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Cronache

Uccide a Grosseto e scappa cercando riparo in Francia, arrestato dalla polizia stradale

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Voleva scappare in Francia, dove forse avrebbe trovato appoggi e complicita’, il 27enne dominicano ricercato per aver ucciso un uomo con un colpo di pistola alla nuca e averne ferito un altro a Grosseto la sera del 23 dicembre, in mezzo a una strada. La Polstrada lo ha bloccato in una stazione di servizio nella zona di Imperia e ora il 27enne e’ in carcere a Grosseto come indiziato dell’omicidio del colombiano, 40 anni, e del ferimento del senegalese, 33. Dopo l’esecuzione, forse un regolamento di conti, la sua e’ stata una lunga corsa di quasi 500 km verso la frontiera di Ventimiglia. Quando la Stradale lo ha bloccato, era su una 500 Abarth rubata e con targa francese. Con lui, a bordo, c’era un uomo che lo accompagnava e su cui sono in corso accertamenti. Nella sua fuga verso il confine il 27enne si e’ messo dietro una scia di punti oscuri, di interrogativi su cui adesso si scontrano gli inquirenti a Grosseto che hanno alzato una cortina di estremo riserbo su tutta la vicenda. Tra i dubbi, quelli sollevati da 50.000 euro in contanti trovati dentro la Mercedes.

Denaro che avvalora l’ipotesi di una lite per uno scambio soldi-droga finito male e regolato ad uso della malavita, cioe’ con le armi. Ma cosa e’ successo davvero in via della Pace, quartiere molto popolato di Grosseto, mentre il vicinato addobbava gli alberi di Natale e si preparava alla festa? Il 23 sera gli abitanti erano tornati dalla messa e avevano appena cenato nelle loro case: e’ stato quasi un caso se donne, bambini e anziani non sono stati coinvolti nella sparatoria. Nel frattempo, infatti, in via della Pace era arrivata dal Nord Italia, pare da Brescia, una Mercedes Gla nera. A bordo i due uomini che sono andati a suonare il campanello dell’appartamento dove il 27enne abita con la compagna e un bambino. Secondo una ricostruzione il dominicano li fa salire all’ultimo piano, dove vive. La situazione appare calma. Ma dura poco. Scoppia una forte lite con gli ospiti: i tre litigano furiosamente sul pianerottolo, poi corrono in strada scendendo quattro rampe al buio. Il dominicano insegue gli ‘ospiti’ con una pistola. Il senegalese e il colombiano lo aspettano anche in strada con una valigetta ma quando si accorgono che il 27enne aveva l’arma e tentano di fuggire e’ troppo tardi, non ce la fanno. Il 27enne spara da vicino: un colpo raggiunge al torace il senegalese che cade a terra, un altro colpo lo prende a una spalla. Il colombiano allora coglie il momento per salire in auto e fuggire, almeno lui, ma viene raggiunto e freddato con un colpo alla nuca prima di partire. L’auto, gia’ a motore acceso, va a sbattere contro una vettura in sosta. Polizia e vigili urbani ipotizzeranno un incidente stradale e sara’ cosi’ per ore mentre l’omicida scappa verso il confine. Verra’ fermato circa 20 ore dopo grazie a una nota di ricerca recepita dalla Polstrada della Liguria.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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