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Cronache

Tumori, lavoro a rischio per malati: le più penalizzate sono le donne

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Il lavoro e’ a rischio per i malati di tumore. La malattia, infatti, ha ricadute anche sull’occupazione ed il reddito, soprattutto per le donne, che hanno perso giornate di lavoro o studio nel doppio dei casi degli uomini, per i lavoratori in eta’ tra 55 e 64 anni (che nel 45,8% dei casi hanno perso da 6 mesi ad un anno di lavoro nel corso dell’ultimo anno) e per i lavoratori autonomi. Il dato emerge dall’11/mo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, promosso da Favo e realizzato da Datamining, in collaborazione con Aimac, INT di Milano e Pascale di Napoli, presentato oggi in Senato in occasione della 14/ma Giornata nazionale del malato oncologico. Il Rapporto segnala come il 36% dei pazienti denunci un calo del rendimento lavorativo e solo il 55% dichiara di aver potuto mantenere il proprio reddito ai livelli precedenti. E la malattia rappresenta un fattore di debolezza nel mondo del lavoro soprattutto per le categorie gia’ fragili: per le donne, per i lavoratori in eta’ tra 55 e 64 anni e per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Per quanto riguarda i caregiver intervistati che lavorano, emerge che in un mese hanno perso 19,3 giornate di lavoro, ma il 12,5% ne ha perso 21 giorni ed il 26,9% dichiara di avere subito una riduzione di reddito dal momento in cui ha iniziato ad occuparsi del paziente. La riduzione ammonta in media al 29% del reddito percepito, con punte di oltre il 70%. Difficile la situazione economica complessiva delle famiglie coinvolte: il 64,3% dei malati intervistati afferma che il complesso delle spese sostenute nell’ultimo anno ha inciso molto o abbastanza sul bilancio familiare e che e’ stato necessario modificare le abitudini di spesa. Quanto alle prestazioni previdenziali erogate dall’Inps in favore dei malati di cancro, i costi previdenziali sono circa il 55% dei costi sanitari rilevati, con un impatto economico pari a circa 4 miliardi di euro l’anno.

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Cronache

Delitto di Garlasco, spunta l’“ignoto 3”: nuova pista sull’amico scomparso di Sempio

Un nuovo Dna, definito “ignoto 3”, cambia la direzione delle indagini sul delitto di Garlasco: i carabinieri puntano ora su una rete parallela di amicizie di Andrea Sempio.

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Un nuovo profilo genetico scoperto nel tampone orale di Chiara Poggi potrebbe riscrivere l’intera dinamica del delitto di Garlasco. Se le analisi confermassero che si tratta di una traccia “pulita”, cioè non contaminata accidentalmente da operatori o tecnici, la scena del crimine cambierebbe ancora una volta volto. È il cosiddetto “ignoto 3”, una sequenza di 22 marcatori genetici che non corrisponde a nessuno dei soggetti finora coinvolti nelle indagini.

Scompare la pista della compagnia storica di Sempio

La presenza di questo Dna inedito escluderebbe definitivamente la “compagnia storica” di Andrea Sempio, il commesso di telefonia già indagato. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, guidati dalla procura di Pavia, stanno ora cercando risposte nella rete di conoscenze meno visibili del giovane. Nessuna corrispondenza è emersa finora tra l’ignoto 3 e i profili dei frequentatori abituali della casa di Chiara Poggi, Marco Poggi incluso.

Le nuove audizioni e le perquisizioni

I nomi di Mattia Capra, Alessandro Biasibetti e Roberto Freddi, amici di Marco e Sempio, sono stati esclusi da ogni sospetto sin dal 2008, ma i carabinieri sono tornati nelle loro case lo scorso 14 maggio per nuove perquisizioniinformatiche e cartacee. Tutti saranno riascoltati, insieme a ex compagni di scuola e altri giovani che frequentavano locali e bar di Garlasco all’epoca. L’obiettivo è individuare l’altra compagnia di Sempio, quella che finora era rimasta fuori dal perimetro delle indagini ufficiali.

L’ombra di Michele Bertani

In questa nuova rete sociale emerge il nome di Michele Bertani, giovane morto suicida nel 2016, legato a un misterioso scandalo che coinvolse anni dopo il santuario delle Bozzole. Il suo nome era già emerso in passato, ma oggi torna centrale. Fu lo stesso Andrea Sempio a parlare del legame con lui, in un soliloquio intercettato nel 2017: «Era il mio più grande amico per anni… abbiamo fatto tutte le ca… insieme». Anche Mattia Capra ha recentemente confermato quel legame ai microfoni di Quarto Grado: «Era il mio migliore amico dell’infanzia».

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Cronache

Delitto di Garlasco, nuove ipotesi: Chiara Poggi cercò di chiedere aiuto prima di essere uccisa

Le nuove analisi sul delitto di Garlasco ipotizzano una reazione della vittima e la presenza di più aggressori. Dna, tracce di sangue e un dettaglio sul telefono fisso aprono nuovi scenari.

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Chiara Poggi non sarebbe stata sorpresa dal suo assassino, come indicato nelle sentenze che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi. È la convinzione maturata negli ultimi mesi tra i magistrati della Procura di Pavia, coordinati dal procuratore Fabio Napoleone, e dai carabinieri del comando provinciale di Milano.

Una scena del crimine diversa da quella processuale

Chiara avrebbe lottato contro chi l’ha aggredita, e tentato di dare l’allarme usando il telefono fisso di casa, prima di essere colpita mortalmente. Il dato chiave, secondo gli inquirenti, è una macchia di sangue rilevata sotto la cornetta, compatibile con uno schizzo lasciato durante i colpi inferti, non con una caduta casuale. Il telefono sarebbe stato rimesso a posto dall’assassino, ignaro di quella traccia rivelatrice.

I nuovi profili genetici e la dinamica alternativa

Sotto le unghie della vittima, anni dopo, sono emersi due profili genetici maschili: uno attribuito ad Andrea Sempio e un altro ancora senza nome. Ora, con il tampone orale eseguito sulla bocca della giovane, sarebbe emerso un terzo Dna ignoto. Gli inquirenti ipotizzano che Chiara abbia morso l’aggressore, nel tentativo di difendersi.

Si tratta, al momento, di ipotesi tecniche che verranno verificate anche con il supporto dei Ris dell’Arma, lo stesso reparto che si occupò del caso nel 2007.

Una violenza feroce, forse con due armi diverse

La nuova lettura include anche la possibilità di più persone coinvolte, non necessariamente due killer, ma almeno due presenti sulla scena. Elementi come le diverse tipologie di ferite, riconducibili a due armi differenti, e la concentrazione delle tracce in un’unica area della casa, rafforzano questa visione. Non solo: schizzi di sangue rilevati sulle pareti della scala suggeriscono che Chiara potrebbe essere stata colpita anche mentre tentava di fuggire, e non solo trascinata lì.

Non suggestioni, ma dati scientifici

Le indagini, assicurano dalla Procura, non inseguono suggestioni su sette o mandanti misteriosi, ma si basano su nuovi dati scientifici. Resta al centro dell’attenzione Andrea Sempio, già al centro di precedenti analisi, e ora si cerca di dare un nome al secondo profilo genetico rilevato.

Intanto, sul fronte mediatico, il blogger Gianluca Spina, residente in Svizzera e autore della diffusione di video contenenti foto dell’autopsia della vittima, ha dichiarato di non aver ricevuto notifiche dal Garante per la privacy, difendendo la sua scelta con finalità «didattiche».

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Cronache

Morte di Riccardo Boni: il padre indagato per omicidio colposo, atto dovuto per chiarire la tragedia

Il padre di Riccardo Boni, 17 anni, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Il procuratore Liguori spiega: “Un atto dovuto per capire come è morto il ragazzo”.

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«La prima cosa che farò sarà abbracciarlo. Questo povero papà è devastato», dice con umanità il procuratore capo di Civitavecchia, Alberto Liguori. Il padre di Riccardo Boni, il ragazzo di 17 anni morto giovedì scorso mentre scavava una buca in spiaggia a Montalto di Castro, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Un passaggio inevitabile, spiega Liguori, «per svolgere tutti gli accertamenti previsti dalla legge».

La notifica tra dolore e incredulità

L’atto è stato notificato ieri mattina dai carabinieri della compagnia di Tuscania, al Camping California dove la famiglia soggiornava. Quando ha sentito di essere indagato, il padre di Riccardo è rimasto impietrito, sotto choc: «Ma come, indagato? È disumano». Poi, compreso il senso tecnico del provvedimento, si è messo a disposizione degli inquirenti: «Voglio capire cosa è successo, se Riccardo ha avuto un malore, se ha chiesto aiuto… Io ero lì».

Le ragioni dell’indagine

Il fascicolo aperto dalla Procura si fonda su due articoli del codice penale: il 589, che riguarda l’omicidio colposo, e il 40, che stabilisce che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. In quanto genitore di un minore, il padre di Riccardo è per legge responsabile di ciò che accade al figlio.

«Non c’erano altre fattispecie ipotizzabili», ribadisce Liguori, sottolineando che l’obiettivo principale è capire le cause reali della morte: «Vogliamo sapere se Riccardo è morto per un malore, per il caldo, o per il peso della sabbia che lo ha travolto».

La pressione mediatica e il peso dei social

In queste ore sui social si è scatenato un accanimento feroce, con post duri e spesso crudeli: “Il padre dormiva mentre il figlio moriva”, è solo uno dei commenti che circolano in rete. Per questo la procura ha raccomandato alla polizia giudiziaria di comunicare l’iscrizione nel registro con il massimo tatto, temendo anche rischi autolesionistici.

Una famiglia in silenzio, travolta dal dolore

La madre, il padre e i tre fratellini di Riccardo si dividono tra la casa di Roma e il camper lasciato al campeggio. Proteggono i più piccoli dal clamore mediatico, cercando riparo in una quotidianità spezzata dal dramma.

«Ha già la sua pena infinita», conclude il procuratore Liguori. «Noi faremo solo ciò che la legge ci impone. Con rispetto e umanità».

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