Negli ultimi cinque anni sono scomparsi 10 milioni di alveari nel mondo, quasi 2 milioni l’anno, oltre 200.000 solo in Italia. I cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e la diffusione di nuovi parassiti, stanno mettendo a rischio salute e sopravvivenza delle api, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Perche’ dal loro ruolo essenziale di impollinatori dipende il 70% della produzione agricola mondiale, quindi del cibo che portiamo a tavola. Questo e’ l’allarme lanciato dall’Assemblea nazionale de la Spesa in Campagna, l’associazione per la vendita diretta di Cia-Agricoltori Italiani, dal titolo ‘Api, agricoltura e cambiamenti climatici. Come cambia la spesa delle famiglie italiane’.

Una delle conseguenze peggiori del riscaldamento globale e’ proprio la diminuzione drastica del numero di api. “Se non si interviene subito e in maniera integrata – ha spiegato il presidente nazionale de la Spesa in Campagna, Matteo Antonelli – presto le varieta’ di miele, cosi’ come ortaggi e frutta, saranno sempre piu’ scarsi, o non disponibili, in primis nei mercati contadini dove gli agricoltori portano ogni giorno tipicita’ e biodiversita’. Bisognera’ comprare a prezzi piu’ alti per avere prodotti di qualita’ e stare sempre piu’ attenti alla provenienza”. Ecco perche’, ancora di piu’ oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Non solo miele, insomma: dal lavoro delle api dipendono prodotti come mele, pere, ciliegie, albicocche, meloni, pomodori, zucchine, carote, cipolle, ma anche foraggi per gli allevamenti. Un ruolo insostituibile, insomma, ma minacciato dai cambiamenti climatici. Prima di tutto, il rialzo della temperatura del pianeta costringe le api a cambiare habitat e spostarsi di continuo alla ricerca di areali piu’ freschi.

Altri contraccolpi arrivano dallo stravolgimento delle stagioni con primavere anticipate e freddo fuori periodo: vuol dire avere polline e nettare sui fiori a disposizione delle api quando ancora non sono pronte a raccoglierlo e, invece, fioriture vuote quando dovrebbero alimentarsi, con effetti sulla capacita’ produttiva e riproduttiva, ma pure sulla resistenza alle malattie. Che e’ poi un altro risultato del climate change. Il riscaldamento globale, infatti, facilita la proliferazione dei cosiddetti ‘parassiti dell’alveare’, dalla Varroa alla Vespa Vellutina all’Aethina tumida, micidiali per le nostre api. Per tutti questi motivi, solo nel 2019 la produzione nazionale di miele di acacia e agrumi ha fatto registrare una contrazione del 41%, con una perdita in termini economici di circa 73 milioni di euro. E questo nonostante gli oltre 50.000 apicoltori italiani che curano 1,1 milione di alveari sparsi nelle campagne nostrane hanno concentrato i loro sforzi per salvare le api, attraverso la nutrizione artificiale con sciroppo di zucchero e canditi proteici.

“Senza il loro intervento – ha evidenziato Antonelli – le api morirebbero di fame. Continuando questo trend, sara’ inevitabile che alcune varieta’ di mieli locali diventeranno sempre piu’ scarse”. Una ricerca dell’Universita’ di Milano sulla correlazione tra fenomeni climatici e ambientali e moria delle api ipotizza che, in assenza di interventi, la produzione di miele potrebbe addirittura scomparire da qui a 100 anni.

“E’ fondamentale quindi promuovere misure che favoriscano e tutelino lo sviluppo dell’apicoltura – ha sostenuto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino – innanzitutto, occorre sostenere i piccoli apicoltori: il cittadino che compra il miele al mercato contadino, nelle botteghe della nostra associazione la Spesa in Campagna, aiuta gli apicoltori e, con loro, difende la biodiversita’ e l’economia del paese”. Alle istituzioni, ha aggiunto, “chiediamo di intervenire sul sistema fiscale, prevedendo un’aliquota Iva agricola anche per servizi di impollinazione, pappa reale e polline; di introdurre adeguate misure di sostegno assicurativo contro le calamita’ naturali; di valorizzare l’apicoltura attraverso incentivi per i produttori agricoli da inquadrare nell’ambito dei Psr”.