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Tonino Stornaiuolo, il maestro che fa didattica dai balconi: i bimbi di Napoli vogliono studiare e io li aiuto

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Solo da un popolo geniale e generoso come quello napoletano, poteva nascere la Dab: didattica ai balconi. Quando hanno appreso la notizia della chiusura delle scuole in Campania, gli alunni del maestro Tonino Stornaiuolo – quinta elementare della scuola paritaria napoletana “Dalla parte dei bambini” – sono scoppiati a piangere. Dopo mesi e mesi di didattica a distanza, proprio non volevano saperne di tornare a studiare davanti ad un pc, lontano da maestri e compagni di classe. Così Tonino ha avuto un’intuizione: una piccola lezione sotto i balconi dei suoi bambini. D’accordo coi genitori, e sempre nel rispetto delle misure di sicurezza, lunedì mattina ha fatto il giro delle case e ai bambini, stupiti e felici, ha letto una storia e una filastrocca di Gianni Rodari. Un modo per restare vicini, pur senza toccarsi, rafforzando lo spirito di comunità in uno dei momenti più drammatici della storia recente dell’umanità.

Il maestro Antonio Stornaiuolo, della scuola “dalla Parte dei Bambini”, durante una lezione di didattica dai balconi che tiene per i vicoli di Napoli, per far sentire la presenza dell’insegnante e non escludere gli scolari che non possono accedere alla Didattica a Distanza.
Ph. Chiara Caputi/KONTROLAB

Maestro Stornaiuolo, partiamo dalla chiusura delle scuole. I suoi bambini come avevano preso questo provvedimento?

Molto male. Giovedì mi sono arrivati tanti messaggi, i bambini era disperati per la chiusura della scuola. Memore di quello che era successo a marzo, quando ci dicemmo “ci vediamo fra due settimane” e poi passarono sette mesi, ho pensato che non potevo lasciarli così, senza neanche un saluto. Nella nottata di giovedì non ho dormito per pensare a che cosa potessi fare per incontrarli. 

Come l’è venuta l’idea della didattica ai balconi?

Parto da un presupposto. Nella scuola paritaria in cui lavoro, “Dalla parte dei bambini”, usavamo già da prima del Covid le uscite e le lezioni all’aperto nella nostra didattica. Inoltre, in classe stavo leggendo ogni giorno qualcosa di Gianni Rodari, in vista del 23 ottobre, il centenario della sua nascita. In testa mi ronzava una frase, “fare di necessità virtù”, che usiamo al centro territoriale Mammut a Scampia. Ho unito queste cose e mi è venuto naturale andare a leggere Rodari sotto le case dei bambini. Nel fine settimana ho preso appuntamento coi genitori e lunedì mattina ho messo in atto la didattica ai balconi. 

Ph. Chiara Caputi/KONTROLAB

Ci racconta com’è andata?

Sono sceso col mio zaino in spalla e ho incominciato a girare fra i Quartieri Spagnoli, casa per casa. Con alcuni al balcone, con altri all’intento del cortile, sempre con mascherine e distanziamento, abbiamo letto una filastrocca e una storia di Rodari, entrambe sul tema della libertà. Come se fosse una normale giornata di scuola, ho lasciato un compito ai bambini; ho chiesto loro di raccontarmi che cos’è la libertà e quando pensano di averla provata.

Qual è stata la loro reazione?

Anzitutto una reazione di grande sorpresa nel trovarsi il maestro sotto casa, e poi di felicità: la scuola, che era chiusa, è andata da loro. Il pensiero della nostra scuola è che la didattica può essere diffusa, si può fare ovunque, non solo in classe ma anche per le strade, nei musei, nei teatri. La nostra aula può essere piazza del Plebiscito, così come la bottega del fruttivendolo che ci insegna a fare i conti di matematica, la scuola è ovunque ci sia uno scambio fra le persone. Il 22 ottobre, alla vigilia del centenario, leggeremo Rodari dai tetti della fondazione Foqus ai Quartieri Spagnoli. 

Ph. Chiara Caputi/KONTROLAB

Quali sono le difficoltà e gli ostacoli posti dalla didattica a distanza?

La Dad priva i bambini di una parte fondamentale, la relazione umana, il confronto reale con maestro e compagni. Toglie una parte di verità, quella verità che si può avere solo in classe, guardandoci negli occhi. Poi ha abbassato la soglia dell’attenzione, è più facile distrarsi davanti ad uno schermo. Al contempo non credo che la Dad sia il male assoluto; ha avuto anche risvolti positivi. Alcuni bambini che avevano difficoltà di attenzione o nel relazionarsi con gli altri, hanno trovato maggiore costanza. In generale però, credo che finché si può evitare, andrebbe evitata. I bambini erano disperati, mi chiedevano: “perché mamma e papà vanno a lavoro, noi facciamo sport, ma a scuola non possiamo venire?” Davanti a questa domanda non sapevo davvero che cosa rispondere. 

Ph. Chiara Caputi/KONTROLAB

Qual è il suo giudizio sul provvedimento emanato dal governatore De Luca?

Io non posso entrare nel merito, comprendo le difficoltà di chi deve prendere decisioni così importanti. Non so se sia giusto o sbagliato, ma il pensiero che la scuola fosse una delle ultime cose da chiudere, io l’ho avuto. Un pensiero che mi viene proprio dai bambini. Se durante il lockdown eravamo tutti a casa e loro l’hanno accettato, questa decisione non l’hanno proprio capita. 

Crede che in questa fase la politica stia dando alla scuola le attenzioni necessarie?

Penso che la scuola abbia bisogno di costanti e sempre nuove attenzioni. Andrebbero ricercati nuove possibilità e orizzonti anche al di là del momento contingente. La scuola può essere fatta anche in altri modi, noi dobbiamo seminare ora per trovarci domani con una scuola migliore. 

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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