Il vero ostacolo alla pace tra Russia e Ucraina resta lo stesso da mesi: il territorio. A confermarlo è stato anche Steve Witkoff (nella foto in evidenza), inviato americano, in un’intervista alla Fox. Il punto più critico è la richiesta di Mosca di vedere riconosciuta l’annessione della Crimea, ma soprattutto lo status delle regioni di Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Luhansk, solo parzialmente sotto controllo russo.
Secondo le stime dell’intelligence occidentale, la Russia occupa il 99% di Luhansk, il 66% di Donetsk, il 73% di Zaporizhzhia e Kherson, ma non controlla i capoluoghi di queste ultime due regioni, ancora in mano ucraina. A queste si aggiunge una presenza trascurabile nell’oblast di Kharkiv.
Zelensky apre, ma non cede
Nei primi due anni dall’invasione, Volodymyr Zelensky ha sempre mantenuto una linea netta: nessun accordo senza il ripristino dei confini precedenti al 2014. Ma da febbraio scorso la posizione si è parzialmente ammorbidita: Kiev ora accetta l’occupazione temporanea, senza però rinunciare al diritto di reclamare in futuro quei territori.
Mosca insiste: per Putin, quelle terre rappresentano un ponte terrestre vitale tra la Crimea e la Russia continentale, reso più solido dal ponte di Kerch, costruito nel 2014. Il pieno controllo su queste zone darebbe inoltre a Mosca l’egemonia sul mar d’Azov, accesso strategico al Mar Nero.
Attacco record e minaccia missilistica
Mentre cresce la pressione internazionale per una tregua, sul campo la Russia intensifica le offensive. Nelle ultime 24 ore è stato registrato un attacco record con 273 droni contro diverse aree dell’Ucraina.
I droni Shahed di fabbricazione iraniana si sono rivelati più veloci, letali e resistenti. Potenziati con motori a reazione, oggi raggiungono quasi 480 km/h, trasportano fino a 90 kg di esplosivo, e sfuggono con maggiore efficacia alla contraerea ucraina grazie a un rivestimento impermeabile e a una quota di volo più elevata. Inoltre, sono dotati di terminali Starlink, che consentono il controllo in tempo reale da remoto, aumentando la precisione degli attacchi.
A ciò si aggiunge un nuovo allarme: secondo il GUR, l’intelligence militare di Kiev, Mosca starebbe preparando un test di un missile balistico intercontinentale RS-24, con un raggio di 11.000 chilometri e la capacità, se armato, di provocare una devastazione pari a un milione di tonnellate di tritolo. Il lancio potrebbe partire nella notte dall’oblast di Sverdlovsk, ma non è ancora noto il bersaglio.
La strategia russa: intimidire, non negoziare
A poche ore da una telefonata tra Putin e Donald Trump, l’azione militare russa assume un chiaro significato politico: intimidire l’Ucraina e l’Occidente nel bel mezzo di trattative ancora fragili. Lo dimostra non solo l’intensificazione degli attacchi, ma anche l’irrigidimento sulle pretese territoriali, segno che Mosca non intende cedere nulla sul piano geopolitico.