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Trump attacca la Cina: pagherà se non è stato un errore

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“Se la Cina si e’ resa intenzionalmente responsabile della diffusione del virus dovrebbe pagarne le conseguenze. Se invece e’ stato un errore e’ diverso”. Donald Trump minaccia Pechino, dopo averla accusata di nascondere i dati e di avere un bilancio reale di vittime ben piu’ alto di quello record degli Usa, che stanno raggiungendo i 40 mila morti ma gia’ tornano ad affollare le spiagge riaperte dalla Florida. Ora, ha spiegato il presidente nel suo ultimo briefing, si tratta di capire “se e’ stato un errore finito fuori controllo o se lo hanno fatto deliberatamente. C’e’ una grande differenza tra le due cose ma in ogni caso devono lasciarci indagare. Io l’ho chiesto subito ma loro non hanno voluto, penso che fossero imbarazzati”, ha osservato lasciando aperto il sospetto non solo di un incidente di laboratorio ma anche di una mossa voluta, mentre l’intelligence Usa continua le sue indagini. Il laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan, la citta’ cinese dove si e’ propagato il coronavirus, ha negato immediatamente: “E’ impossibile, nessuno dei ricercatori si e’ infettato”, ha ribadito il direttore Yuan Zhiming. Scienziati cinesi hanno affermato che il virus e’ passato probabilmente da un animale agli umani in un mercato di Wuhan che vendeva animali selvatici, ma l’esistenza del vicino laboratorio ha gettato un’ombra su questa versione. Anche l’Australia intanto ha messo in dubbio la trasparenza di Pechino nella gestione dell’epidemia e ha chiesto un’indagine internazionale sull’origine del virus e la sua diffusione nel mondo. “Penso sia importante e noi insisteremo assolutamente su questo”, ha assicurato la ministra degli Esteri australiana Marise Payne in un’intervista alla Abc. Gli ha fatto eco il senatore americano David Hawley, repubblicano, che ha proposto una commissione internazionale guidata dagli Usa e ha chiesto che ai famigliari delle vittime di Covid-19 sia consentito di fare causa al governo cinese, mentre gia’ si profilano le prime class action da parte di imprese statunitensi per i danni subiti. Nei giorni scorsi pure il presidente francese Emmanuel Macron ha sollevato dubbi, sostenendo che nella gestione del virus in Cina “sono successe cose che non sappiamo”. In realta’ Trump continua a lanciare messaggi ambigui e spesso contraddittori sulla Cina, di cui ha ripetutamente apprezzato la gestione dell’emergenza. I repubblicani hanno una strategia molto chiara: distogliere l’attenzione dalla risposta dell’amministrazione, pesantemente criticata per i suoi ritardi e le sue inefficienze, e scaricare la colpa su Pechino. Il tycoon evita pero’ di infierire per vari motivi: la dipendenza dalla Cina per la fornitura di materiale medico cruciale nell’emergenza coronavirus, l’instabilita’ dei mercati e soprattutto i negoziati commerciali, sfociati per ora in un accordo che impegna Pechino ad acquistare 250 miliardi l’anno di prodotti americani, di cui una cinquantina dagli agricoltori, zoccolo dura della sua base elettorale. Non e’ un caso che dopo una telefonata con Xi, il tycoon non parli piu’ di “virus cinese”. Ma il Grand Old Party ha gia’ lanciato la crociata contro la Cina. Sulla Fox imperversano parlamentari repubblicani e ideologi come Steve Bannon, i super Pac elettorali inondano le tv con spot mirati, i candidati fanno a gara a chi e’ piu’ duro con Pechino, mentre i dirigenti del partito cavalcano i sondaggi sulla crescente sfiducia degli americani nella trasparenza del Dragone. Trump per ora si limita ad assecondarli con prudenza, anche twittando che Pechino sogna di avere come presidente “l’addormentato Joe” Biden, gia’ dipinto dalla propaganda repubblicana come filo cinese. Intanto da New York arriva una notizia positiva: “E’ iniziata la fase discendente”, ha annunciato il governatore dello Stato Andrew Cuomo, avvisando pero’ che “la strada e’ ancora lunga”.

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Musk rifiuta di eliminare da X video dell’attacco a Sidney

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Elon Musk ha reagito all’ordine di un tribunale australiano di eliminare da X i video dell’attacco nella chiesa di Sidney dopo che il commissario per la eSafety dell’Australia ha chiesto un’ingiunzione. Il miliardario patron di Tesla ha risposto con un post sulla sua piattaforma accusando il premier Anthony Albanese di “censura”. “La nostra preoccupazione è che se qualsiasi Paese è autorizzato a censurare i contenuti di tutti i paesi, allora cosa impedirà a qualsiasi paese di controllare Internet?”

Musk ha detto che X farà appello contro l’ingiunzione australiana. “Abbiamo già censurato il contenuto in questione per l’Australia, in attesa di ricorso legale, ed è archiviato solo su server negli Stati Uniti”, ha aggiunto. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha affermato che Musk è cieco di fronte all’angoscia causata dai video. “Faremo ciò che è necessario per affrontare questo miliardario arrogante che pensa di essere al di sopra della legge, ma anche al di sopra della comune decenza”, ha detto Albanese all’emittente pubblica Abc. “L’idea che qualcuno vada in tribunale per il diritto di pubblicare contenuti violenti su una piattaforma mostra quanto il signor Musk sia fuori dal mondo”, ha aggiunto.

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L’ambientalista indigeno Victorio Dariquebe assassinato nell’Amazzonia peruviana

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Un ambientalista indigeno, Victorio Dariquebe, è stato assassinato in una comunità amazzonica del Perù sudorientale dove lavorava come guardia forestale: lo riferiscono le autorità locali. L’uomo, dell’etnia Harakbut-Wachiperi, è stato aggredito nei pressi della riserva naturale di Amarakaeri, nella provincia di Manú.

“Riaffermiamo il nostro impegno affinché questo crimine non rimanga impunito e i responsabili siano individuati e ricevano tutto il peso della legge”, ha affermato il governo peruviano in una dichiarazione firmata da diversi ministeri. L’ambientalista “ha fatto un ottimo lavoro nella conservazione della riserva di Amarakaeri”, ha sottolineato l’Associazione interetnica della giungla peruviana (Aidesep) in un comunicato sui social, secondo cui Dariquebe “aveva ricevuto minacce”.

I popoli originari del Perù combattono l’estrazione illegale e si oppongono a una recente legge approvata dal Congresso che, a loro avviso, incoraggia la deforestazione. Secondo l’ong Global Witness, dal 2012 nel Paese sono stati uccisi almeno 54 difensori delle terre e dell’ambiente, di cui più della metà appartenevano a popolazioni indigene.

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Ucraina, Copenaghen: daremo a Kiev tutti gli F-16 concordati

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La Danimarca invierà all’Ucraina tutti gli aerei da caccia F-16 concordati in precedenza dai leader dei due paesi, ha detto l’ambasciatore danese Ole Egberg Mikkelsen. Parlando con l’emittente ucraina Liga, Mikkelsen ha detto che i jet saranno sicuramente consegnati a Kiev e che si tratta dell’intera flotta di F-16 della Danimarca, che ora è in fase di dismissione. Mikkelsen non ha tuttavia specificato il numero esatto di caccia che saranno inviati all’Ucraina. L’ambasciatore ha spiegato che la Danimarca sta dismettendo la sua flotta perché Copenaghen riceverà presto una nuova generazione di aerei, gli F-35.

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