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Trump: ho parlato con Putin per far finire la guerra

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Donald Trump e Vladimir Putin si sono parlati al telefono per negoziare la fine della guerra in Ucraina. A rivelare il colloquio (o i colloqui) è stato lo stesso presidente americano in un’intervista al New York Post, scherzando su quante volte si sono sentiti: “E’ meglio che non lo dica”, ha risposto con un sorriso per mettersi al riparo dalle critiche che da tempo accompagnano i suoi rapporti con il Cremlino. E’ la prima conferma ufficiale di colloqui diretti fra i due leader, che molti sospettavano ma nessuno finora aveva certificato. A dire di Trump, anche il presidente russo sarebbe preoccupato per il numero dei morti sul campo di battaglia: “Vuole che si smetta di morire”, ha riferito il capo della Casa Bianca senza scendere nei dettagli.

Mosca non ha confermato né smentito il contatto: ci sono “comunicazioni condotte attraverso diversi canali, e sullo sfondo della molteplicità di queste comunicazioni io personalmente potrei non essere a conoscenza di qualcosa”, si è limitato a commentare il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Senza specificare se il leader russo abbia presentato qualche impegno concreto per mettere fine ai quasi tre anni di guerra, iniziata da lui stesso con l’ordine di invadere l’Ucraina il 24 febbraio 2022, Trump ha detto al New York Post di avere un piano preciso su come far finire il conflitto.

“Voglio mettere fine a questa dannata guerra, speriamo velocemente”, ha aggiunto, ribadendo che se ci fosse stato lui alla Casa Bianca, il conflitto non sarebbe mai iniziato. “Ho sempre avuto un buon rapporto con Putin”, ha sottolineato ancora il tycoon per tracciare una netta separazione con il suo predecessore Joe Biden, definito “un imbarazzo” per l’America. Il piano di Trump per mettere fine alla guerra però non è affatto chiaro. Durante la campagna elettorale aveva promesso di risolvere la crisi in 24 ore, poi entrato alla Casa Bianca ha ammesso che sei mesi erano un arco temporale più realistico. Il suo inviato per l’Ucraina e la Russia, Keith Kellogg, si è detto fiducioso sulla possibilità che una soluzione venga trovata nei primi 100 giorni della nuova amministrazione, durante i quali il presidente potrebbe proporre una soluzione “accettabile” sia per Putin sia per il leader ucraino Volodymyr Zelensky.

La prossima settimana il vicepresidente americano JD Vance, nel suo primo viaggio oltreoceano, incontrerà a Monaco proprio Zelensky nell’ambito della conferenza sulla sicurezza in calendario dal 14 al 16 febbraio. Un incontro fra il presidente ucraino e Trump è possibile nei prossimi giorni, ma al momento non ci sono certezze. E’ stato lo stesso leader Usa ad affacciare l’ipotesi di un faccia a faccia con Zelensky a breve senza però specificare né dove né quando. Mentre il 12 e 13 febbraio riceverà il premier indiano Narendra Modi alla Casa Bianca. Nonostante le varie incertezze, un tema appare chiaro: Trump vuole la sicurezza degli asset ucraini, a partire dalla terre rare, che sembrano essere la chiave individuata dalla nuova amministrazione americana per continuare a fornire aiuti al Paese vittima dell’aggressione russa.

Un’ipotesi affiorata già in passato e a cui Zelensky si è mostrato aperto, dicendo che Kiev è pronta a ricevere “investimenti di aziende americane” per estrarre terre rare dal suo territorio, che ne è ricco. Mentre cerca di spuntare concessioni dall’Ucraina, Trump e la sua diplomazia continuano a lavorare anche sul fronte della Russia. E di recente hanno alzato i toni ventilando la minaccia di raddoppiare le sanzioni, specie nel settore petrolifero, per indurre il Cremlino a sedersi al tavolo delle trattative e trovare un accordo, al quale Trump ambisce e che in cuor suo spera possa regalargli il premio Nobel per la pace. “Come dice la Bibbia, ‘beati i mediatori di pace’. Mi auguro che quando tutto finirà, la mia eredità sarà conosciuta come quella di un pacificatore e unificatore”, ha fatto scrivere dalla Casa Bianca in un tweet dai toni messianici.

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Bluesky sempre più anti X, debutta anche Obama

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Cresce e assume una veste sempre più politica Bluesky, la piattaforma rivale di X. Dopo le due stelle della sinistra radicale Bernie Sanders e Alexandra Ocasio-Cortez, sulla piattaforma sbarca anche Barack Obama. Il suo post di debutto celebra i 15 anni dell’Affordable Care Act, la riforma sanitaria fiore all’occhiello della sua presidenza. Bluesky – nata nel 2019 e finanziata dal co-fondatore ed ex amministratore delegato di Twitter, Jack Dorsey – ha iniziato a farsi strada dopo che Elon Musk ha comprato la piattaforma dei cinguettii nel 2022 e l’ha trasformata in X. In seguito all’impegno politico del tycoon al fianco di Donald Trump e poi al suo incarico come Doge nella nuova amministrazione Usa, Blusky ha iniziato ad accogliere una serie di transfughi da X.

Non solo utenti comuni ma anche testate giornalistiche come il Guardian, persone dello spettacolo come Barbra Streisand e Ben Stiller, ricercatori e scienziati che – ha sottolineato la rivista Nature – cercano un ambiente social più sereno, lontano da spam, bot, disinformazione e linguaggi violenti. Attualmente la piattaforma conta oltre 33 milioni di iscritti. L’Affordable Care Act è “un promemoria del fatto che il cambiamento è possibile quando lottiamo per il progresso”, ha scritto nel suo post di esordio su Bluesky Barack Obama che mantiene un ampio seguito anche su altri social media tra cui X e Facebook (ha rispettivamente oltre 130 milioni e 55 milioni di follower).

Altri politici statunitensi sono già attivi su Bluesky inclusi i democratici Gavin Newsom governatore della California e la senatrice Elizabeth Warren. E ci sono Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, che è diventata la prima persona sul social a raggiungere un milione di follower. L’83enne senatore indipendente e la 35enne deputata dem sono impegnati in ‘Fight Oligarchy’, il tour con cui stanno riempiendo piazze e arene americane denunciando la “manciata di miliardari che gestisce il governo”. L’arrivo di Barack Obama su Bluesky potrebbe accelerarne la crescita e fare da traino per altri personaggi di spicco e utenti comuni.

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Trump annuncia: accordo sui minerali con l’Ucraina quasi pronto

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che l’intesa strategica sui minerali con l’Ucraina «è quasi completa» e verrà firmata «molto presto». Durante un intervento pubblico, Trump ha anche confermato che i colloqui in corso a Riad, tra delegazioni americane, russe e ucraine, includono questioni chiave come i confini territoriali e la gestione delle centrali energetiche, in particolare la centrale nucleare di Zaporizhzhia occupata dai russi. «Qualcuno dice che dovremmo gestirla noi, per competenza tecnica. Per me andrebbe bene», ha affermato.

Colloqui riservati a Riad

Nel lussuoso Ritz-Carlton di Riad, le delegazioni si muovono su piani distinti: americani, russi e ucraini. Gli Stati Uniti, rappresentati da Andrew Peek e Michael Anton, incontrano separatamente le controparti. Al centro dei negoziati, la tregua parziale per le infrastrutture energetiche, ancora da applicare. Kiev ha fornito una lista di siti da includere e propone che Washington ne monitori l’osservanza.

Una tregua energetica ancora incerta

Sebbene Russia e Ucraina abbiano concordato una tregua di 30 giorni sulle infrastrutture, Kiev denuncia continue violazioni. Solo ieri, un attacco russo ha colpito Sumy, ferendo 74 civili, tra cui 14 bambini. Le discussioni si concentrano ora sull’estensione e sulla concreta applicazione del cessate il fuoco.

Torna l’ipotesi di un accordo sul Mar Nero

Il Cremlino ha confermato che tra gli argomenti affrontati vi è anche il ripristino dell’accordo sul grano del 2022, mediato da ONU e Turchia, che permetteva l’esportazione sicura di grano ucraino e fertilizzanti russi. L’intesa era stata interrotta nel 2023 da Mosca, che lamentava l’inefficacia delle deroghe alle sanzioni.

Nel frattempo Kiev ha avviato un corridoio alternativo lungo la costa occidentale. Fonti ucraine sottolineano che il cessate il fuoco marittimo potrebbe avvantaggiare Mosca, ma se comprendesse lo stop agli attacchi portuali e ai missili lanciati da navi russe, potrebbe essere «un passo positivo».

Obiettivo USA: una tregua completa entro Pasqua

La Casa Bianca spinge per una tregua di 30 giorni entro la Pasqua. Il consigliere Mike Waltz ha dichiarato che gli USA cercheranno anche un accordo su una linea di controllo e su eventuali truppe di peacekeeping. Tuttavia, gli ucraini si dicono scettici.

Secondo l’agenzia russa Interfax, i colloqui sono definiti «creativi». Il Moscow Times riporta che la Russia intende prolungare le trattative per guadagnare tempo e posizioni. «Noi abbiamo già accettato la data simbolica di Pasqua – dicono da Kiev – ma è Putin che non lo ha fatto».

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Scontri con coloni, Idf arresta regista No other land

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Decine di coloni arrivati ;;questa sera nei pressi del villaggio di Susya, nella Cisgiordania meridionale, hanno lanciato pietre contro auto, case e residenti che hanno risposto. Negli scontri è rimasto ferito ed è stato successivamente arrestato dagli uomioni dell’Idf Hamdan Ballal, il regista palestinese premio Oscar per il documentario ‘No other land’. Il co-regista israeliano, Yuval Avraham, ha scritto su X che Ballal è stato aggredito. “Un gruppo di coloni ha attaccato la casa di Hamdan, che ha diretto il film insieme con me. Lo hanno picchiato sulla testa e su tutto il corpo. Mentre era ferito e sanguinante, i soldati sono entrati nell’ambulanza che aveva chiamato e lo hanno arrestato. Da allora non si hanno più notizie e non è chiaro se stia ricevendo cure mediche e che cosa gli stia succedendo”.

Avraham ha postato un video che mostra un colono mascherato che avrebbe attaccato il villaggio di Ballal. “Hanno continuato ad attaccare pure gli attivisti americani, rompendo la loro auto con pietre”, ha aggiunto il regista israeliano. Secondo un testimone oculare, quattro palestinesi sono stati feriti dal lancio di pietre, la maggior parte in modo lieve. La polizia ha dichiarato che tre palestinesi sono stati arrestati, in manette anche un minorenne israeliano successivamente rilasciato a causa delle ferite riportate dopo essere stato colpito da una pietra. Il 3 marzo scorso ‘No other land”, che racconta le demolizioni ad opera dell’Idf nel villaggio palestinese di Masafer Yatta, in Cisgiordania, ha vinto l’Oscar come miglior documentario. All’opera hanno preso parte due registi palestinesi, Ballal e Basel Adra, entrambi residenti di Masafar Yatta, e due registi israeliani, Yuval Abraham e Rachel Szor.

Sul palco a Los Angeles, due dei quattro registi del film, un israeliano e un palestinese, hanno chiesto diritti per i palestinesi e una soluzione negoziata al conflitto. Avraham, ha parlato della distruzione di Gaza ed anche degli ostaggi israeliani, brutalmente rapiti il 7 ottobre. “C’è un percorso diverso, una soluzione politica, senza supremazia etnica, con diritti nazionali per entrambi i nostri popoli”, ha detto. Diversi giorni dopo il discorso di Avraham agli Oscar, la Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (Pacbi) ha rilasciato una dichiarazione in cui condannava il documentario per aver violato le “linee guida anti-normalizzazione” del movimento. Di diverso parere invece il capo del consiglio comunale del villaggio palestinese di Susya che ha ringraziato l’appoggio degli attivisti, anche israeliani. Il documentario, nonostante l’Oscar, non ha ancora trovato un distributore in America.

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