Dario Nardella ha fatto un passo indietro nella corsa alla segreteria del Pd. Il sindaco di Firenze sosterrà la candidatura di Stefano Bonaccini, vestendo i panni di presidente della mozione. Per l’annuncio ufficiale, è stato scelto il Teatro del Sale, nel capoluogo toscano. “Vogliamo costruire un partito dove non comandino le cordate di potere – ha detto Nardella – dove siano riconosciuti i territori, dove gli iscritti e gli elettori abbiano voce in capitolo. Ho trovato nel progetto di Bonaccini la risposta a queste esigenze”. A un mese e mezzo dalle primarie, gli aspiranti segretari del Partito democratico sono quasi tutti in campo: ci sono Bonaccini e Paola De Micheli, per domani è atteso l’annuncio di Elly Schlein, nei prossimi giorni quello del sindaco di Pesaro Matteo Ricci. Potrebbe aggiungersi qualcun altro, magari un governatore del sud come Vincenzo De Luca o Michele Emiliano, ma la lista degli sfidanti sembra quasi completa. Nel partito è quindi in corso il fermento delle correnti: quale sostiene chi. Un gioco a cui nessuno dichiara di voler partecipare.
“Non voglio essere il candidato di alcune correnti – ha chiarito Bonaccini – Il Pd va smontato e rimontato e non dobbiamo farci chiamare con il cognome di qualcun altro”. Il riferimento è a Matteo Renzi – di cui sia Nardella sia Bonaccini sono stati sostenitori quando era al Nazareno – e all’area Pd dei cosiddetti ex renziani. “Qui non ci sono renziani – ha chiarito Nardella – Ognuno ha preso la sua strada. I renziani senza Renzi non sono renziani”. La campagna per la conquista del Nazareno partirà il 10 dicembre, da Bari, con “un grande tour in giro per l’Italia – ha detto Bonaccini – Vogliamo toccare almeno 100 comuni”. Anche perché, la componente del Pd a cui il governatore e Nardella puntano è quella degli amministratori locali: “Ci sono sindaci di grande qualità tenuti troppo spesso in panchina – ha detto Bonaccini – Una parte dirigente del Pd di oggi mi dà l’idea che faccia fatica a capire cosa succede alla gente, ecco perché si deve partire dai territori, dagli amministratori locali”. L’obiettivo è chiaro: “La parola rottamazione non l’ho mai usata – ha detto Bonaccini – Non si tratta di mandare via qualcuno. Ma io dico, e lo dico con rispetto, che serve una nuova classe dirigente, anche perché veniamo a livello nazionale da troppe sconfitte”. Con lo scontro fra area liberal e area radical, nel dibattito congressuale si affaccia spesso il tema della scissione, della possibilità che una parte del partito se ne vada se vince il candidato degli altri.
Un’ipotesi che Bonaccini respinge: “Dobbiamo dire che chiunque vinca la corsa congressuale noi comunque il giorno dopo stiamo tutti insieme. Di scissioni ne abbiamo patite anche troppe”. Per Bonaccini il tema della alleanze è prematuro, prima c’è da rilanciare e ridefinire il Pd, dice. Ma auspica una convergenze su alcune battaglie. Come quella sulla Manovra. Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, ha attaccato i limiti all’uso del pos: “Il governo e il ministro dell’Economia – ha detto – si stanno assumendo una grave responsabilità che pagheremo negli anni futuri”. Un’impostazione che non è lontana da quella del Pd. Nel gioco delle correnti a cui nessuno dice di voler partecipare, è intervenuto Goffredo Bettini: “Mi sarebbe piaciuto se Andrea Orlando si fosse impegnato in prima persona. C’è ancora tempo. Per ora la piattaforma che mi convince di più è quella di Matteo Ricci”. La sinistra del partito è in cerca del centro di gravità. Ed è in attesa di Schlein (per la quale, dopo l’attentato ad Atene alla sorella Susanna, diplomatica all’ambasciata greca, la prefettura ha attivata un servizio di vigilanza), che dirà la sua a un incontro organizzato per domattina a Roma.