Collegati con noi

Salute

Trapianto organi da ultracentenaria, è la prima volta

Pubblicato

del

Primo trapianto al mondo effettuato grazie ad una donatrice ultracentenaria. E’ accaduto a Firenze e la donna aveva 100 anni, 10 mesi ed un giorno. Il prelievo, che non ha precedenti in letteratura scientifica, è stato effettuato all’Ospedale San Giovanni di Dio la scorsa settimana sulla donna deceduta. Il suo fegato, con il via libera dei coordinamenti operativi del Centro regionale trapianti della Toscana e del Centro nazionale trapianti, è stato giudicato idoneo. Ed è trapiantato con successo in una persona in lista d’attesa presso l’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa. In precedenza la donatrice di organi più anziana mai registrata in Italia era una donna deceduta a Fabriano a 97 anni e 7 mesi a fine ottobre scorso. Un caso che aveva affiancato altri quattro prelievi da persone 97enni realizzati nel 2003, nel 2008, nel 2018 e nel 2019.

“A livello internazionale non risultato donazioni di organi solidi da persone decedute oltre il secolo di vita – conferma il direttore del Centro nazionale trapianti Cnt, Massimo Cardillo – ma solo alcuni rari prelievi di tessuto, come le cornee. Siamo in presenza di un evento eccezionale. Un evento che testimonia ancora una volta la capacità tecnica e organizzativa della rete trapiantologica italiana di valorizzare tutte le donazioni. Anche quelle di persone molto anziane, in modo da dare risposte efficaci all’attesa di trapianto di oltre 8mila pazienti nel nostro Paese”.

Nell’arco di 24 ore, spiegano Daniele Cultrera, coordinatore ospedaliero del San Giovanni di Dio dell’organizzazione toscana trapianti e Alessandro Pacini, responsabile donazioni organi e trapiantati rete ospedaliera Ausl Toscana centro, “l’ospedale San Giovanni di Dio è stato sede di due eventi di donazione di organi. Eventi  eccezionali. oltre al prelievo del fegato dalla paziente ultracentenaria abbiamo avuto anche la nostra prima donazione multiorgano controllata a cuore fermo”.

Risultati raggiunti grazie al grande impegno dei sanitari. Molti, pur non essendo in turno, sono stati presenti per molte ore, in particolare gli infermieri e i medici della rianimazione. Questo trapianto, dichiara inoltre Paolo De Simone, direttore dell’Unità operativa di Chirurgia epatica e trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa, “è stato realizzato dopo aver implementato tutte le procedure previste per garantire la massima sicurezza del ricevente. L’intervento è riuscito e il paziente è in buone condizioni”. Un risultato, rileva Adriano Peris, coordinatore del Centro regionale trapianti della Toscana, “frutto non solo del lavoro di squadra ma anche di una organizzazione che ha affidato al lavoro in rete l’esito di un processo così complicato”.

Nel 2021 sono stati 188 i donatori di organi ultraottantenni, il 13,6% del totale, ai quali si sono aggiunti 461 donatori deceduti tra i 65 e i 79 anni. Quasi un donatore su due, lo scorso anno, era over 65, mentre l’età media dei donatori utilizzati si è attestata a quota 60,4 anni. Permane tuttavia una maggiore diffidenza delle persone anziane nel dichiarare in vita il consenso alla donazione degli organi, fuorviate dalla convinzione errata di non poter donare per ragioni anagrafiche. Nel 2021 il tasso di opposizione nelle dichiarazioni rilasciate al rinnovo della carta d’identità è stato del 31,1%, percentuale che però sale al 45,5% tra i 70-80enni e addirittura al 61,7% tra gli over 80.

Advertisement

In Evidenza

Ansia o depressione, anche Peaty campione sotto stress

Pubblicato

del

Un’altra leggenda del nuoto, l’olimpionico Adam Peaty, alza bandiera bianca. Stress, burnout, depressione o problema mentale che sia, il campione britannico ha deciso di non poter andare avanti con la vita di sempre, tra allenamenti estenuanti e sempre nuove sfide da affrontare in gara, senza affrontarlo. Ha così annunciato a tutti che si fermerà per un po’, rinunciando ai campionati nazionali e quindi ai Mondiali, principale appuntamento del 2023, per provare a tornare in sesto in vista delle Olimpiadi Parigi. I fantasmi della mente, le ombre della depressione, il rigetto della quotidiana pressione interna ed esterna a superare se stessi sono purtroppo un tratto comune a tanti fuoriclasse dello sport, come conferma anche la psicologa Monica Vaillant, plurimedagliata con il Setterosa: “A noi sembrano, e loro si sentono, dei supereroi, ma a quei livelli, i più alti, la crisi, prima o poi, arriva, è quasi inevitabile”.

“Bisogna considerare che un campione vive continuamente momenti di grande tensione, per l’impegno che deve mettere per arrivare e rimanere al top, portandolo a investire tutto su quel fronte – spiega Vaillant -, con l’ulteriore aggravio di vivere tale situazione da un’età molto giovane, in un momento di crescita, di sviluppo del senso del sè. Le basi su cui si costruisce, quindi, sono spesso precarie. Ma la crisi può arrivare anche dopo aver lasciato la ribalta. Tutto quello che si è per forza tralasciato o vissuto senza la dovuta attenzione, dal prepararsi per una attività lavorativa alla vita affettiva, possono avere un impatto pesante”. Quando capita che qualche ‘supereroe’ dello sport ammette i suoi problemi, il caso fa subito scalpore, proprio per l’immagine che si ha di lei o di lui, ma secondo la psicologa sono numerosissime anche le situazioni taciute o nascoste. Tra i nuotatori, prima di Peaty hanno ammesso, e affrontato, i loro problemi anche il re delle piscine Michael Phelps, recordman di ori olimpici, il suo omologo australiano, Ian Thorpe, e altro grande del nuoto come Ryan Lochte.

Battaglie con la propria mente come quelle affrontate anche da chi è abituato a solitudine e fatica in sella a una bici, come Mark Cavendish, Marcel Kittel, Tom Dumoulin e Gianni Bugno, oppure a estenuanti duelli su un campo da tennis, come la giapponese Naomi Osaka e l’australiana Ashleigh Barty, ma anche a campioni con una squadra alle spalle, come Andres Iniesta o Josip Ilicic, e ancor prima Paul Gascoigne, lo sportivo alcolizzato forse più famoso di sempre. In alcuni casi è tragico l’epilogo di queste storie, come per Kelly Catlin, campionessa di ciclismo, finita dopo due cadute in una spirale che l’ha portata al suicidio, stessa fine del portiere della nazionale tedesca Robert Enke. L’assistenza psicologica, secondo Vaillant, dovrebbe essere una preoccupazione primaria per ogni atleta di alto livello, di solito seguito invece ‘solo’ da allenatori, preparatori atletici e medici. Un sostegno preventivo che potrebbe evitare, o alleviare, tanti crisi. “Se negli sport di squadra la figura dello psicologo è ormai quasi la normalità, per gestire le dinamiche interne ma anche per un eventuale aiuto ai singoli – sottolinea -, per quelli individuali tale sostegno è adottato con molta meno frequenza, o magari solo quando si manifestano dei problemi”.

Continua a leggere

Salute

Oms, no ai vaccini a bimbi in questa fase pandemia

Pubblicato

del

In questa fase della pandemia, salvo valutazioni relative al contesto locale, la vaccinazione contro Covid-19 per i bambini e gli adolescenti sani non è una priorità: meglio privilegiare le vaccinazioni di routine. Per i fragili, invece, continua a essere importante mantenere alta la protezione con un richiamo ogni 6-12 mesi. Sono due delle indicazioni uscite dall’ultimo meeting dello Strategic Advisory Group of Experts on Immunization (SAGE) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’aggiornamento si è reso necessario con l’ingresso in una nuova fase della pandemia caratterizzata da un calo dei contagi, dall’avvento di varianti meno temibili del SarsCoV2 originario e dalla diffusione, nella popolazione mondiale, di una qualche immunità al virus sviluppata contraendo la malattia o sottoponendosi alla vaccinazione.

Le nuove indicazioni, che – precisa l’Oms – valgono per questa specifica fase della pandemia, dividono la popolazione in tre classi. Il gruppo ad alta priorità (anziani, persone immunodepresse o con patologie, operatori sanitari) dovrebbe fare un richiamo a 6-12 mesi dall’ultima dose. Il gruppo a priorità media (adulti sani e bambini e adolescenti con comorbidità) dovrebbe fare le prime tre dosi, ma non i booster aggiuntivi di routine. Per il gruppo a bassa priorità invece, l’Oms non fornisce una raccomandazione generalizzata alla vaccinazione.

“I Paesi dovrebbero considerare il loro contesto specifico nel decidere se continuare a vaccinare gruppi a basso rischio, come bambini e adolescenti sani, senza compromettere i vaccini di routine che sono cruciali per la salute e il benessere di questa fascia di età”, ha detto Hanna Nohynek, a capo del SAGE. Alle donne in gravidanza è invece consigliato un richiamo se sono passati più di sei mesi dall’ultima dose. Intanto, in Italia, l’ultima rilevazione della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) ha riscontrato una lieve risalita dei ricoveri Covid: +7,6% nell’ultima settimana. I pazienti hanno una età media di 76 anni, soffrono di altre patologie e l’88% è vaccinato da oltre sei mesi.

Continua a leggere

Ambiente

E la scienza approva il cibo sintetico, tanti vantaggi

Pubblicato

del

Sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare, benessere animale e disponibilità di cibo a prezzi accessibili: per il mondo scientifico sono tanti i vantaggi del cibo coltivato in laboratorio, che per il momento è però solo una possibilità per il futuro. All’indomani dell’approvazione del Ddl sul cibo sintetico arrivano critiche anche da parte del mondo politico, come Alleanza Verdi e Sinistra, gruppo delle Autonomie e +Europa, che ha promosso una raccolta di firme contro il disegno di legge. E’ invece soddisfatto il mondo agricolo, dalla Coldiretti alla Confeuro e alla Cia-Agricoltori Italiani, che cita un rapporto di Nomisma dal quale emerge che il mercato mondiale di carne sintetica ha già registrato investimenti pari a 1,3 miliardi, con aziende e startup che dal 2016 al 2022 sono aumentare da 13 a 117 e una stima di produzione per il 2030 pari a 2,1 milioni di tonnellate. Dati che, per il mondo scientifico, fotografano una realtà ancora sperimentale. Per questo, affermano i ricercatori, il Ddl sul cibo sintetico è prematuro: “ci si sta preoccupando troppo presto” e “si è arrivati a definire delle regole quando mancano ancora elementi per decidere”, dice il genetista Michele Morgante, dell’Università di Udine e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

“Si ha l’impressione – aggiunge – che la decisione non sia stata presa sulla base di elementi scientifici, ma sulla base di una valutazione di interesse economici”. Una posizione comprensibile, ma “chiamiamo le cose con il loro nome: si può proteggere l’attività degli allevatori italiani senza allarmare l’opinione pubblica”, dice Morgante. “Non ci sono, a priori, motivi per cui prodotti da colture cellulari potrebbero presentare rischi diversi rispetto a quelli da allevamento tradizionale. Al contrario – prosegue l’esperto – ci sono molte ragioni per dire che le carni coltivate sono più sicure in quanto non contengono ormoni né antibiotici, non c’è il rischio di contaminazione da parte di organismi patogeni. La coltivazione avviene infatti in un ambiente sterile e controllato”. Senza contare, aggiunge, che “in Europa abbiamo un sistema preposto a valutare i rischi: l’Efsa tratterebbe anche questi prodotti come novel foods, come è accaduto per le farine di insetti, li sottoporrebbe a valutazioni”. I ricercatori tengono inoltre a precisare che è tecnicamente un errore chiamare ‘cibo sintetico’ la carne coltivata in laboratorio: il nome corretto è, appunto, ‘carne coltivata’, oppure ‘agricoltura cellulare’, rileva Roberto Defez, dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Napoli e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, che già nel 2019 aveva pubblicato un documento a favore di queste tecniche, intitolato “Dagli allevamenti intensivi all’agricoltura cellulare”. Defez precisa che “è sintetico quello che è il risultato di processi in cui si utilizzano composti e reazioni chimiche”, aggiunge, ma nel caso della carne coltivata si utilizzano “cellule staminali che in laboratorio vengono fatte differenziare per produrre muscolo”. Dal mondo scientifico si rileva poi che nel ddl, si cita solo la produzione di carni di vertebrati, cosa che lascerebbe via libera alla produzione polpa di granchio, aragosta e gamberi, e che alcuni cibi coltivati sono già in vendita: è il caso di probiotici, come i batteri aggiunti negli yogurt e l’alga spirulina.

Quanto alla produttività, i ricercatori osservano che bastano poche cellule per produrre tonnellate di carne: “non è necessario prelevare cellule e tessuti da tanti animali, ma è sufficiente utilizzarne un numero limitato”, dice Defez. La carne coltivata “non ha alcuna ragione di derivare dall’uccisione di animali”. Per quanto riguarda i costi, “sebbene siano ancora poco competitivi, si sono ridotti notevolmente. Basti pensare che negli ultimi 4-5 anni il prezzo al chilo è sceso da 300.000 dollari a 20-30 dollari”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto