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Cronache

Uccide padre e figlio al quartiere Zen di Palermo e si costituisce, ho sparato per difendermi

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Il presunto assassino di Antonino Lupo, 53 anni, e del figlio Giacomo di 19 anni, uccisi a colpi d’arma da fuoco nel quartiere Zen di Palermo, si è costituito. L’uomo si è presentato al comando provinciale dei Carabinieri, accompagnato da un avvocato. Si chiama Giovanni Colombo, 27 anni, ha diversi precedenti penali, condannato nel febbraio scorso a due anni per rissa nell’ambito del processo sulla morte del giovane medico palermitano Aldo Naro, assassinato nel 2015 giorni durante una festa in discoteca. Naro venne colpito con un calcio da un giovane 17enne, Andrea Balsano, che confessò il delitto ed è stato già condannato a dieci anni. Colombo, insieme ad altri due amici, Pietro Covello e Mariano Russo, anche loro condannati a due anni, sarebbe stato tra i protagonisti della rissa avvenuta nel locale. Anche il duplice omicidio di ieri, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe legato a una lite avvenuta tra Giacomo Lupo, campione di pugilato che il giorno prima aveva festeggiato il suo 19esimo compleanno, e Giovanni Colombo. Nella discussione sarebbe intervenuto anche il padre del giovane, Antonino Lupo, pregiudicato per reati legati al traffico di stupefacenti.

“Sono stato io a sparare e l’ho fatto per difendermi. Ero da solo”. Questo il racconto di Giovanni Colombo, che ha ucciso Antonino e Giacomo Lupo, padre e figlio, rispettivamente di 53 e 19 anni. L’assassino ha confessato davanti al pm Ilaria De Somma ed ha anche anche consegnato l’arma utilizzata per il duplice omicidio. Giovanni Colombo, che era ricercato dalla polizia, aveva passato la notte fuori casa. “Avevo rimproverato il fratello di Giacomo e ieri sera ho visto lui e suo padre venire sotto casa per chiarire quanto accaduto”, ha spiegato. Pare che la lite sia scoppiata per alcune avance a qualche ragazza. Giovanni Colombo avrebbe avuto paura e per questo motivo, prima del “chiarimento”, si era procurato una pistola. Sapeva, forse di avere esagerato. La discussione e’ ben presto degenerata e Colombo, per paura, ha iniziato a sparare, almeno cosi’ ha sostenuto davanti agli inquirenti. Gli agenti della scientifica hanno contato 12 bossoli. Molti sono andati a segno, non lasciando scampo a padre e figlio che sono stati portati al pronto soccorso di Villa Sofia, ma sono morti poco dopo. Gli agenti della mobile per tutta la notte hanno sentito testimoni e familiari. I sospetti si sono subito indirizzati proprio verso Giovanni Colombo, che ha capito di essere braccato. Da qui la decisione di costituirsi.

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Cronache

Caso Procura di Pavia, il Riesame smonta l’ipotesi di un “sistema”: dissequestrati i dispositivi a Venditti

Il Tribunale del Riesame smonta l’ipotesi di un “sistema Pavia”: nessuna prova di corruzione o peculato per l’ex procuratore Venditti e il pm Mazza. Restituiti cellulari e computer sequestrati nell’indagine di Brescia.

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Secondo il Tribunale del Riesame, al momento non ci sono indizi che consentano di ipotizzare l’esistenza di un “sistema” nella Procura di Pavia, come sostenuto dalla Procura di Brescia. Per i giudici mancano gli elementi necessari per ritenere che l’ex procuratore Mario Venditti e il pm Pietro Paolo Mazza, oggi a Milano, abbiano ottenuto auto a prezzi agevolati in cambio di incarichi alla società Esitel per servizi di intercettazione e noleggio.

Le auto usate per attività istituzionali

Le tre vetture e il furgoncino al centro dell’inchiesta, secondo il Riesame, erano realmente impiegati dalla polizia giudiziaria nell’attività investigativa. Non emerge un uso esclusivo o prevalente da parte dei magistrati né elementi che indichino un abuso sistemico. I mezzi, acquistati dalla società di Cristiano D’Arena, sarebbero stati pagati a prezzi di mercato e con transazioni tracciate.

Il doppio dissequestro dei dispositivi digitali

Per Venditti arriva un nuovo successo giudiziario: il Riesame ha confermato il dissequestro di cellulari, computer e memorie esterne già sottratti nell’ambito della tranche di indagine legata al caso Garlasco. Anche in questo caso i giudici non hanno ravvisato i presupposti per mantenere il vincolo. Nel decreto originario, secondo il collegio, mancavano limiti temporali e le parole chiave necessarie per la ricerca dei dati.

Accuse “non supportate” dai dati raccolti

Nella motivazione, i giudici spiegano che non emergono elementi a sostegno delle ipotesi di corruzione o peculato contestate a Venditti e Mazza. Anche l’assegnazione degli incarichi per le intercettazioni non presenta anomalie. Le circostanze sollevate, si legge, potrebbero “eventualmente assumere rilievo in termini di opportunità”, ma non supportano un’ipotesi penale.

Le reazioni delle difese

“Il Riesame ha spazzato via ogni malevola illazione”, ha commentato Massimo Dinoia, avvocato di Mazza. Anche il legale di Venditti, Domenico Aiello, si prepara a ottenere la restituzione definitiva dei dispositivi, rinunciando all’incidente probatorio.

La Procura di Brescia valuta il ricorso

Gli inquirenti bresciani intendono ricorrere in Cassazione per ripristinare il sequestro. Nel frattempo, è stato ascoltato per otto ore l’ex carabiniere della polizia giudiziaria di Pavia, Silvio Sapone, che all’uscita si è limitato a dichiarare: “Nessuno ha coperto nessuno”.

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Frana a Brazzano, muore per salvare la vicina: la storia eroica di Quirin Kuhnert

Quirin Kuhnert, 32 anni, è morto travolto dalla frana a Brazzano mentre tentava di salvare l’anziana vicina. Una tragedia in una notte di maltempo estremo che ha colpito il Goriziano.

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Quirin Kuhnert (nella foto), 32 anni, originario della Baviera e residente da anni in Friuli Venezia Giulia, è morto travolto da una frana mentre tentava di salvare la vicina di casa, Guerrina Skocaj, 83 anni. L’anziana risulta ancora dispersa sotto un enorme accumulo di fango e roccia precipitato dal colle di San Giorgio, alle spalle di Brazzano di Cormons.

La “bomba d’acqua” che ha devastato il Goriziano

Nella notte sulla zona si è abbattuta una precipitazione eccezionale: circa 300 millimetri di pioggia in poche ore. Un evento fuori scala rispetto all’allerta gialla emessa dai previsori. I residenti hanno raccontato minuti di panico: lo stesso Quirin aveva pubblicato sui social un video che mostrava la scalinata della chiesa adiacente alla sua abitazione trasformata in un torrente in piena.

Il tentativo disperato di salvare la vicina

All’alba, insospettito dai rumori provenienti dalla collina, Quirin è uscito con la moglie per controllare. Insieme a un vicino ha raggiunto le abitazioni della piccola schiera, avvisando una donna che è riuscita a mettersi in salvo scalza e in pigiama. Ma quando i due hanno raggiunto la porta dell’anziana, la colata di fango li ha travolti. Quirin è stato inghiottito mentre si trovava su una scala, il vicino è stato scaraventato via e trascinato a terra. Salvato dai soccorritori, ha riportato uno schiacciamento del bacino e la frattura del femore.

Dodici ore di ricerche tra detriti e fango

Per recuperare il corpo di Quirin sono servite dodici ore di lavoro ininterrotto: vigili del fuoco con squadre specializzate, protezione civile, forze dell’ordine, unità cinofile ed elicotteri hanno scavato fino a localizzarlo sotto tonnellate di detriti. Resta dispersa Guerrina Skocaj.

Fedriga: “Doloroso che una vita venga spezzata per salvarne un’altra”

Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha espresso cordoglio alla famiglia e ha dichiarato lo stato di emergenza regionale. Stanziato un primo milione di euro per gli interventi urgenti. Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ha attivato la mobilitazione nazionale per inviare ulteriori supporti. Giorgia Meloni ha telefonato al governatore per essere aggiornata e ha ringraziato i soccorritori.

Paesi evacuati e danni diffusi

La notte di paura ha colpito l’intero Goriziano: Versa, piccolo centro di 300 abitanti, è stato evacuato a causa degli allagamenti e dei blackout. Gli sfollati sono stati ospitati nella palestra comunale. Tra i luoghi colpiti anche il ristorante stellato della chef Antonia Klugmann, completamente allagato.

Maltempo anche nel resto d’Italia

Il maltempo ha interessato anche altre regioni: una frana ha coinvolto un’abitazione a Pietrasanta, senza feriti. In Campania è stata diramata un’allerta meteo gialla: a Napoli domani saranno chiusi parchi, spiagge e il pontile Nord di Bagnoli.

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La famiglia Maradona a Roma contro l’ex manager Ceci: “Accuse false e senza prove”

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Claudia Villafañe e le figlie Dalma e Giannina sono arrivate a Roma direttamente da Buenos Aires per partecipare al processo che vede imputato l’ex manager di Diego, Stefano Ceci. Le tre donne, costituite parte civile, sono state ascoltate per oltre due ore dal giudice del tribunale monocratico di piazzale Clodio.

L’intervista contestata e le frasi ritenute diffamatorie

Il procedimento nasce da un’intervista del 30 ottobre 2021 in cui Ceci, parlando delle dispute sui diritti di immagine del Pibe de Oro, aveva definito alcuni familiari “parassiti”, “miserabili” e aveva raccontato episodi che la famiglia ritiene completamente falsi, come:
“Lui era sul letto, morto, e c’era chi gli svuotava il frigorifero”.

Parole durissime che hanno spinto la famiglia a rivolgersi alla magistratura italiana.

La replica di Claudia Villafañe: “Ha detto solo menzogne”

In aula, Claudia ha parlato con grande fermezza:
Ha detto solo falsità. Sono accuse terribili che ci hanno fatto molto male”.

Ha poi risposto all’accusa di aver sottratto oggetti del campione:
Quando io e Diego ci siamo separati, le sue cose sono rimaste in casa mia e un giudice argentino le ha riconosciute come mie. Non ho venduto nulla”.

La testimonianza di Dalma e Giannina

Le due figlie hanno raccontato di aver scoperto solo dopo la morte del padre l’esistenza di un contratto tra Maradona e Ceci per i diritti di immagine:
Ci disse di aver messo da parte soldi per noi eredi, ma non abbiamo mai visto nulla”.

Hanno precisato di essere indipendenti economicamente:
Non abbiamo bisogno dei soldi di papà. Ma lui fa affermazioni senza alcuna prova”.

Una vicenda che riapre ferite ancora vive

Il giudice dovrà ora stabilire se le dichiarazioni dell’ex manager costituiscano diffamazione. Intanto il processo riporta al centro dell’attenzione la memoria di Diego Armando Maradona, ancora oggi al centro di dispute, racconti e contestazioni che continuano a generare dolore nella sua famiglia.

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