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Cultura

Treccani, ‘Supercazzola’ conquista il linguaggio della politica

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Supercazzola, l’invenzione lessicale nata nel film di Mario Monicelli Amici miei del 1975 per indicare una ‘frase priva di senso pronunciata con convinzione al fine di confondere l’interlocutore’, conquista il linguaggio della politica. Potrà essere considerata dai puristi parola non adatta alle aule parlamentari, ma è diventata ormai celebre e di uso frequente anche in politica. A riconoscerle valore lessicale è ora il Vocabolario Treccani della Lingua italiana on line, con una voce del linguista Michele A. Cortelazzo, accademico ordinario della Crusca e collaboratore dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, nella rubrica Le parole della neopolitica, ospitata su Treccani.it.

“Non so cosa capiranno gli storici del futuro – si chiede Cortellazzo – quando cercheranno di interpretare la replica del senatore Matteo Renzi alla risposta del nuovo ministro della cultura Alessandro Giuli nel suo primo Question time del 10 ottobre 2024, secondo il quale “il punto politico […] è che sì, sicuramente, è stata ‘prematurata con scappellamento a destra come fosse antani’ la risposta monicelliana del ministro, ma il punto chiave è che lei non ha dato una risposta di politica culturale”, citando il noto tormentone di Amici miei. Renzi stesso però è stato ripetutamente vittima della supercazzola. ll 24 febbraio 2014 l’allora Presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni commentando il suo discorso programmatico di governo aveva dichiarato che “finora, in confronto al discorso di Renzi, la supercazzola del conte Mascetti era un serio programma di governo…”.

Matteo Salvini il 30 luglio 2020, intervenendo nel dibattito sull’autorizzazione a procedere nei suoi confronti, aveva dichiarato di preferire “”l bel tacer del MoVimento 5 Stelle alle gratuite supercazzole di Renzi e compagnia”, subendo in questo caso un rimbrotto dall’allora Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati: “la terminologia ‘supercazzola’, forse, è meglio tenerla da parte. Ci sono dei sinonimi più appropriati a questa Aula”. E, da una posizione opposta, anche Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione Comunista, il 18 luglio 2022 aveva giudicato una presa di posizione di Renzi sul problema dei profughi come “un’altra ‘supercazzola con scappellamento a destra’ per dirla con il celebre film del nostro compagno Mario Monicelli”. Insomma, secondo Cortelazzo grazie ai vocabolari l’allusione al film di Monicelli sarà palese anche in futuro.

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Nocera torna a Napoli: la festa degli amici per il compleanno e il nuovo atelier in Piazza Vanvitelli

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Napoli accoglie con entusiasmo il ritorno di Antonio Nocera, artista visionario di fama internazionale, che ha scelto di celebrare il suo rientro nella città partenopea con un vernissage intimo e suggestivo. L’evento, organizzato nel giorno del suo compleanno, ha visto la partecipazione di amici, colleghi e appassionati d’arte nei saloni del nuovo studio atelier in piazza Vanvitelli, uno dei luoghi più iconici e affascinanti di Napoli.

L’arte di Antonio Nocera: tra fiabe e riflessioni

Nocera, originario di Caivano, estrema periferia nord di Napoli, che ha mosso i suoi primi passi d’artista proprio al Vomero, è tornato alle sue radici, portando con sé un universo di opere che raccontano storie senza tempo. Pinocchio, Pulcinella, Cappuccetto Rosso, il Gatto con gli stivali, i libri d’acqua, i Vangeli sono solo alcuni dei temi che l’artista esplora con maestria attraverso pitture, sculture e installazioni. Le sue creazioni uniscono tradizione e innovazione, materiali diversi e tecniche moderne, trasmettendo sempre un potente messaggio sociale sotto la apparente leggerezza dei suoi personaggi fiabeschi.

Un evento esclusivo per celebrare il Maestro

Tra i presenti al vernissage, spiccano nomi di rilievo come l’assessore regionale alla Formazione professionale Armida Filippelli, Domenico Semplice, project manager di RFI, Diego Cardillo Ceo di Poste Tributi Società del Gruppo Poste Italiane Spa, Angela Zampella, prorettore dell’Università Federico II, Giovanni Perillo, professore di Ingegneria dell’Università Partenope, gli industriali Lino De Michele e Antonio De Michele con la moglie Marta, il manager della Kiton Spa Lucio e Virginia Nigro, i magistrati Nicola Graziano, Valentina Semplice, Alessandra Zingales, gli avvocati Pia Fierro, Angelo e Sergio Pisani, la giornalista Mediaset Anna Maria Chiariello, il professor Vito Lupo con sua moglie Margherita Caccioppoli e tanti altri.

La serata è stata arricchita dalle prelibatezze culinarie dello chef Salvatore Piccirillo della celebre pizzeria Masardona, che ha reso omaggio al talento di Nocera con piatti d’eccezione.

Un ritorno carico di significato

Il ritorno di Antonio Nocera a Napoli rappresenta molto più di un evento artistico. È un momento che unisce la bellezza dell’arte alla riflessione sulla condizione umana. La sua visione poetica e sociale, che emerge con forza dai suoi personaggi e dalle sue opere, è pronta a lasciare un’impronta indelebile nella città che lo ha visto nascere artisticamente.

Nella foto di copertina il Maestro Antonio Nocera con l’assessore regionale Armida Filippelli

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Cultura

Dal razzismo all’anoressia, le provocazioni di Toscani

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In sessant’anni di carriera ha parlato di razzismo, religione, sesso, fame, pena di morte, guerra, anoressia, violenza. Le fotografie, usate come armi di denuncia, sono sempre state più forti di qualsiasi slogan. “Bacio tra prete e suora” del 1999, “Tre Cuori White/Black/Yellow” del 1996, “No-Anorexia” del 2007 con la modella Isabelle Caro, 31 chili, morta pochi anni dopo. E poi tanti scatti per il mondo della moda, come il celebre primo piano del sedere di Donna Jordan con la scritta “Chi mi ama mi segua” per la campagna di Jesus Jeans del 1973, che gli fece conquistare il primo grande scandalo ma anche la fama internazionale. Oliviero Toscani, morto a 82 anni, ha firmato campagne in grado di suscitare dibattito e critiche per crudezza o anticonformismo.

Dopo aver lavorato per riviste del calibro di Vogue, L’uomo, Harper’s Bazaar, negli anni ’80 ha firmato una collaborazione che ha segnato per sempre la sua carriera, quella con Benetton, collaborando con il brand dal 1982 al 2000 e poi dal 2018 all’inizio del 2020. Per Benetton, Toscani ha realizzato tra l’altro, nel 1992, Angelo-Diavolo, incredibile scatto che vede come protagonisti un bimbo bianco con i capelli biondi – simile a un putto – e un bimbo nero con una pettinatura che simula delle piccole corna sulla sua testa a ricordare la figura del diavolo. Il fotografo ha ammesso di aver cercato per anni i soggetti giusti per rappresentare questo forte concetto di contrapposizione, legato al tema del razzismo.

Nel 1992, il soggetto pubblicitario di un’altra campagna per Benetton è stato un omicidio di mafia. Toscani ha più volte provocatoriamente giocato con il contrasto tra bianco e nero, un rimando al tema del razzismo. Senza dimenticare i fotogrammi dello spot choc contro le stragi del sabato sera prodotti da Toscani nel 1997. E ancora i tre cuori umani con le scritte “White”, “Black” e “Yellow”: il tema era il razzismo e l’obiettivo trasmettere all’osservatore il concetto di unione e uguaglianza che contraddistingue senza distinzioni ogni popolo del mondo. Nel 1999, ha scelto una macchia di sangue come logo della campagna mondiale per Benetton a favore del supporto ai rifugiati del Kosovo.

Nel 2018 ha fatto discutere la sua scelta di utilizzare una foto di migranti appena salvati, sbarcati da una nave come immagine di una nuova campagna per la casa di moda: un’operazione squallida, bollò lo scatto Salvini, invitando a boicottare il marchio. Precedentemente aveva suscitato scandalo la serie di scatti, realizzati sempre per Benetton, con protagonisti alcuni condannati a morte negli Stati Uniti: Toscani fu accusato dallo Stato del Missouri di falso fraudolento per averli ritratti con l’inganno, senza specificare cioè il suo scopo. Per il settimanale Donna Moderna, Toscani ha ideato una campagna contro la violenza sulle donne con protagonisti un bambino e una bambina nudi accanto alla scritta “carnefice” e “vittima”.

Nel 2009, banana e pisello erano invece i protagonisti di una campagna contro il bullismo finanziata dalla Provincia di Bolzano nel contesto di una iniziativa contro ogni forma di estremismo. Dibattito e critiche anche per i cartelloni con protagonisti preservativi usati e un neonato. Allo stile anticonvenzionale delle sue fotografie si lega un aneddoto curioso: nel 1965 Toscani era stato chiamato da Vogue per realizzare un ritratto a Carmelo Bene, che arrivò in studio fradicio per un temporale e si mise di fronte alla fotocamera con la giacca tutta storta e la patta dei pantaloni quasi aperta. Un’immagine colta dal fotografo come simbolo di una bellezza alternativa, fuori dagli schemi.

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Cinquanta capolavori di Giorgio Morandi esposti alla David Zwirner Gallery di New York

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Più di cinquanta capolavori di Giorgio Morandi (1890-1964), che attraversano sei decenni della carriera dell’artista e offrono uno sguardo approfondito sulla sua poetica silenziosa e raffinata, potranno essere ammirate a New York, alla David Zwirner Gallery, dal 16 gennaio al 22 febbraio. Curata dalla storica dell’arte Alice Ensabella, la mostra riunisce opere provenienti dalla collezione della Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano (Parma), una delle più importanti dedicate al maestro. Si tratta dell’esposizione maggiore dedicata a Morandi a New York dai tempi della retrospettiva del 2008 al Metropolitan Museum of Art. La collezione della Fondazione è il risultato di una profonda amicizia e collaborazione tra l’artista e il collezionista Luigi Magnani (1906-1984), musicologo e storico dell’arte. Magnani non solo acquisì molte opere direttamente da Morandi, ma ricevette dall’artista anche doni personali, creando un nucleo rappresentativo e unico.

Tra le opere in mostra spiccano l’Autoritratto (1925), uno dei rari autoritratti di Morandi, e la raffinata Natura morta metafisica (1918), testimonianza del periodo metafisico dell’artista. Ed ancora, la Natura morta (Strumenti musicali) (1941), commissionata da Magnani poco dopo il loro primo incontro. Sebbene Morandi non accettasse solitamente richieste su commissione, l’artista fece un’eccezione, come ricorda Magnani: “Me ne andai felice, ma inconsapevole del grande e generoso gesto che Morandi compiva accettando di dipingere il suo primo (e ultimo) quadro su commissione”.

La Fondazione Magnani-Rocca, situata nella Villa dei Capolavori, è una delle più importanti istituzioni culturali italiane e ospita una collezione che include opere di Monet, Renoir, Cézanne, Tiziano, Goya e de Chirico, oltre al nucleo più significativo di lavori di Morandi. L’amicizia tra Luigi Magnani e Giorgio Morandi rappresenta uno dei legami più significativi nella storia dell’arte italiana del Novecento. Iniziata nell’autunno 1940, quando il giovane musicologo e storico dell’arte incontrò per la prima volta l’artista bolognese, questa relazione si trasformò in un dialogo profondo e duraturo, alimentato da un’intesa silenziosa ma autentica.

Morandi, noto per la sua riservatezza e per il carattere schivo, trovò in Magnani un interlocutore sensibile, capace di comprendere pienamente la sua visione artistica e il suo mondo interiore. Questo legame permise a Magnani di raccogliere un nucleo di opere che riflette, con rara completezza, l’evoluzione poetica e tecnica dell’artista: una collezione non solo di dipinti, ma anche di significati e valori condivisi. La stima reciproca si tradusse in gesti di straordinaria unicità: Magnani fu tra i pochissimi a cui Morandi vendette direttamente le sue opere, spesso selezionando con cura dipinti che rappresentassero al meglio ogni fase della sua carriera.

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