Un drammatico incidente aereo ha scosso l’India e il mondo intero. Un volo Air India diretto a Londra Gatwick si è schiantato pochi minuti dopo il decollo dall’aeroporto Sardar Vallabhbhai Patel di Ahmedabad, nello Stato del Gujarat. A bordo dell’aereo, un Boeing 787-8 Dreamliner, si trovavano 244 persone: 232 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio. Al momento non si conosce ancora il numero ufficiale delle vittime, ma la situazione appare gravissima.
I primi minuti di terrore
Secondo quanto riportato dalla BBC, l’aereo avrebbe perso contatto con la torre di controllo appena cinque minuti dopo il decollo. Le immagini diffuse in rete mostrano una colonna di fumo nero che si alza da una zona residenziale, dove l’aereo si sarebbe schiantato a bassa quota. Un video, ripreso da un residente, mostra il velivolo volare rasente ai tetti prima di precipitare. Secondo i dati di Flight Radar, l’aereo era a circa 625 piedi (poco meno di 200 metri) di altitudine al momento della scomparsa dai radar.
Impatto in un’area densamente abitata
L’aereo si è abbattuto su un edificio del BJ Medical College, più precisamente su un dormitorio destinato ai medici. Le autorità locali hanno confermato che ci sono numerosi feriti tra gli studenti presenti nella struttura. Il 70-80% dell’area colpita è stato sgomberato. Le operazioni di soccorso sono in corso, tra scene di panico e disperazione. Il governo dello Stato del Gujarat ha proclamato lo stato di emergenza, confermato anche da New Delhi.
Composizione dei passeggeri
Air India ha comunicato la nazionalità dei passeggeri a bordo: 169 indiani, 53 britannici, 7 portoghesi e un cittadino canadese. Il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha assicurato che tutte le risorse disponibili sono state mobilitate per gestire i soccorsi e ha dichiarato di essere in costante contatto con il ministro dell’Aviazione Civile.
Il primo incidente per un Boeing 787
Si tratta del primo incidente mortale in assoluto che coinvolge un Boeing 787 Dreamliner, un aereo widebody bimotore impiegato per voli di lungo raggio. Secondo l’Aviation Safety Network, il modello 787 ha finora registrato un ottimo record di sicurezza, con oltre cinque milioni di voli effettuati in 14 anni. La flotta era stata messa a terra nel 2013 a causa di problemi alle batterie agli ioni di litio, ma da allora non si erano più verificati incidenti gravi.
Le prime ipotesi sulle cause
La Boeing, per ora, mantiene il massimo riserbo, affermando solo di essere “al corrente delle notizie iniziali” e di “lavorare per raccogliere più informazioni”. Tuttavia, già emergono le prime ipotesi tecniche sui social e tra gli esperti del settore. Alcune analisi suggeriscono un possibile errore nella configurazione dei flap, che potrebbero essere stati impostati a 0 gradi anziché tra 5 e 15, impedendo così all’aereo di guadagnare quota, soprattutto con il pieno di carburante e in condizioni di alta temperatura (37 °C al momento del decollo).
Una compagnia in ripresa, colpita da una tragedia
Air India, recentemente privatizzata e tornata sotto la guida del gruppo Tata, era in fase di rilancio dopo decenni di gestione statale e difficoltà operative. Il consulente aeronautico John Strickland ha dichiarato che, nonostante i problemi del passato, la compagnia stava mostrando segnali di ripresa. Tuttavia, questo disastro potrebbe rappresentare un duro colpo per l’immagine e la fiducia nei confronti del vettore nazionale indiano.
Le operazioni di soccorso continuano senza sosta, mentre le autorità lavorano per accertare le cause esatte dell’incidente e dare risposte ai familiari delle vittime. Nel frattempo, il mondo dell’aviazione si interroga su come un aereo tecnologicamente avanzato come il Boeing 787 possa essersi schiantato in fase di decollo, segnando una delle pagine più nere della storia recente dell’aviazione civile.
Patriot ed altre armi Usa a Kiev tramite la Nato e pagate dai Paesi europei. Ma anche sanzioni secondarie a Mosca se non raggiunge un accordo di pace entro 50 giorni: Donald Trump ha ufficializzato la sua nuova linea nel conflitto ucraino ricevendo nello Studio Ovale il segretario generale dell’Alleanza Mark Rutte. “Sono molto deluso da Putin”, ha esordito il commander in chief, ribadendo la sua frustrazione con lo zar.
“Pensavo fosse uno che facesse sul serio. Invece è sempre gentile nelle nostre conversazioni, ma poi la sera bombarda tutti”, si era lamentato poche ore prima, mentre Axios svelava che Trump avrebbe detto a Macron che il leader russo “vuole prendersi tutto”, dopo una telefonata avuta con lui il 3 luglio. La vera novità è l’ultimatum al leader del Cremlino. “Applicheremo dazi molto severi se non raggiungeremo un accordo entro 50 giorni e saranno al 100%”, ha minacciato il tycoon, il quale in questo caso userebbe i suoi poteri presidenziali e non la legge bipartisan, ancora in discussione al Congresso, che prevede tariffe più pesanti, sino al 500%. “È una buona legge e potrebbe essere utile, ma penso che non ce ne sarà bisogno”, ha osservato.
Si tratterebbe – ha poi spiegato la Casa Bianca – di sanzioni secondarie, che colpirebbero non solo l’export russo in Usa (molto limitato) ma soprattutto i partner commerciali di Mosca, dalla Cina all’ India, che acquistano in particolare la sua energia. L’obiettivo è quello di isolare la Russia dall’economia mondiale, bloccando il finanziamento della sua macchina bellica. “Uso il commercio per molte cose, ma è ottimo per risolvere le guerre”, ha spiegato The Donald. Il presidente ha dribblato però la domanda su perché conceda così tanto tempo a Putin. Lo stesso alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, pur definendo “positivo che il presidente Donald Trump mostri un atteggiamento duro con la Russia”, ha osservato che “50 giorni sono un periodo molto lungo, visto che gli ucraini vengono uccisi ogni giorno”.
Il tycoon non ha neppure voluto infierire su Putin: “Non voglio dire che è un assassino, ma è un tizio tosto”, ha risposto, dicendosi convinto che sia possibile raggiungere un’intesa. Trump ha quindi illustrato l’accordo con la Nato per fornire un rinnovato canale di approvvigionamento di armi statunitensi a Kiev. Gli alleati europei, coordinati dall’Alleanza, acquisteranno equipaggiamento militare e lo trasferiranno in Ucraina. Acquisti per “miliardi e miliardi” di dollari, ha detto il presidente americano, sottolineando che gli Usa produrranno armi di altissima qualità ma non sborseranno nulla. Di sicuro ci saranno batterie di Patriot e le prime “arriveranno molto presto, entro pochi giorni”. Rutte ha affermato che Germania, Finlandia, Canada, Norvegia, Svezia, Regno Unito e Danimarca saranno tra gli acquirenti per aiutare l’Ucraina. Berlino è pronta a fornire due Patriot (il suo ministro della Difesa Boris Pistorius è a Washington per trattare), la Norvegia uno.
Ma, secondo Axios, gli Usa potrebbero vendere anche missili a lungo raggio in grado di raggiungere obiettivi in profondità nel territorio russo, inclusa Mosca. Intanto a Kiev il presidente Volodymyr Zelensky ha avuto un “incontro produttivo” con l’inviato speciale di Trump, Keith Kellogg. “Abbiamo discusso del percorso verso la pace e di cosa possiamo fare concretamente insieme per avvicinarla”, ha scritto sui social. “Questo include il rafforzamento della difesa aerea ucraina, la produzione congiunta e l’approvvigionamento di armi di difesa in collaborazione con l’Europa”, ha aggiunto, ringraziando Trump “per gli importanti segnali di sostegno”.
Il primo commento che arriva da Mosca tende a minimizzare la portata della svolta Usa: “Se questo è tutto ciò che Trump intendeva dichiarare oggi sull’Ucraina, è tanto fumo e poco arrosto”, ha osservato su Telegram il vicepresidente della Duma Konstantin Kossacyov. “In 50 giorni – ha proseguito – quante cose possono cambiare sul campo di battaglia e negli umori dei leader della Nato e degli Usa!”. Riferendosi poi al fatto che i Paesi europei dovranno pagare a Washington gli armamenti per l’Ucraina, ha aggiunto: “Gli europei dovranno sborsare e sborsare, il formaggio gratuito per loro era in una trappola per topi. C’è solo un beneficiario: il complesso militare-industriale degli Stati Uniti”.
Rinsaldare i rapporti con l’America di Donald Trump e rilanciare l’economia di un Paese devastato da oltre tre anni di invasione: questi gli obiettivi che si è posto Volodymyr Zelensky mettendo mano al più grande rimpasto di governo dall’inizio della guerra. I piani del presidente ucraino prevedono un cambio fino al vertice dell’esecutivo, che sarà rappresentato dall’attuale vicepremier Yuliia Svyrydenko. E cambierà anche il rappresentante diplomatico a Washington: il ministro della Difesa Rustem Umerov. Sulla scelta della 39enne Svyrydenko, che guida il ministero dell’Economia, hanno probabilmente pesato due fattori: è considerata una stretta alleata di Andriy Yermak, il potente capo di gabinetto di Zelensky e vanta forti legami con la squadra di Trump, dopo aver guidato i colloqui insieme al segretario al Tesoro Scott Bessent, che hanno portato all’accordo sui minerali (quanto mai vantaggioso per gli Usa).
A lei verrà affidato il compito di “trasformare il potere esecutivo”, traducendo in fatti le necessità di “cambiamenti” invocate da Zelensky: dal nevralgico settore della difesa, per “incrementare la produzione nazionale di armi”, all’economia, con uno snellimento sensibile dell’apparato statale che “riduca significativamente le spese non essenziali”, ha sottolineato il presidente ucraino dopo i faccia a faccia con la premier incaricata e con il capo del governo uscente Denys Shmyhal, che passerà alla Difesa. Per Umerov c’è in ballo un ruolo forse ancora più delicato, quello di ambasciatore negli Stati Uniti: avrà il compito di mantenere saldi i rapporti con un alleato diventato imprevedibile da quando è cambiato l’inquilino della Casa Bianca. Lo sa bene l’attuale rappresentante a Washington, Oksana Markarova, immortalata con le mani nei capelli durante la sfuriata di Trump e Vance a Zelensky nello Studio Ovale lo scorso febbraio.
Markarova pagherà l’essersi inimicata il partito repubblicano, dopo che a settembre aveva organizzato una visita di Zelensky con alcuni esponenti dei democratici a un deposito di armi nello stato chiave della Pennsylvania durante la campagna del 2024: un’iniziativa condannata dallo speaker della Camera Mike Johnson, che aveva chiesto le sue dimissioni. Se Yuliia Svyrydenko avrà l’ok del parlamento diventerà la seconda premier donna nella storia dell’Ucraina, dopo la pasionaria della Rivoluzione Arancione Yulia Tymoshenko. Zelensky lo scorso anno ha rinviato le elezioni presidenziali e parlamentari a causa della guerra e secondo il suo entourage il rimpasto è lo strumento più efficace per ridare nuova linfa all’azione di governo. Eppure tra le file nell’opposizione crescono i malumori i metodi considerati sempre più autoritari e accentratori.
“È difficile immaginare un mondo in cui i ragazzi possano comprare alcolici o andare in un locale notturno, semplicemente dichiarando di avere l’età per farlo, senza altri controlli. Per quanto sia difficile da immaginare, questo è quanto accaduto online per molti anni”. È un’immagine eloquente quella a cui è ricorsa la ministra danese per gli Affari digitali Caroline Stage per illustrare la filosofia alla base dell’iniziativa lanciata dalla Commissione Ue. Due le direttive dell’azione di Bruxelles: da una parte le linee guida per garantire la protezione dei minori nel mondo digitale, dall’altra un’app, in fase sperimentale, per verificare l’età degli utenti sulle piattaforme. In prima linea anche l’Italia, che nelle scorse settimane si è unita a Francia, Spagna e Grecia per chiedere all’Ue misure più drastiche sull’uso dei social media da parte dei minori, come l’introduzione di una maggiore età digitale a livello europeo.
L’appello è stato raccolto in parte da Palazzo Berlaymont. Difficilmente, spiegano dalla Commissione, si potrà stabilire un’età minima a livello Ue per l’accesso ai social media, date le differenze anche culturali tra i Paesi sulla maggiore età. Più fattibile invece l’app per verificare l’età degli utenti, uno dei tasselli che comporranno il portafoglio d’identità digitale Ue atteso per la fine del 2026. L’esecutivo comunitario ha lanciato un prototipo che verrà testato in cinque Stati membri, oltre all’Italia, anche Francia, Spagna, Grecia e Danimarca, con l’obiettivo di lanciare un’app nazionale personalizzata per la verifica dell’età. L’app si avvarrà di un meccanismo di autorizzazione selettiva che consentirà di dimostrare di aver raggiunto la maggiore età, senza rendere accessibili i propri dati personali e la propria identità. “Garantire la sicurezza dei nostri bambini e ragazzi online è di fondamentale importanza per questa Commissione” ha dichiarato la vice presidente della Commissione Henna Virkkunen.
“Le piattaforme – ha sottolineato – non hanno scuse per continuare a mettere a rischio i bambini”. Al lancio dell’app, la Commissione ha affiancato un vademecum sulla protezione dei minori, in linea con la legge sui servizi digitali (Dsa), in cui ad esempio si raccomanda la verifica dell’età per le piattaforme di contenuti per adulti e altre piattaforme che presentano rischi elevati per la sicurezza dei minori. Tra gli aspetti toccati dalle linee guida, c’è il design che crea dipendenza, una questione su cui Bruxelles ha già aperto delle indagini nei confronti di Meta e TikTok. Altro elemento è quello dell’adescamento online: le piattaforme dovranno impostare gli account dei minori come privati per impostazione predefinita, cioè non visibili agli utenti che non sono nella loro lista di amici, per ridurre al minimo il rischio che vengano contattati da estranei. “Credo – ha scandito la ministra Stage – che i bambini meritino un’infanzia digitale sicura. Senza un’adeguata verifica dell’età e senza protezione, l’Ue non è riuscita a garantire loro questa sicurezza. È ora di porre dei limiti”.