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Cronache

Trattativa Stato-mafia, Berlusconi muto davanti ai giudici

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“Presidente, su indicazione dei miei avvocati, intendo avvalermi della facoltà di non rispondere”. Tutto come previsto. Silvio Berlusconi non parla. L’ex premier ha scelto il silenzio al processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia che si celebra davanti alla Corte d’assise d’appello di Palermo. Un’udienza durata meno di due minuti in tutto. Berlusconi, scortatissimo, è entrato in un’aula superblindata, si è seduto, non ha nemmeno declinato le sue generalità, e ha detto che non risponderà alle domande della difesa di Marcello Dell’Utri. Alle 11.19 è entrato nell’aula bunker in cui si celebrò il primo maxiprocesso e alle 11.21 ha già lasciato l’aula ‘astronave’. Prima di entrare in aula i suoi avvocati, Ghedini e Coppi, hanno fatto sapere alla Corte d’assise d’appello che Berlusconi non vuole essere ripreso da fotografi e telecamere. L’udienza, con Berlusconi che aspetta in una sala attigua all’aula bunker, inizia con una richiesta insolita dei legali di Marcello Dell’Utri, che a fine dicembre dovrebbe tornare libero. L’avvocato Francesco Centonze ha chiesto alla Corte d’assise d’appello la proiezione di un video contenente una conferenza stampa fatta da Silvio Berlusconi il 20 aprile 2018, subito dopo la sentenza del processo trattativa tra Stato e mafia. “Chiederemo di visionare il documento audiovisivo che ha per oggetto le dichiarazioni rese alla stampa il 20 aprile 2018 immediatamente dopo la sentenza di primo grado – dice Francesco Centonze – Il video dura pochi minuti e riteniamo che abbia un contenuto rilevante, rappresenta un fatto, ossia l’onorevole Berlusconi il giorno della pronuncia della corte d’assise di Palermo rende delle dichiarazioni e sostiene testualmente che “il governo Berlusconi non ha mai ricevuto nel ’94 e negli anni a seguire nessuna minaccia dalla mafia o dai suoi rappresentanti” e continua rivendicando l’operato dei governo”.

“Ora trattandosi non di un documento cartaceo ma di un video – dice ancora Centonze – riteniamo che il video debba essere ascoltato e visto attraverso la proiezione in aula e che questo sia il momento i cui debba avvenire. O prima o dopo la deposizione di Berlusconi”. Ma l’accusa si oppone. A prendere la parola sono i due sostituti procuratori generale Giuseppe Fici e Sergio Barbiera che si sono opposto alla richiesta della difesa di Dell’Utri, perché ritengono che il video di Berlusconi “sia inopportuno” e che non “c’è alcuna esigenza che venga proiettato”. La Corte d’assise d’appello si è, quindi, ritirata in camera di consiglio per decidere. Mentre l’ex cavaliere aspetta in una stanza attigua il suo turno. Dopo neanche dieci minuti di camera di consiglio, la Corte d’assise d’appello torna in aula e annuncia il rigetto della richiesta della difesa Dell’Utri. Non sarà, quindi, mostrato il video contenente una intervista all’ex premier Silvio Berlusconi dopo la trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. Il Presidente Pellino ha invece deciso la trascrizione della intervista di Berlusconi. Già nella prossima udienza, che si terrà il 25 novembre, la Corte d’assise conferirà l’incarico a un perito. ”Il documento è stato già acquisito agli atti, come dice la Cassazione non è necessario che la proiezione avvenga nel contraddittorio delle parti”, ha precisato Pellino.

Silvio Berlusconi

A questo punto, sono le 11.19, è il turno di Berlusconi. Che entra in aula, accompagnato da una nutrita scorta. L’ex premier si siede e annuncia il suo silenzio. Non parlerà. Non risponderà alle tante domande della difesa di Marcello Dell’Utri, suo grande amico ai tempi della Fininvest, ma anche grandi amici in politica con Forza Italia. Berlusconi è in aula da ‘teste assistito’. Perché nei mesi scorsi la sua difesa ha presentato un certificato che attesta che alla procura di Firenze c’è da due anni una nuova indagine sui mandanti occulti delle stragi del 1993, che riguarda proprio Berlusconi e Dell’Utri. Lui, Dell’Utri, non è venuto. Si trova ai domiciliari in attesa di finire di scontare la pena per concorso esterno in associazione mafiosa. Mentre in primo grado nel processo trattativa era stato condannato a 12 anni di carcere. E’ rimasto nella sua casa di Milano con la moglie Miranda. Era stata lei, di recente, quando si era saputo che Berlusconi non avrebbe risposto ai giudic: ”È meglio che non parlo – disse Miranda Ratti, il 24 settembre scorso – meglio che non dico quello che penso. Ricordo solo che la testimonianza di Berlusconi era stata ritenuta decisiva persino dalla Corte di assise d’appello di Palermo. Qui c’è la vita di Marcello in gioco”. E oggi Berlusconi ha ufficializzato il silenzio annunciato. “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. Ma di cosa avrebbe dovuto parlare Berlusconi? Quando a luglio la Corte d’assise aveva accolto la richiesta della difesa Dell’Utri, dispose la citazione di Berlusconi per riferire “quanto sa a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994 mentre era premier”.

I giudici, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, avevano scritto che “con l’apertura alle esigenze dell’associazione mafiosa Cosa nostra, manifestata da Dell’Utri nella sua funzione di intermediario dell’imprenditore Silvio Berlusconi nel frattempo sceso in campo in vista delle politiche del 1994, si rafforza il proposito criminoso dei vertici mafiosi di proseguire con la strategia ricattatoria iniziata da Riina nel 1992″. Inoltre, si legge, che nonostante non vi sia ”prova diretta dell’inoltro della minaccia mafiosa da Dell’Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano”. Oggi il silenzio di Berlusconi. Che, prima di lasciare il bunker, chiede di potere stringere la mano ai suoi legali, Franco Coppi e Niccolò Ghedini. Ma non c’è stata alcuna stretta di mano con i due pg.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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