allo stesso tempo, e in una stessa partita, ma preferiva definirsi “un mediano difensivo capace di segnare”.
Non mollava mai, “cercavo sempre di giocare anche con stile”, e a lui si sono ispirati in tanti. Ora lo ricorda, commosso, il ct dell’Olanda di oggi, ‘Rambo’ Koeman: “quando da bambini giocavamo per strada – racconta – tutti volevano essere Cruijff o Van Hanegem, io invece volevo sempre impersonare Neeskens. E’ stato il mio idolo, mi piaceva il suo modo di giocare, e soprattutto di lottare, era il mio modello”. Essendo stato un fenomeno di quei tempi, anche Neeskens non poteva, prima di smettere, che finire ai New York Cosmos, per fare passerella assieme a tanti altri campioni.
Quella volta, però, con lui non c’era Cruijff, che da buon anticonformista scelse di percorrere altre strade giocando per i Los Angeles Aztecs e i Washington Diplomats e non nel team della Grande Mela. Ora Neeskeens mancherà a tanti, anche a coloro a cui, dopo il ritiro, ha insegnato calcio, dall’Australia, alla Turchia e al Sudafrica, ha lasciato solo bei ricordi. Per tutti rimarrà quel capellone che non smetteva mai di correre, vinceva ogni tackle e su rigore segnava sempre.