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Cronache

Thyssenkrupp, respinto l’ultimo ricorso: ora i manager vanno in cella

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Si aprono le porte del carcere per gli ultimi due condannati nel processo Thyssenkrupp. Un tribunale tedesco ha respinto il ricorso di Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i manager della multinazionale dell’acciaio riconosciuti responsabili in via definitiva per il rogo che nel 2007, a Torino, uccise sette operai. Agli imputati, dopo l’ultima sentenza della Cassazione, furono inflitti rispettivamente 9 anni e 8 mesi e 6 anni e 10 mesi. In Germania ne sconteranno cinque, il massimo della pena prevista dall’ordinamento locale per reati di questo genere. “Il mio primo pensiero va ai familiari delle vittime che rivendicavano una risposta di giustizia. A loro va il mio piu’ forte abbraccio”, il messaggio del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Torino aspettava da tempo questa notizia”, e’ invece il commento della sindaca Chiara Appendino, che si dice “vicina alle famiglie delle vittime”. Era il 6 dicembre del 2007 quando una nube di fuoco, divampata all’improvviso, avvolse sette lavoratori che, fedeli alle consegne, stavano cercando di smorzare con gli estintori quello che sembrava essere un normale principio di incendio sulla ‘linea 5′ dell’acciaieria. L’inchiesta punto’ il dito sulle gravi lacune in materia di sicurezza presenti in uno stabilimento ormai in via di dismissione (gli impianti stavano per essere trasferiti a Terni). I processi, in seguito, accertarono responsabilita’ sia a Torino che a livello centrale. “Il punto – dice Raffaele Guariniello, il magistrato oggi in pensione che coordino’ il pool dei pubblici ministeri – e’ che i quattro condannati italiani avevano gia’ cominciato a scontare la pena. A me non e’ mai piaciuto sapere di qualcuno in carcere. Ho sempre perseguito i reati, mai le persone. Ma era una questione di equita’. Una ferita da rimarginare”. Graziella Rodino’, mamma di Rosario, una delle sette vittime, non sorride: “Le notizie dalla Germania alimentano le nostre speranze di giustizia, ma troppe volte questa gente trovato il modo di evitare la prigione. Ci crederemo quando saranno dietro le sbarre”.

A respingere il ricorso di Espenhahn e Priegnitz e’ stato, in seconda istanza, il tribunale regionale superiore di Hamm, dopo una prima pronuncia dei giudici di Essen. “E’ la conferma – commenta Guariniello – che il nostro e’ stato un processo giusto, dove tutte le parti coinvolte hanno potuto far valere le proprie ragioni”. “La prescrizione – osserva ancora il magistrato – e’ stata evitata anche grazie al fatto che chiudemmo le indagini in soli due mesi e mezzo. Che la pena venga eseguita e’ importante in un’ottica di prevenzione degli incidenti sul lavoro: dimostra che chi sbaglia rischia davvero di andare in carcere”.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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