Donald Trump ha firmato l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act – la legge approvata dal Congresso a favore delle proteste in corso da oltre 5 mesi nell’ex colonia – mandando su tutte le furie la Cina che, a stretto giro, ha convocato per la seconda volta in settimana l’ambasciatore americano e minacciato imprecisate ritorsioni. Con i colloqui sulla pax commerciale in bilico, il dipartimento di Stato americano e’ ora tenuto a verificare se Hong Kong abbia sufficiente autonomia dalla Cina per conservare lo status di partner speciale degli Stati Uniti. Qualsiasi cambiamento potrebbe essere un pesante colpo alla Cina, che ha beneficiato dell’ex colonia britannica come porta d’accesso ai mercati finanziari globali. Le norme contenute nella legge consentono anche di sanzionare le persone ritenute responsabili di violare i diritti umani. Sempre mercoledi’ sera, Trump ha inoltre siglato un altro testo varato dal Congresso in forma bipartisan che vieta l’export di lacrimogeni e munizioni di gomma alla polizia locale. Il tycoon ha spiegato in una dichiarazione di aver firmato “nel rispetto” sia del presidente cinese Xi Jinping sia del popolo di Hong Kong. “I due atti sono stati promulgati nella speranza che leader e rappresentanti di Cina e Hong Kong saranno in grado di risolvere amichevolmente le loro differenze, portando a una pace e ad una prosperita’ a lungo termine per tutti”, ha auspicato Trump, usando termini ed espressioni dal punto di vista di Pechino non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. La Cina ha cercato in ogni modo di scongiurare il Democracy Act ripetendo con stizza che le vicende di Hong Kong sono “affari interni” e minacciando “forti contromisure”. Il ministero degli Esteri ha espresso “forte opposizione” per una legge accusata di essere “chiaramente egemonica” e che punta a demolire la stabilita’ di Hong Kong e “il grande ammodernamento della nazione cinese. Esortiamo gli Stati Uniti a non continuare a seguire la strada sbagliata, altrimenti la Cina prendera’ contromisure e gli americani dovranno sopportarne tutte le conseguenze”. La controffensiva cinese e’ proseguita per tutta la giornata. L’ambasciatore Usa Terry Branstad e’ stato convocato al ministero degli Esteri, dove il vice ministro Le Yucheng gli ha consegnato una “dura protesta” chiedendogli la fine di interferenze e atti che “danneggino ulteriormente i rapporti bilaterali”. Il portavoce dello stesso ministero, Geng Shuang, si e’ spinto oltre ipotizzando problemi nella cooperazione con la Cina “in aree importanti”. A Hong Kong il governo locale ha manifestato “profondo rammarico” per la mossa di Trump, giudicando il pacchetto “un segnale sbagliato ai manifestanti” e “privo di fondamento”. Mentre in serata oltre centomila persone, secondo gli organizzatori, hanno festeggiato il Democracy Act al raduno di Edinburgh Place, molti con la bandiera americana in pugno. A Central, al sit-in anti governativo della pausa pranzo, e’ apparso il fotomontaggio di Trump nei panni di Rocky Balboa, postato ieri dal tycoon su Twitter. Joshua Wong, ex leader del movimento degli ombrelli del 2014 e tra gli attivisti che piu’ si sono spesi per il Democracy Act, ha notato che il coraggio e la determinazione a lottare per la liberta’ e la democrazia hanno incoraggiato il presidente americano a schierarsi con la citta’. In collegamento video con il Senato a Roma, Wong ha chiesto piu’ impegno all’Italia, denunciando il fatto che “ci sono anche aziende italiane che contribuiscono” alla repressione della polizia locale fornendo loro “mezzi, tra cui autovetture”. La battaglia politica a Hong Kong e’ destinata a inasprirsi dopo la schiacciante vittoria di domenica dei democratici, capaci di conquistare 388 seggi su 452. Le vie d’uscita per Pechino e il presidente Xi diventeranno sempre piu’ strette.