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Cronache

Togliere la scorta a Sandro Ruotolo è un favore alla mafia mercatista che lo vuole ridurre al silenzio

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Ho sentito con le mie orecchie minacciare Sandro Ruotolo da Francesco Schiavone, il vecchio padrino del clan dei Casalesi sepolto da ergastoli e sottoposto al 41 bis. Ho ascoltato con le mie orecchie e ho visto con i miei occhi Michele Zagaria nella sala colloqui di un carcere sputare veleno contro Sandro Ruotolo mentre parlottava con i suoi congiunti. Ho visto Sandro Ruotolo andare nella tana di Matteo Messina Denaro, a Castelvetrano, per raccontarci chi è questo mafioso diventato un fantasma.

Sandro Ruotolo è un giornalista. Non di quelli che al caldo delle redazioni scaldano il posto o passano l’ultima velina del magistrato o del poliziotto che ha necessità di far passare un messaggio piuttosto che un altro. No, Ruotolo è uno che ancora oggi, alla sua età (non me ne vorrà se dico che è diversamente giovane), consuma scarpe per raccontare cose che vede, che sente e che conosce. Per qualcuno ho scritto una banalità, ma credetemi oggi un giornalista così è merce rara.

Sandro Ruotolo non è persona gradita alle mafie italiane per il lavoro che ha fatto, che fa e che farà a prescindere da scorte o vigilanze o altre misure di protezione che avrà, se le avrà. Perchè nella sua vita professionale si è sempre distinto per la sua capacità di illuminare luoghi oscuri della nostra cara Repubblica, soprattutto nella sua notte più buia dal punto di vista delle capacità delle mafie di dispiegare anche dispositivi militari di una violenza inaudita pur di affermarsi sul territorio, addirittura contendendone il controllo allo Stato.

E di questa mafia stragista ne hanno fatto le spese servitori dello Stato abbattuti con ogni strumento di guerra e morte: dal tritolo ai mitra, ai bazooka. Sandro Ruotolo oggi rischia di più rispetto a ieri. Sandro Ruotolo oggi è un bersaglio facile della mafia silente, mercatista, capace di penetrare ovunque con i soldi.  E la mafia di oggi, quella che Sandro Ruotolo, in altri luoghi,  su nuove piattaforme, con nuovi linguaggi sta raccontando con dovizia di particolari, con nomi, cognomi, fatti, programmi e organigrammi, non può che tenere quest’uomo nel mirino. È un suo nemico. Il raccordo tra la mafia vecchia che spara e uccide e quella nuova che inquina istituzioni ed economia legale e che ti stritola, può volere la fine di questo giornalista. Il mio non è l’epitaffio per Sandro Ruotolo, persona alla quale mi lega una enorme stima e una grande amicizia. Sandro Ruotolo non ha bisogno di me, di quello che sto scrivendo ma dell’affetto di tutti quelli che magari pur non apprezzandone qualche volta la forma ne hanno sempre  compreso l’onestà intellettuale e condiviso passione civile nel racconto del Paese reale.

Il mio è un modo per dire a chi decide delle scorte e dei dispositivi di protezione per chi rischia di essere bersaglio della mafia, che già  solo aver pensato di revocare la scorta a Sandro Ruotolo è una resa senza condizioni ai mafiosi che vogliono fargli del male. A chi decide revoche o attribuzioni di scorte ricordo che cosa nostra non dimentica mai i suoi nemici. E Ruotolo è un nemico della mafia.

A chi invece può fare qualcosa perchè a Ruotolo non venga tolta la scorta bensì rafforzata ricordo quello che disse il dottor Giovanni Falcone ad un altro eccellente giornalista napoletano, Giovanni Marino, in una delle ultime interviste prima che Giovanni Brusca usasse il telecomando per farlo saltare in aria a Capaci assieme alla moglie e agli uomini della scorta. Falcone disse al collega di Repubblica che “la mafia è una pantera. Agile, feroce, dalla memoria di elefante. Per questo bisogna fare in fretta e mettersi d’accordo sulla Superprocura, uno strumento essenziale per arginare l’espansione dei boss. Il nemico è sempre lì, in attesa, pronto a colpire….”. Insomma, la mafia non dimentica nulla. Mai.

Siamo arrivati al punto. Se l’obiettivo è ridurre al silenzio Ruotolo, il mezzo è quello sbagliato. Con o senza scorta Ruotolo farà quello che ha sempre fatto. Non sa fare altro che raccontare il Paese reale e non quello dei balocchi che il sistema si impegna a mostrare ogni giorno provando a fottere gli italiani.  Se qualcuno invece si sta impegnando per farci capire che lo Stato, in questo Paese, altro non è che il participio passato del verbo essere, non se ne preoccupi più di tanto. Già lo sappiamo.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Cronache

Neonati morti, la difesa di Chiara fa ricorso in Cassazione

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Il difensore di Chiara Petrolini, avvocato Nicola Tria, ha depositato il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame di Bologna che il 17 ottobre ha disposto la custodia cautelare in carcere per la 21enne di Traversetolo, con ordinanza depositata il 30 novembre. La giovane è accusata da Procura e carabinieri di Parma di omicidio e soppressione di cadavere in relazione al ritrovamento dei corpi di due neonati, da lei partoriti a poco più di un anno di distanza, maggio 2023 e agosto 2024, al termine di gravidanze di cui nessuno aveva saputo nulla, né familiari né fidanzato. Il Gip del tribunale di Parma il 20 settembre aveva applicato gli arresti domiciliari, la Procura aveva fatto appello e quindi si è pronunciato il Riesame, segnalando il rischio di reiterazione e l’insufficienza della custodia cautelare a casa coi genitori, ma l’esecuzione della misura in carcere rimane sospesa fino alla pronuncia della Cassazione.

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Turismo nel mirino delle mafie, giro affari 3,3 miliardi

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Eventi internazionali come il Giubileo 2025 e le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Ma anche più semplicemente un periodo di difficoltà o dei debiti da saldare. O al contrario una nuova apertura e un inizio promettente. Sono queste le cose grandi e piccole che fanno gola alle mafie e amplificano il rischio di infiltrazioni in un settore vitale, ramificato e dal grande indotto come quello del turismo. Emerge da uno studio realizzato da Demoskopika  che quantifica in 3,3 miliardi di euro, il giro d’affari della criminalità organizzata italiana derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico del Belpaese di cui quasi 1,5 miliardi concentrato nelle realtà del Nord.

Assoluto primato della ‘ndrangheta con un giro d’affari di 1 miliardo 650 milioni (50% degli introiti totali), poi camorra a 950 milioni (28,8%), mafia a 400 milioni (12,1%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 300 milioni di euro (9,1%). Secondo Demoskopika che utilizzato una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli: Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Banca d’Italia si tratta di un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio quasi 7mila imprese attive pari al 14,2% su un totale di oltre 48mila realtà a “rischio default”, maggiormente fiaccate da crisi di liquidità e indebitamento e, dunque, più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte per essere “ripulite”.

Ben 307, inoltre, gli alberghi e i ristoranti confiscati ad oggi, di cui quasi il 60% nei territori tradizionalmente caratterizzati da un maggiore radicamento della criminalità organizzata. Osservando il livello territoriale emerge che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 33,6% degli introiti criminali, pari a 1 miliardo 108 milioni di euro. A seguire il Nord Ovest con 927 milioni di euro (28,1%), il Centro con 715 milioni di euro (21,7%) e il Nord Est con 550 milioni di euro (16,7%). Sono 9 i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico, dove si concentra quasi ben il 75% del giro d’affari dei proventi illegali: Campania (380 milioni di euro), Lombardia (560 milioni di euro), Lazio (430 milioni di euro), Puglia (200 milioni di euro), Sicilia (190 milioni di euro). E, ancora, Liguria (90 milioni di euro), Emilia Romagna (230 milioni di euro), Piemonte (260 milioni di euro) e, infine, Calabria (125 milioni di euro).

A pesare sul primato negativo della Campania, che ha totalizzato il massimo del punteggio (122,0 punti), i 67 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 21,8% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti, le quasi 2mila richieste di avvio di istruttorie antimafia connesse al Pnrr, i 155 provvedimenti interdittivi antimafia emessi dagli Uffici Territoriali del Governo, nell’intero anno 2023, a seguito degli approfondimenti svolti dalle articolazioni della Dia e, infine, le quasi 16mila operazioni finanziarie sospette comprendenti anche le SOS a rischio criminalità organizzata. “Il turismo italiano – spiega il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – è sotto attacco. Oltre 7mila aziende vulnerabili rischiano di diventare ghiotta preda dei sodalizi criminali, con la ‘ndrangheta, Cosa Nostra, camorra, criminalità pugliese e lucana che si infiltrano nei settori dell’ospitalità, dalla ricettività alberghiera alla ristorazione passando per l’intermediazione. Debiti erariali, prestanome legati ai clan e una fragilità imprenditoriale sempre più diffusa creano le condizioni ideali per un controllo mafioso”

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Suicida a 21 anni, la procura di Torino indaga sulla sua morte: sedici persone indagate

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È giallo a Torino sulla morte di una donna di 21 anni, di origini albanesi, trovata senza vita nel marzo del 2021 in un alloggio alla periferia della città. La storia della ragazza, Sonila il suo nome, sfruttata da un gruppo anch’esso albanese che gestiva un giro di prostituzione nel capoluogo piemontese, è emersa dopo l’operazione della squadra mobile di Torino, denominata Mariposa, che la scorsa settimana ha portato a cinque misure cautelari per reati che vanno dalla rapina al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sedici le persone indagate.

Per la procura di Torino, come riportato dal quotidiano La Stampa, la ragazza potrebbe essere stata indotta al suicidio. Le indagini sono coordinate dalla pm Valentina Sellaroli. L’operazione che ha portato allo smantellamento della rete ha avuto origine nel maggio 2022 da una rapina ai danni di una prostituta albanese. Le indagini hanno rivelato un sistema criminale che coinvolgeva giovani donne costrette a prostituirsi in zone specifiche della città come Barriera Nizza e Madonna di Campagna. Le vittime, tutte di nazionalità albanese, secondo quanto ricostruito, subivano continue vessazioni fisiche e psicologiche. Le donne erano obbligate a consegnare l’intero guadagno ai propri sfruttatori e versavano in condizioni di totale assoggettamento, mantenuto anche attraverso legami sentimentali manipolatori. Tra di queste c’era Sonila, trovata morta nel bagno di un piccolo alloggio in cui viveva con il compagno – oggi tra gli indagati – e il suo bimbo di due anni.

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