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Cronache

Trovati 11 telefonini e droga nel carcere di Taranto

Durante una perquisizione straordinaria in una sezione del carcere di Taranto, sono stati trovati 11 telefoni cellulari, 100 grammi di hashish e schede telefoniche. Il Sappe denuncia la grave situazione di sovraffollamento e la necessità di rafforzare l’organico.

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Un’importante operazione di perquisizione straordinaria è stata effettuata in una sezione del carcere di Taranto, dove si trovano detenuti ad alta sicurezza. Durante l’ispezione, che ha visto l’impiego di personale proveniente da altre carceri pugliesi, sono stati trovati 11 telefoni cellulari, circa 100 grammi di hashish, 8 schede telefoniche, nonché batterie e caricabatterie. Il Sappe, sindacato della Polizia Penitenziaria, ha comunicato la notizia, sottolineando l’importanza di questo sequestro come una dimostrazione che lo Stato, se vuole, è in grado di controllare il carcere e combattere il malaffare.

La situazione critica del carcere di Taranto

Secondo il Sappe, sebbene il sequestro sia stato un successo, questo tipo di operazione straordinaria avviene solo in situazioni eccezionali, poiché la condizione ordinaria del carcere è segnata da un forte sovraffollamento e dalla mancanza di risorse adeguate. Il sindacato sottolinea che attualmente il carcere di Taranto ospita quasi 1000 detenuti a fronte di meno di 500 posti disponibili, situazione che aggrava la sicurezza interna e favorisce il proliferare di attività illegali.

La richiesta di interventi urgenti

Il Sappe ha richiesto con urgenza l’aumento dell’organico del personale di Polizia Penitenziaria, indicando la necessità di almeno 200 nuove unità per garantire il corretto funzionamento della struttura e la sicurezza. In alternativa, il sindacato propone uno sfollamento di almeno 250 detenuti verso altre strutture in regioni con meno problemi di sovraffollamento. La carenza di personale, secondo il Sappe, ha portato a un abbassamento significativo della sicurezza, lasciando gli agenti con compiti gravosi e rischiosi.

Conclusioni e appello alle istituzioni

Il Sappe ha infine presentato un esposto alla magistratura, denunciando le gravi condizioni di sovraffollamento e la mancata crescita dell’organico della Polizia Penitenziaria. Il sindacato esprime preoccupazione per la sicurezza del personale e dei detenuti, sottolineando che la situazione carceraria a Taranto è “come un uovo, completamente riempita” senza che vi sia stato un adeguato rafforzamento delle forze di sicurezza. L’appello del Sappe è chiaro: è necessaria una riforma urgente per evitare che il carcere continui a essere un ambiente di insicurezza e illegalità.

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Arresti per alleanza mafie, Cassazione dà ragione a pm Milano

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Tre indagati, tra cui Gioacchino Amico, nella maxi inchiesta “Hydra” della Dda di Milano, con al centro un’alleanza tra presunti affiliati delle tre mafie, Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta, in Lombardia, sono stati arrestati oggi dai carabinieri del Nucleo investigativo, dopo che la Cassazione ha respinto i loro ricorsi al Riesame che lo scorso ottobre aveva accolto l’impianto accusatorio della pm Alessandra Cerreti e della Procura guidata da Marcello Viola.

Una decisione del Riesame che era arrivata dopo che il gip Tommaso Perna, invece, nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti e bocciando l’accusa di associazione mafiosa come “consorzio” delle tre mafie, ribattezzato dai pm “sistema mafioso lombardo”. Dopo la prima, che si è tenuta ieri, di una lunga serie di udienze in Cassazione che si svolgeranno a scaglioni fino a metà febbraio su una quarantina di posizioni, ossia sugli indagati per cui il Riesame ha disposto la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, oggi è stato eseguito il provvedimento di rigetto dei tre ricorsi e di carcerazione.

Ed è stato arrestato Gioacchino Amico, presunto vertice della “struttura unitaria” lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese. Arrestato anche Pietro Mannino, presunto esponente per Cosa Nostra, e a Vincenzo Senese, già detenuto per altri fatti, l’ordinanza è stata notificata in carcere. Dal dispositivo di rigetto dei primi tre ricorsi vagliati dalla Cassazione, e in attesa delle motivazioni, si può, comunque, dire che la Suprema Corte ha accolto la linea del Riesame sull’alleanza tra esponenti delle tre mafie. E ciò dopo che il caso “Hydra” aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti.

Il Riesame, lo scorso ottobre, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, ha disposto la custodia cautelare per 41 indagati, tra cui Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni e che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro, che era suo cugino da parte di madre e morto nel 2023.

Per Parrino l’udienza in Cassazione è fissata per la prossima settimana e per tutte le altre posizioni ci saranno udienze fino a metà febbraio. Nel frattempo, gli indagati restano liberi, ma questa decisione di rigetto dei primi tre ricorsi delle difese pare andare verso l’accoglimento delle motivazioni del Riesame sugli arresti da eseguire. Per i giudici, che ad ottobre hanno accolto il ricorso della Dda, in Lombardia negli ultimi anni è esistita, sia dal punto di vista ‘militare’ con le attività più classiche, come estorsioni e traffici di droga, sia con le infiltrazioni finanziarie, una nuova e unica associazione mafiosa composta da presunti affiliati alle tre mafie, con una sorta di patto per affari in comune.

Avrebbero “trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni di appartenenza”. Per il Riesame devono andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra, e Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta. Per sei posizioni le misure cautelari erano state respinte anche dal Riesame per assenza di gravi indizi, mentre le restanti, ossia 32 in tutto, non sono state accolte solo per mancanza delle esigenze cautelari, con conferma, comunque, dei gravi indizi.

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Ucciso dopo una lite a Castel Volturno, padre e figlio condannati

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Pene elevate sono stati inflitte dalla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio del 38enne Luigi Izzo, ucciso a coltellate nella notte tra il 5 ed il 6 novembre 2022 a Castel Volturno (Caserta) nel vialetto di casa, sotto gli occhi della moglie. I giudici hanno condannato all’ergastolo Alessandro Moniello e a 24 anni il figlio di quest’ultimo, Roberto, al quale sono state concesse le attenuanti generiche; per entrambi è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi mentre è caduta la premeditazione.

Durante l’udienza, alla quale era presente anche il sindaco di Castel Volturno Pasquale Marrandino, ci sono stati momenti di tensione tra i parenti della vittima e gli imputati e i loro difensori, con quest’ultimi “scortati” fuori dall’aula dai carabinieri. La sentenza ha dunque riconosciuto la futilità del movente che portò all’omicidio di Izzo, barbiere di professione e padre di tre figli; il delitto sconvolse Castel Volturno, con tanta gente che partecipò ai funerali del 38enne. All’origine del delitto una lite avvenuta all’esterno di un bar della Domiziana tra il fratello di Izzo e Roberto Moniello; il 38enne barbiere avrebbe fatto da paciere, offrendosi di ripagare gli occhiali di Moniello che si erano rotti, ma ciò non è bastato e Izzo è stato raggiunto mentre tornava a casa con la moglie e la suocera, aggredito da Moniello e dal padre.

Questi ultimi durante il processo hanno sostenuto che l’aggressione a Luigi Izzo sarebbe stata frutto di un errore, visto loro volevano raggiungere il fratello di Izzo. Ad accoltellare il barbiere, appena sceso dall’auto per aprire il cancello di casa, è stato Alessandro Moniello, con il figlio Roberto che teneva ferma la vittima e incitava il padre, e che avrebbe poi partecipato attivamente, come sostenuto dalla Procura sulla base di una perizia, che parla di due coltelli usati (ma ne è stato trovato solo uno); il tutto sotto gli occhi della moglie di Izzo, Federica Sautto, che in aula, quando venne a testimoniare, raccontò che le ultime parole che avrebbe sentito pronunciare al marito furono: “Cosa volete da me?”. Oggi, la moglie di Izzo era presente. “Luigi non tornerà ma abbiamo vinto” ha detto dopo la lettura del dispositivo. Ad incastrare padre e figlio imputati anche un video estrapolato dalle telecamere di sorveglianza dei vicini di Izzo.

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Guerriglia urbana a Napoli, il Prefetto parla di “atti senza unica regia”. Borrelli: attacco allo Stato

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Quanto accaduto la scorsa notte sono fatti “ingiustificabili e condannabili senza se e senza ma”. Lo ha detto il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che oggi ha convocato un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sul danneggiamento di tre auto dei carabinieri, avvenuto a Napoli, da parte di alcuni ragazzi che avevano accesso i falò per ricorrenza di Sant’Antonio Abate. Ai carabinieri e ai vigili del fuoco il prefetto ha espresso “piena solidarietà”.

I falò sono stati accesi anche con un giorno di anticipo rispetto a quanto avviene di consueto. Nel corso del comitato è stato anche sentito il deputato dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, che sui social ha segnalato quanto avvenuto ed ha parlato invece di regia criminale comune, di attacco frontale allo Stato e di presenza tra le baby gang di figli di camorristi ben conosciuti.

Da un’analisi attenta, fanno sapere invece dalla Prefettura di Napoli, si è evidenziato che si tratterebbe di singoli episodi, non per nulla collegati tra loro. Insomma che non avrebbero un’unica regia nè definibili come atti di guerriglia urbana. Al tavolo è stato evidenziato anche il notevole lavoro svolto dalle forze dell’ordine – polizia di stato, carabinieri, Gdf e polizia locale – che ha portato al sequestro di oltre trenta tonnellate di legname che era stato messo da parte per accendere i falò nella notte di Sant’Antonio, secondo una antica tradizione popolare. Gli agenti della polizia locale stanno in queste ore monitorando, in particolar modo, alcune aree della città.

 

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