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Trump giura: una nuova età dell’oro per l’America

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Donald Trump giura a mezzogiorno come 47esimo presidente degli Stati Uniti nella Rotonda del Capitol in una giornata gelida come i volti solo apparentemente sorridenti dei suoi predecessori, ma luminosa come la “nuova età dell’oro” che promette nel suo discorso di insediamento. Un intervento di venti minuti (contro i 18 della prima volta, quella del “carnage americano”), interrotto più volte da applausi e ovazioni, in cui – ricordando il fallito attentato – ripete di essere stato “salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”.

Quindi elenca tutte le priorità del suo secondo mandato, da realizzare in gran parte con il centinaio di ordini esecutivi pronti per la firma nel ‘day one’ sul resolute desk dello Studio Ovale: dalla “espulsione di milioni e milioni” di clandestini con la proclamazione dell’emergenza al confine col Messico alla bandiera Usa da piantare su Marte, dalla ripresa del Canale di Panama al cambio di nome del Golfo del Messico in Golfo d’America, dal riconoscimento di due soli generi (maschile e femminile) all’abolizione dello Ius soli e alla fine della strumentalizzazione politica della giustizia. E strappazza Joe Biden, che con Jill lo aveva ospitato poco prima insieme a Melania alla Casa Bianca per la tradizionale cerimonia del tè, tra sorrisi e strette di mano. Il tycoon traccia infatti subito una linea netta col passato, affermando che “il declino del Paese è finito e da oggi comincia una nuova età dell’oro per invertire completamente tutti questi numerosi tradimenti e restituire al popolo la sua fede, la sua democrazia e la sua libertà”.

Basta “con l’élite estremista corrotta”, promette. Metà dei suoi primi provvedimenti sono una spallata all’eredità del suo predecessore, come la nuova uscita dall’accordo di Parigi sul clima, la dichiarazione di un’emergenza energetica per produrre più combustibile all’insegna del “drill, baby, drill”, l’abolizione del mandato per produrre più auto elettriche. Con buona pace di Elon Musk, che però avrà modo di rifarsi con altri lucrosi appalti statali. Resta la minaccia dei dazi, anche se forse non scatteranno subito. La battaglia tra i due presidenti ha anche il colpo di coda di altre grazie preventive concesse da Biden ai propri familiari, al generale Mark Milley, all’immunologo Anthony Fauci e a tutti i membri della commissione parlamentare sull’assalto al Capitol, compresa l’ex deputata repubblicana Liz Cheney, la bestia nera del tycoon.

Tutte persone “colpevoli di reati molto gravi”, denuncia The Donald. La lunga giornata di Trump comincia con una funzione religiosa nella chiesa di St John. Quindi il tè con Melania alla Casa Bianca, dove Biden gli lascia una lettera nello Studio Ovale, come da tradizione. “Welcome home”, li accoglie tra sorrisi tirati. I due vanno insieme a Capitol Hill nella Beast, la limousine blindata presidenziale, preceduti dalle first lady uscente ed entrante. Nel frattempo la Rotonda, che ha sostituito all’ultimo momento la gradinata esterna del Campidoglio per il gelo artico, accoglie i suoi 600 ospiti, in una sorta anche di passerella di alta moda: dal vestito blu made in Usa con cappello a larga tesa di Melania al verde bosco di Ivanka e al rosa di Usha Vance.

In prima fila i tre uomini più ricchi del mondo, Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, insieme ai ceo di Google, Apple e TikTok: la nuova oligarchia tech denunciata recentemente da Biden. Quindi gli ospiti stranieri, tra cui spiccano la premier Giorgia Meloni (unica leader europea presente), il presidente argentino Javier Milei e il vicepresidente cinese Han Zheng. Presenti gli ex presidenti con le mogli, a parte Michelle: i Bush, i Clinton, Obama e, dopo mezzogiorno, anche i Biden. Tutti con espressioni spaesate o spazientite, immagini dell’America del passato che non c’è più. Quando entra Trump, dando un falso bacio alla moglie, è un’ovazione, ma è solo il preludio del bagno di folla del pomeriggio tra i suoi 20 mila fan alla Capital One Arena per la mini parata. Poi via verso lo Studio Ovale per firmare la raffica di ordini esecutivi prima dei tre balli inaugurali della serata.

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La Francia consegna a Kiev i primi caccia Mirage 2000

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La Francia ha consegnato i primi caccia Mirage 2000 all’Ucraina: lo fa sapere il governo di Parigi. Il Mirage 2000 sarà il secondo caccia di fabbricazione occidentale ad entrare nelle forze armate di Kiev dopo l’F-16. Il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ha annunciato nei mesi scorsi su X che i Mirage 2000 per l’Ucraina saranno equipaggiati con sistemi elettronici di autodifesa e subiranno modifiche specifiche che consentiranno loro di condurre missioni aria-terra.

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Santorini e il rischio sismico: cosa sta accadendo sull’isola?

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Migliaia di persone stanno abbandonando le loro case per paura dei terremoti che da giorni scuotono l’isola greca di Santorini, conosciuta nell’antichità come Thera. La domanda sorge spontanea: c’è un rischio imminente di eruzione?

Secondo gli esperti, per il momento non ci sono segnali evidenti di un’imminente attività vulcanica, ma la zona rimane geologicamente molto attiva e qualsiasi sviluppo va monitorato con attenzione.

Lo sciame sismico e la struttura tettonica

L’attuale sciame sismico si sta concentrando a Nord-Est dell’isola, nella zona del bacino di Anhydros, un’area geologicamente complessa che si estende fino all’isola di Amorgos. Si tratta di un’area caratterizzata da importanti faglie tettoniche, già responsabili in passato di terremoti di forte intensità, come quello del 1956, stimato tra 7.2 e 7.8 di magnitudo Richter.

Sebbene la presenza di fluidi profondi possa influenzare l’attività sismica, la posizione degli eventi fa ritenere che l’origine sia principalmente tettonica, piuttosto che vulcanica.

Il vulcano di Santorini: storia e pericoli

La storia geologica di Santorini è segnata da un evento catastrofico: l’eruzione del 1650 a.C., una delle più violente della storia umana. L’intera isola esplose, svuotando la sua camera magmatica dopo giorni di forti terremoti. Gli abitanti riuscirono quasi tutti a mettersi in salvo, ma la città di Akrotiri fu completamente sepolta sotto strati di cenere vulcanica, diventando una sorta di Pompei dell’Età del Bronzo.

L’eruzione provocò uno tsunami che colpì duramente anche Creta, contribuendo, secondo alcune teorie, al declino della civiltà minoica. Le ceneri di quella devastante esplosione arrivarono fino in Egitto, influenzando miti e leggende, e forse persino il racconto biblico delle piaghe d’Egitto.

Il rischio attuale: terremoti e costruzioni antisismiche

Attualmente, non ci sono prove che il vulcano di Santorini sia prossimo a una nuova eruzione. Le autorità monitorano parametri fondamentali come:

  • Temperatura e composizione delle fumarole
  • Rigonfiamento del suolo
  • Attività sismica profonda

Se il vulcano dovesse dare segni di risveglio, i sistemi di sorveglianza permetterebbero di prevedere con anticipo un’eventuale eruzione. Tuttavia, è impossibile escludere completamente la possibilità di una sua riattivazione in futuro.

Il vero pericolo, al momento, è l’edilizia. In caso di terremoti di forte intensità, non è il sisma in sé a uccidere, ma il crollo di edifici costruiti senza criteri antisismici. Con l’aumento del turismo negli ultimi decenni, si teme che alcune costruzioni possano non essere state realizzate secondo standard di sicurezza adeguati.

Conclusione: nessun allarme, ma massima attenzione

Al momento non c’è un pericolo immediato di eruzione, ma Santorini rimane una zona ad altissimo rischio sismico e vulcanico.

Le autorità stanno valutando eventuali evacuazioni come misura precauzionale, ma se le costruzioni fossero state realizzate seguendo le giuste norme, oggi non ci sarebbe alcun bisogno di fuggire.

La Terra è in continuo movimento e Santorini è uno dei luoghi dove la geodinamica si manifesta più chiaramente. Resta da vedere se, nei prossimi giorni, lo sciame sismico si attenuerà o se sarà il segnale di una nuova fase di attività del vulcano.

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Ue valuta di colpire le Big Tech in caso di dazi Usa

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Colpire al cuore le Big Tech americane, usando uno strumento che, non a caso, era stato pensato durante il primo mandato di Donald Trump. E’ questo il “bazooka” al quale starebbe pensando la Commissione Ue nel caso il presidente americano concretizzasse la sua minaccia sui dazi. A rivelarlo al Financial Times sono stati due funzionari Ue vicini al dossier precisando un dato abbastanza evidente nei corridoi delle istituzioni comunitarie: al momento qualsiasi tipo di ritorsione è affidata al campo delle ipotesi. Nella Direzione Trade di Palazzo Berlaymont, l’aria è, per usare un eufemismo, caldissima.

In attesa di Trump sul tavolo dei funzionari comunitari ci sono più modelli teoricamente percorribili, a seconda di quanta forza Bruxelles voglia imprimere alla sua risposta. In questo quadro, una ritorsione contro le Big Tech sarebbe certamente una replica ferma e netta alla guerra dei dazi di Trump. Anzi, la sola circolazione delle possibili ritorsioni di Bruxelles, nella strategia della Commissione, potrebbe essere già un anticipo della trattativa che verrà. L’appiglio giuridico per colpire le Big Tech sarebbe in questo senso lo Strumento Anti-Coercizione (Aci), varato dalla Commissione ben oltre quattro anni fa – nel pieno della guerra commerciale con gli Usa di Trump – ma entrato in vigore solo alla fine del dicembre 2023.

Lo strumento offre alla Commissione un’ampia gamma di possibili contromisure quando un Paese si rifiuta di eliminare la coercizione. Queste includono l’imposizione di tariffe, restrizioni al commercio di servizi e agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio, nonché restrizioni all’accesso agli investimenti diretti esteri e agli appalti pubblici. L’obiettivo è limitare e combattere la coercizione economica con finalità politiche di Paesi terzi. Anche per questo, negli anni di Joe Biden alla Casa Bianca, l’Aci è stato usato come deterrente nei confronti della Cina e non degli Usa.

Ursula von der Leyen, in ogni caso, non ha nessuna intenzione di chiudere le porte al dialogo con Trump. Un dialogo che, tuttavia, ad oggi resta assente. I contatti tra Bruxelles e Washington stentano a decollare, all’orizzonte non si intravede alcun incontro tra i vertici Ue e il presidente americano. Di certo, in Europa accanto alla prudenza d’ordinanza si sta facendo spazio l’intenzione di fare di tutto per farsi rispettare. Anche perché la linea della Commissione è che l’economia europea e quella americana “si completano molto bene” e non c’è un alcun atteggiamento iniquo da parte dell’Ue. Stando ai dati del 2023 sul fronte del beni l’Ue ha incassato un surplus di quasi 156 miliardi di euro rispetto agli Usa, mentre nei servizi gli Stati Uniti hanno avuto un surplus di 104 miliardi. Complessivamente (beni e servizi) il surplus a favore di Bruxelles è stato di quasi 52 miliardi di euro, ha puntualizzato Palazzo Berlaymont.

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