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Salute

Tumori, in Italia 2 milioni di giovani non protetti da virus hpv

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In Italia oltre 2,2 milioni di giovani non sono protetti contro il papillomavirus Hpv e corrono il rischio di contrarre il virus e di diffonderlo. L’11% delle donne, d’età compresa fra i 25 e i 64 anni di età, non ha mai fatto l’Hpv o il Pap test per lo screening del tumore alla cervice uterina. Il 13% di loro invece non lo ha svolto negli ultimi 3 anni.

Dati non confortanti e che allontanano il raggiungimento dell’obiettivo di Sanità pubblica proposto dall’Oms di eliminare il carcinoma cervicale nei prossimi anni. Perciò la Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), con il supporto di Siti (Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica) rivolge un appello alle Istituzioni affinché si metta in campo un piano di recupero per la prevenzione.

“Chiediamo al Governo l’impegno per l’approvazione di un Piano straordinario per l’eliminazione dei tumori Hpv correlati attraverso il recupero delle vaccinazioni anti-Hpv e dello screening cervicale. Bisogna abbassare il tasso di incidenza di questa neoplasia a meno di 4 casi su 100mila”, è la richiesta degli oncologi in occasione del convegno ‘Le azioni per un’Italia Hpv-free entro il 2030’ che si è tenuto alla Camera nella Giornata mondiale contro il tumore della cervice uterina, per iniziativa di Annamaria Patriarca (membro Commissione Affari Sociali di Montecitorio).

“In totale ammontano a oltre 7.500 le neoplasie che ogni anno vengono provocate dal pericoloso virus – sostiene Alessandra Fabi, membro del Direttivo nazionale Aiom -. Non vi è solo il carcinoma della cervice uterina ma anche quote rilevanti di quello all’ano, vulva, vagina, pene, orofaringe, cavo orale e laringe. Bisogna poi aggiungere altri casi di malattie come le displasie cervicali. Ridurre l’incidenza di tutte queste patologie è possibile fino ad eradicarle completamente. Vi sono già esempi virtuosi di alcuni Paesi, tra cui l’Australia, che stanno raggiungendo un obiettivo importante e soprattutto non impossibile. Vanno però presi subito alcuni provvedimenti per incentivare e potenziare la prevenzione oncologica primaria e secondaria”. A Montecitorio è stato presentato un documento di Fondazione Aiom e Siti con alcune proposte concrete da attuare a livello nazionale e regionale.

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Alzheimer, ricercatori italiani scoprono nuovo gene che causa malattia

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Scoperto un nuovo gene alla base dell’Alzheimer. Il risultato è frutto della collaborazione di diversi gruppi di ricerca italiani, impegnati da anni nello studio delle cause genetiche della malattia, coordinato dall’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Alzheimer’s Research & Therapy, “suggerisce il ruolo di rare mutazioni genetiche anche come causa della malattia in età senile”, spiega Innocenzo Rainero che dirige il Centro Alzheimer e demenze correlate dell’ospedale Molinette e dell’Università di Torino.

Il gruppo scientifico, coordinato dalla dottoressa Elisa Rubino, ricercatrice presso il Centro per la Malattia di Alzheimer delle Molinette, ha studiato per diversi anni una famiglia italiana con malattia di Alzheimer ad esordio senile, scoprendo che era causata da mutazioni nel gene Grin2C, gene che codifica per una subunità del recettore Nmda del glutammato. Questo grazie all’utilizzo di avanzate tecniche di genetica molecolare. Inoltre è stato possibile dimostrare gli effetti che questa mutazione provoca in modelli cellulari incrementando l’eccitabilità neuronale ed alterando il legame di questa proteina con altre proteine neuronali. “Ad oggi erano note rare mutazioni nei geni Psen1, Psen2 e App, quali causa di malattia di Alzheimer, principalmente in età presenile”, commenta Rainero, che aveva contribuito già nel 1995 all’identificazione di Psen1.

“Ci aspettiamo che Grin2C sia una causa molto rara di malattia di Alzheimer”, spiega Rubino, sottolineando che “tuttavia, l’aspetto più significativo della ricerca è la conferma del ruolo che i meccanismi di eccitotossicità correlata al glutammato possono avere nello sviluppo della malattia. Quando il glutammato interagisce con il recettore Nmda sui neuroni, si apre un canale che promuove l’ingresso di ioni calcio. Se questa stimolazione è eccessiva, si provoca un’intensa eccitazione del neurone che porta alla morte cellulare”.

Dal punto di vista clinico, è particolarmente interessante rilevare come, prima dello sviluppo del deficit cognitivo, i pazienti portatori della mutazione abbiano sviluppato per anni un disturbo dell’umore di tipo depressivo, dicono i ricercatori. Il nuovo studio, rilevano, “necessiterà lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ridurre l’eccitotossicità cerebrale da glutammato per rallentare la progressione di questa drammatica malattia”.

La ricerca si è avvalsa della collaborazione con Elisa Giorgio del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia, con Alfredo Brusco del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e con Fabrizio Gardoni del Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari dell’Università di Milano. L’Alzheimer è la principale causa di gravi deficit cognitivi ed è divenuta uno dei maggiori problemi sanitari a livello mondiale. La ricerca scientifica ha dimostrato che la malattia è il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e numerosi fattori ambientali, quali ipertensione, obesità, diabete, depressione ed isolamento sociale che favoriscono la deposizione nel cervello di due proteine tossiche, la beta amiloide e la proteina tau, responsabili della neurodegenerazione.

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Salute

Farmaci per diabetici che fanno dimagrire: ecco tutti i rischi per la salute

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Semaglutide e tirzepatide, noti come gli “anti-diabetici dimagranti”, stanno dominando il dibattito pubblico e scientifico. Questi farmaci, progettati per trattare il diabete di tipo 2, si sono guadagnati il soprannome di “farmaci dei miracoli” grazie al loro effetto dimagrante. Tuttavia, il loro utilizzo indiscriminato solleva interrogativi etici e medici.

Come funzionano i farmaci?

Entrambi i farmaci appartengono alla classe degli agonisti del GLP-1, un ormone intestinale che regola sazietà e glicemia. Mimano l’azione del GLP-1, agendo più a lungo dell’ormone naturale e, nel caso di tirzepatide, attivano anche i recettori di un altro ormone simile (GIP), potenziandone gli effetti. Il risultato? Una perdita di peso fino al 20-25% in un anno per i pazienti responsivi.

A chi sono destinati?

Semaglutide e tirzepatide sono approvati per adulti con diabete di tipo 2 o obesità, con dosaggi distinti per le due condizioni. La prescrizione può avvenire tramite medico di famiglia, endocrinologo o dietologo, ma l’uso per scopi estetici è inappropriato e potenzialmente pericoloso.

Potenziali benefici oltre il diabete

Questi farmaci mostrano promesse anche in altre patologie: riduzione del rischio cardiovascolare, rallentamento della progressione del fegato grasso e protezione contro malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per consolidare questi dati.

Effetti collaterali e rischi

Gli effetti collaterali più comuni includono nausea, vomito, dolori addominali e alterazioni intestinali, solitamente transitori. Rari ma gravi sono i rischi di pancreatiti, calcoli biliari e possibili influenze negative su tumori tiroidei e pancreatici, nonché segnalazioni di pensieri suicidari. Monitoraggi regolari sono cruciali per garantire la sicurezza del trattamento.

Cosa succede quando si interrompe il trattamento?

La sospensione comporta spesso un graduale recupero del peso perso, poiché vengono meno gli effetti sul controllo di fame e sazietà. Ciò rende evidente che il farmaco non è una soluzione definitiva senza un cambiamento dello stile di vita.

Perché l’uso va regolato?

L’abuso di questi farmaci per scopi estetici non solo aumenta il rischio di effetti collaterali gravi, ma può compromettere la disponibilità per i pazienti che ne hanno reale necessità, come già accaduto in Italia. Inoltre, l’acquisto su canali non autorizzati espone a pericoli legati a prodotti contraffatti o mal conservati.

Un fenomeno globale e un dibattito etico

L’uso crescente di semaglutide e tirzepatide, promossi da celebrità e discussi sui social, evidenzia un fenomeno che va oltre il campo medico, toccando la sfera etica. L’accesso a questi farmaci dovrebbe essere garantito a chi ne ha reale bisogno, evitando un consumo irresponsabile che potrebbe trasformare una risorsa terapeutica in un rischio per la salute pubblica.

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Salute

Raccolta di plasma da record, superate le 900 tonnellate

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“La raccolta di plasma è ancora da record. Il netto aumento, segnato per il secondo anno consecutivo, ha permesso di superare la soglia dei 900mila chili di plasma avviato al frazionamento industriale, mai raggiunta prima nella storia del nostro Paese. Questo risultato straordinario, conseguito grazie alla generosità dei donatori italiani, permette di fare un ulteriore passo nel complesso percorso che conduce l’Italia alla via dell’autosufficienza in materia di farmaci plasmaderivati”.

E’ quanto si legge in una nota congiunta del Ministero della Salute, del Centro nazionale sangue e del Civis, la sigla che raccoglie le principali Associazioni di donatori. Nel 2024 sono stati inviati all’industria per la produzione di medicinali plasmaderivati 906.938 chili di plasma, cifra che rappresenta un aumento del 3% rispetto agli 880.000 del 2023, a cui si aggiungono 15.141 chili destinati alla produzione di plasma ad uso clinico di grado farmaceutico. In Italia sono stati conferiti al frazionamento industriale 15,4 chili di plasma per ogni 1.000 abitanti (l’anno scorso erano 14,9) per la produzione di plasmaderivati. Si avvicina quindi l’obiettivo dei 18 chili per 1.000 abitanti indicato come valore di riferimento per il raggiungimento di un’indipendenza strategica dal mercato estero per le immunoglobuline, driver della produzione.

Il plasma, ovvero la parte liquida del sangue, che si può donare sia attraverso una semplice donazione di sangue intero o tramite plasmaferesi, serve principalmente a produrre i cosiddetti plasmaderivati, ovvero medicinali come l’Albumina e le Immunoglobuline che sono alla base di numerose terapie salvavita.

“Il trend dei risultati positivi, relativo alla raccolta del plasma e che seguono quelli della donazione del sangue in generale, conferma l’importanza delle iniziative di comunicazione realizzate negli ultimi anni. – sottolinea il ministro della Salute Orazio Schillaci – Conferma anche il valore fondamentale della rete e della collaborazione sinergica tra istituzioni e territorio attraverso un modello consolidato che ha visto la partecipazione attiva di diversi attori impegnati nella diffusione capillare del messaggio della donazione. Ringrazio tutti i donatori, le associazioni, gli operatori e i volontari, consapevole che c’è un ulteriore margine di miglioramento nelle azioni da compiere per sensibilizzare la popolazione verso l’importanza di un gesto di grande generosità che contribuisce a salvare vite umane”.

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