Arriva la stretta del governo sulla sicurezza: Un disegno di legge che sarà esaminato domani dal governo contiene un’ampia serie di misure che si propongono di punire più severamente chi detiene manuali per la fabbricazioni di ordigni, chi aggredisce le forze dell’ordine, chi occupa case abusivamente, chi utilizza i minori nell’accattonaggio. Si tocca anche la disciplina sull’intelligence, con un’estensione delle garanzie funzionali, cioè l’autorizzazione alla commissione di reati. Un altro ddl prevede la riforma della polizia locale. La riunione sarà preceduta in mattinata da un incontro convocato dalla premier Giorgia Meloni con i rappresentanti dei sindacati di polizia e del Cocer Interforze.
Al centro della discussione le risorse per il rinnovo del contratto del comparto Sicurezza e Difesa, scaduto ormai da due anni. In serata Meloni ha fatto il punto sui provvedimenti a Palazzo Chigi, insieme ai vicepremier Antonio Tajani ed a ministri, tra i quali Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Chiunque si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di “congegni bellici micidiali – si legge in una bozza del provvedimento – di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche, batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
In passato questi ‘manuali’ per bombe sono stati a volte sequestrati ad esponenti di formazioni jihadiste. Dal terrorismo alle occupazioni abusive, il ddl si propone di contrastare più efficacemente chi occupa una casa approfittando dell’assenza del proprietario o di chi lo detiene legittimamente. La pena stabilita è la reclusione da due a sette anni. La stessa vale per chi si “appropria di un immobile altrui, con artifizi o raggiri, ovvero cede ad altri l’immobile occupato”. Prevista anche la reintegrazione nel possesso dell’immobile “oggetto di occupazione arbitraria”.
Viene poi introdotta un’aggravante per chi truffa gli anziani. La reclusione prevista viene innalzata dagli attuali 1-5 anni a 2-6 anni, con l’introduzione di una multa da 700 a 3.000 euro consentendo così l’applicazione della misura cautelare in carcere. Nel mirino anche l’accattonaggio ed i reati commessi dalle donne in gravidanza. Il rinvio della pena per le donne incinte e le madri con figli fino ad un anno d’età diventa facoltativo e non più obbligatorio come previsto oggi. L’esecuzione della pena dovrà sempre e comunque avvenire presso gli istituti a custodia attenuata e non nelle carceri. Chi poi organizza, favorisce, induce o impiega i minori nell’accattonaggio rischia fino a 5 anni di carcere.
Le modifiche introdotte prevedono inoltre, secondo quanto scritto nella bozza, l’innalzamento dell’età dei minori che vengono sfruttati: verrà punito chiunque utilizza i minorenni fino a 16 anni anziché, come era attualmente, fino a 14. La pena prevista è da 1 a 5 anni ma, in caso chi sfrutti i minori “se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto”, la reclusione sale da 2 a 6 anni. Giro di vite, inoltre, sui reati contro il personale in divisa. Se la violenza o la minaccia ad un pubblico ufficiale è commessa nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, la pena è aumentata di un terzo. Nell’ipotesi di lesioni si applica la reclusione da due a cinque anni. In caso di lesioni gravi o gravissime, la pena è, rispettivamente, della reclusione da quattro a dieci anni e da otto a sedici anni. Il ddl contiene infine norme contro le rivolte nelle carceri, sanzioni maggiori per chi viola un posto di blocco, per il sostegno alle vittime di usura e si consente alle forze di polizia di impiegare un’arma diversa da quella d’ordinanza.
In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.
MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)
Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.
Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)
“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.
Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.
Una farfalla in acciaio inclinata su un frammento della rete che un tempo divideva Gorizia e Nova Gorica. Si presenta così il 25/o premio Santi Ilario e Taziano conferito oggi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al presidente emerito della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, passati alla storia per quella mano nella mano a Basovizza come segno di riconciliazione tra i popoli. Due massime istituzioni, due uomini, due amici a cui oggi è stato riconosciuto il sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica. Mattarella sale sul palco del teatro Verdi e saluta “l’amico Borut”, Pahor ricambia con “l’amico Mattarella”. Cade ogni formalismo, ogni frammento di rete divisiva, se ancora ce ne fossero. E si suggella il senso della prima capitale europea della cultura transfrontaliera Nova Gorica-Gorizia 2025. Due città che “hanno coraggiosamente trasformato la prossimità geografica delle due identità in un’opportunità”, esempio “inestimabile” per “l’intera Europa”, osserva Mattarella.
Il percorso con Pahor “a favore dell’amicizia tra i nostri due Paesi” – aggiunge – lo “abbiamo vissuto non soltanto come dovere civico e istituzionale verso i nostri rispettivi popoli, ma come responsabilità doverosa per la realizzazione di un futuro di pace per il nostro continente”. E sottolinea: “E’ ai cittadini di queste terre che dobbiamo il successo di questo percorso: società mature, cresciute in democrazia, con efficaci anticorpi rispetto a lusinghe di sterili e pericolosi nazionalismi”. Pahor richiama l’attenzione dell’Europa tutta.
“E’ fondamentale che l’Europa unita si proponga come comunità coesa, capace di tracciare congiuntamente la rotta di uno sviluppo coraggioso”, dice sul palco. A margine poi un riferimento alla guerra in Ucraina e al processo di pace: “Dobbiamo fare il possibile perché l’Europa sia protagonista anche delle iniziative che potranno determinare il futuro del mondo”. Il teatro è gremito, gli applausi sono lunghi. La commissione, presieduta dal sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, e dal decano don Nicola Ban, assegna ogni anno, in occasione della festa patronale, il premio a chi ha dato lustro alla città. Per il 2025 non ci sono stati dubbi.
“La storia deve essere insegnata, soprattutto ai giovani: è infatti l’ignoranza a generare pericolose derive, mentre la cultura, la conoscenza, l’amicizia le prevengono. E la vostra mano nella mano ci insegna che dobbiamo andare avanti”, afferma Ziberna. Go!2025, dice l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, “è un segno per continuare sulla via della concordia nel rispetto e nella valorizzazione di culture e lingue diverse”. La farfalla inclinata è simbolo di speranza e futuro, pronta a spiccare il volo per allontanarsi da un passato di divisioni. “Siete stati uno di quei fili che è riuscito a riparare, ricucire questo dolore e questo confine. Io dico sempre che un tessuto nuovo è un bellissimo tessuto, ma un tessuto ricucito è un tessuto più forte”, le parole del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
In contemporanea e divise da pochi chilometri dall’appuntamento tutto blu lanciato da Michele Serra. Le piazze anti Europa si sono contese la ribalta contro Bruxelles affidando, una, la protesta agli studenti e ai movimenti e, l’altra, ai più anziani guidati dal comunista Marco Rizzo (le foto a corredo questo articolo sono di Imagoeconomica). A piazza Barberini si sono radunati i manifestanti che hanno aderito all’iniziativa indetta da Potere al popolo con Usb, Arci, gli studenti di Osa e Cambiare rotta, la Comunità palestinese. Scandito il coro “Ue assassina” e striscioni anti riarmo: “Non un euro per la loro guerra” con le immagini di Von der Leyen e della premier Meloni.
Nel mirino dei manifestanti, per lo più giovani, la bandiera della Ue, altrove sventolata con orgoglio. Alcuni poster col vessillo blu sono stati dati alle fiamme. L’hotel St Regis ha deciso così di ‘ammainare’ la bandiera incriminata bersaglio di fischi e insulti da parte del corteo partito spontaneamente. Non è stato risparmiato neanche Michele Serra, “Contro l’odio di Michele Serra che ci porterà alla guerra”, i ministri Antonio Tajani e Matteo Salvini e la segretaria Pd Elly Schlein, tutti a vario titolo definiti “guerrafondai”.
In coda al corteo, con le bandiere della pace, un lungo manifesto con scritto: “il popolo russo non è mio nemico”. E poi ‘Bella Ciao’. Nostalgica e più attempata la manifestazione a Bocca della Verità, dove il leader di Democrazia sovrana popolare, Marco Rizzo, ha riunito simpatizzanti al grido di “Pace e sovranità”: qui cambia la musica, l’inno di Mameli. Tante le bandiere dell’Italia, una della Grecia, un’altra della Romania, della Pace e russa. Chi ha disertato l’iniziativa è stato il generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, che era stato invitato a partecipare.