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Trump tra colpi di scena e mosse di scacchi

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La strada di Donald Trump è una corsa ad ostacoli tra colpi di scena e mosse di scacchi. Il puzzle pensato dal presidente Usa ha le tessere ancora in disordine e ogni giorno riserva una sorpresa. La notizia che arriva da Gedda di una nuova apertura verso Kiev e della proposta per una tregua nella guerra in Ucraina cambia però le carte in tavola e rilancia la palla nel campo di Mosca. Cambia, in parte, anche la prospettiva della narrazione trumpiana. Alla fine l’imprevedibilità potrebbe diventare uno dei tratti distintivi della nuova politica estera di Washington. Il cambio di passo sull’Ucraina arriva in un momento di grande confusione ma, come sempre, parlando di Trump, non bisogna dare nulla per scontato.

La mossa di Gedda sposta gli equilibri e costringe Mosca ad uscire alla scoperto, cambia le prospettive della possibile, futura tregua, dà più bilanciamento ad una posizione Usa che è stata, fino ad oggi, tutta a favore di Putin. Gli occhi sono ora puntati sul Cremlino. Certo gli ultimi giorni non sono stati favorevoli al tycoon e questo potrebbe aver portato la Casa Bianca a nuove riflessioni. Il campanello d’allarme suonato dalle borse mondiali è soltanto uno dei diversi segnali che stanno arrivando a Washington. Aggiungiamo la fermezza, probabilmente inaspettata, mostrata dall’Europa nel voler recuperare il terreno colpevolmente perduto sulla costruzione di una vera difesa europea. E mettiamoci anche gli attacchi dei droni ucraini su Mosca. Come a dire: noi ci proviamo ancora e non vogliamo arrenderci.

Da non sottovalutare poi sono le dichiarazioni di Lavrov e Peskov, due vecchie volpi della diplomazia russa, che hanno espresso cautela sulla riapertura del dialogo tra Casa Bianca e Cremlino. Il messaggio, tra le righe, sembra chiaro: da questa storia vogliamo trarre tutti i vantaggi possibili e il negoziato sarà duro. Insomma il terremoto voluto dal tycoon nella politica estera del Paese più potente del mondo e anche i cambiamenti strutturali nella politica interna americana cominciano a far vedere anche qualche reazione negativa di un mondo sicuramente impreparato a tutto questo. In questo senso, la distanza siderale tra lo scontro al calor bianco tra Trump e Zelensky e la parole incoraggianti di Rubio in Arabia Saudita impongono prudenza perchè Donald Trump ha in testa un cammino preciso per la sua America. La linea americana è chiara. Il presidente sta rispettando esattamente quello che aveva detto in campagna elettorale.

La strada di Trump è questa anche se è vero che la sua tattica negoziale prevede minacce ed attacchi ad alzo zero per ottenere poi quello che aveva in mente fin dall’inizio. Sembra proprio quello accaduto a Gedda. Battere duro, mettere in difficoltà gli interlocutori per poi avere negoziati più facili. Zelensky era chiaramente in difficoltà. Adesso accetta una possibile tregua e prova a rilanciare un dialogo con Trump. Cosa farà Putin? La Russia è sempre stata cauta verso le aperture di Trump. Adesso dovrà dare risposte. Il puzzle di Trump, in questa fase, sembra più una partita a scacchi, gioco in cui i russi sono grandi maestri, anche se la memoria corre facilmente a Bobby Fischer.

Certo Trump, oggi ha, in parte, cambiato la narrativa del suo primo mese e mezzo alla Casa Bianca. D’altra parte, i risultati concreti erano sotto gli occhi di tutti: rapporti con gli europei ridotti al livello più basso del dopoguerra, Ucraina abbandonata al suo destino, Zelensky chiamato ‘dittatore’ (per Biden il dittatore era Putin), Russia riportata al centro degli interessi americani, economia americana messa, almeno nel breve termine, a rischio di una riduzione del Pil e di un aumento dell’inflazione in seguito alla guerra (nei fatti o a parole) dei dazi con mezzo mondo. E anche i rischi che il presidente stava e sta ancora correndo sono chiari. Davvero gli Usa possono permettersi di rompere con l’Europa, abbandonare l’Ucraina e ridimensionare la Nato? Davvero questo è l’interesse strategico di Washington mentre nello stesso tempo viene riabilitato Putin? La strada è ancora lunga e la partita a scacchi soltanto all’inizio, ma la mossa di Gedda può certamente cambiare qualche prospettiva.

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Vietato l’accesso al Cristo di Rio dopo la morte di un turista

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Le autorità di Rio de Janeiro hanno chiuso temporaneamente l’accesso al Cristo Redentore, il monumento più visitato del Brasile, a causa della mancanza di assistenza medica adeguata dopo la morte di un turista domenica scorda. E’ stato sospeso sia il trasporto con la funicolare, sia quello con i minivan, l’altro mezzo più comune utilizzato per raggiungere la statua.

Il divieto è stato deciso dalla segreteria statale per la Tutela dei consumatori dopo che un brasiliano di 54 anni è morto domenica mattina a causa di malore mentre saliva le scale che portano al Cristo. Al momento dell’incidente il posto sanitario in loco non era ancora aperto. Il luogo è privo di ambulanza, di punti di idratazione, di bagni adatti alle persone con problemi di mobilità e gli ascensori non sono perfettamente funzionanti, ha criticato il Santuario del Cristo Redentore, che dipende dall’arcidiocesi di Rio de Janeiro.

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Ue, ’90 Paesi colpiti da interferenze informative in 2024′

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Nel 2024, novanta Paesi e 322 organizzazioni sono stati bersaglio di attacchi da parte di manipolazioni e interferenze informative straniere (Fimi). È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d’azione esterna (Seae) sulle operazioni Fimi. L’Ucraina è il principale obiettivo degli attacchi Fimi russi con quasi la metà degli incidenti registrati. “L’obiettivo generale è plasmare la percezione globale della guerra a favore della narrazione ingannevole della Russia”, si legge nel report. Le piattaforme social sono il focolaio dell’attività Fimi, con X che “da solo rappresenta l’88% delle attività rilevate”.

Il rapporto prende in esame 505 incidenti Fimi verificatisi tra il 4 novembre 2023 e il 4 novembre 2024 che hanno coinvolto circa 38.000 canali su 25 piattaforme diverse, e sottolinea la “portata globale” di questo tipo di operazioni. Come per il 2023, l’Ucraina rimane la principale vittima degli attacchi Fimi russi, con quasi la metà degli incidenti registrati, 257, nel campione analizzato. Secondo gli esperti, l’infrastruttura Fimi russa si rivolge da un lato agli ucraini per “indebolire la resistenza del Paese” alla guerra, e dall’altro agli alleati occidentali per “indebolire il sostegno” a Kiev all’Ucraina”.

Dopo l’Ucraina, la Francia è il Paese più colpito. Tra i principali obiettivi, i giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e le elezioni legislative francesi. Analoga sorte è toccata alla Germania e in particolare il governo di coalizione. “Nei 73 casi individuati – scrivono gli esperti – gli attacchi sono avvenuti in occasione di eventi politici, visite internazionali e proteste degli agricoltori, che hanno suscitato grande attenzione da parte dei media”. Tra gli Stati più colpiti, anche la Moldavia, dove si sono tenute le presidenziali e il referendum per l’adesione all’Ue, e l’Africa, con i membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) che sono stati “bersagli frequenti” degli attacchi Fimi.

“L’Ue è uno dei principali obiettivi”, si legge ancora nel report, in cui si sottolinea come ad essere maggiormente esposti siano da un lato i Paesi dell’Est e i Baltici e dall’altro, la Germania e la Francia “regolarmente bersaglio di campagne localizzate”. Le operazioni Fimi non si sono limitate ai Paesi, ma hanno preso di mira anche organizzazioni e individui. L’Ue, la Nato, i media indipendenti e i difensori della Fimi, come Bellingcat, EU DisinfoLab e Correctiv sono stati tra i più attaccati. Nel mirino anche funzionari di alto livello come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e gli l’alta rappresentante Ue in carica Kaja Kallas e il suo predecessore, Josep Borrell.

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Crescono le ricognizioni nello spazio aereo iraniano: segnali di un possibile attacco preventivo di Israele?

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L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli dell’Iran sta alimentando il sospetto che possa essere imminente un attacco da parte dell’Esercito di David per colpire le capacità nucleari che Teheran sta sviluppando. L’ultimo episodio ha visto protagonista un drone-spia statunitense di grandi dimensioni, che si è avvicinato allo spazio aereo iraniano prima di essere individuato e costretto ad allontanarsi dai caccia F-14 dell’Aeronautica militare di Teheran e dai suoi droni da ricognizione.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Nournews, le forze armate iraniane restano in stato di massima allerta, pronte a rispondere con un “duro contrattacco contro gli interessi nemici in Medio Oriente”. Questo ennesimo episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione, con ripetute incursioni di velivoli da ricognizione vicino ai siti strategici iraniani.

RICOGNIZIONI SEMPRE PIÙ FREQUENTI: UNA PREPARAZIONE ALL’ATTACCO?

L’episodio del drone statunitense non è un caso isolato. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le missioni di sorveglianza da parte di Israele e Stati Uniti nei pressi degli impianti nucleari iraniani. Il timore, sempre più diffuso tra gli analisti militari, è che Israele possa pianificare un attacco preventivo per disabilitare le strutture nucleari iraniane prima che Teheran possa raggiungere la capacità di costruire una bomba atomica.

Israele, che considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale, ha più volte ribadito che non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari e che è pronto ad agire militarmente se necessario. Le operazioni di ricognizione potrebbero quindi rappresentare una fase preparatoria per un eventuale raid aereo su larga scala, simile a quelli effettuati in passato contro le installazioni nucleari in Iraq (Osirak, 1981) e in Siria (2007).

IRAN: MINACCIA DI UNA RISPOSTA DURA

Di fronte a queste continue incursioni, Teheran ha ribadito la sua volontà di rispondere con forza a qualsiasi attacco. L’Aeronautica iraniana ha intensificato le operazioni di pattugliamento dello spazio aereo e ha schierato una combinazione di caccia e droni per intercettare eventuali minacce.

Parallelamente, l’Iran ha avvertito che un’azione militare israeliana scatenerebbe una rappresaglia senza precedenti, con attacchi diretti contro obiettivi israeliani e statunitensi in tutto il Medio Oriente.

VERSO UNA FASE CRITICA?

Le tensioni tra Iran e Israele non sono mai state così alte. L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli iraniani suggerisce che si stia entrando in una fase critica che potrebbe sfociare in un conflitto aperto.

Se le ricognizioni continueranno con questa frequenza, è plausibile che Israele stia preparando un’operazione mirata per colpire i siti nucleari iraniani prima che sia troppo tardi. Resta da vedere se la diplomazia internazionale riuscirà a disinnescare questa pericolosa escalation o se si avvicina il momento di un nuovo, devastante confronto militare.

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