Terna ha concluso le attività di espianto e reimpianto di circa 53.000 talee di Posidonia oceanica per il loro riposizionamento nel Golfo di Follonica, intervento che ha coinvolto un’area di oltre 1.650 metri quadrati e che è propedeutico alla posa del cavo marino in primavera che collegherà l’isola d’Elba (Portoferraio) alla terraferma, a Piombino, in provincia di Livorno. La Posidonia oceanica, spiega la società operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, “è una pianta acquatica tipica del Mar Mediterraneo che ricopre un ruolo strategico per l’ecosistema, tanto da essere stata definita ‘habitat prioritario’ dall’Unione Europea.
Le sue praterie, infatti, ospitano numerose specie di pesci e molluschi e producono grandi quantità di ossigeno (fino a 20 litri per metro quadrato al giorno) grazie all’elevata capacità fotosintetica delle foglie. Inoltre, proteggono le coste dall’erosione tramite l’azione di consolidamento dei fondali, la ritenzione di sedimento fine e l’accumulo di ammassi di foglie morte sulla parte emersa delle spiagge”. Le attività sono state realizzate da Terna in collaborazione con Econ, che ha eseguito il trapianto sotto la supervisione del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (Conisma).
Quest’ultimo ha curato il coordinamento e le attività di monitoraggio ambientale, utilizzando metodi già collaudati con successo nell’ambito del progetto “Life Seposso” (Supporting environmental governance for the Posidonia oceanica sustainable transplanting operations). Concluso il trapianto, si apre adesso “una seconda fase che consiste in un piano di conservazione e monitoraggio ambientale della durata di dieci anni che consentirà di seguire, non solo l’andamento nel tempo del numero dei fasci di Posidonia oceanica nelle aree trapiantate, ma anche la crescita e lo stato di salute delle piante”. Il nuovo elettrodotto “per cui il gruppo guidato da Stefano Donnarumma ha previsto investimenti pari a 90 milioni di euro, avrà una lunghezza complessiva di circa 37 chilometri: questo intervento – conclude Terna – consentirà di raddoppiare le linee di connessione tra il sistema elettrico nazionale e la rete dell’isola d’Elba”.
Intervistato dal Corriere della Sera, Luca Sardella (foto Imagoeconomica in evidenza) ha svelato l’origine della sua famosa coppola: «Ero all’inizio della mia carriera e Pippo Baudo mi disse che avrei dovuto scegliere un look riconoscibile. Da allora non ho mai smesso di portarla». Oggi ne possiede ben 358, ciascuna abbinata a una camicia della stessa stoffa: «La tolgo solo la domenica, quando vado in chiesa».
Una carriera tra piante e musica
Sardella, agronomo, cantante e precursore della divulgazione sul verde in tv, racconta: «Sono stato il primo a parlare di questi temi. Parlo di piante da 37 anni e la gente ancora mi ringrazia per aver portato il verde nei loro balconi».
La passione nasce dalla sua infanzia difficile ma ricca di affetto in Puglia: «Cantavo le canzoni di Celentano e piantavo i semi raccolti per strada. Promisi ai miei genitori che sarei diventato sia agronomo che cantante».
Gli inizi difficili a Milano
Sardella arriva a Milano in autostop, dormendo la prima notte con un senzatetto: «Non ero triste, avevo obiettivi precisi. Cominciai a lavorare alla Innocenti Auto e intanto tentai di sfondare nella musica. Nel 1980 incisi il primo reggae italiano, “Mi rode, mi scoppia”».
L’incontro decisivo con Pippo Baudo
Fu Pippo Baudo a introdurlo nel mondo televisivo, dopo aver risolto con metodi naturali un problema di formiche a casa del noto presentatore. «Da allora mi invitò nelle sue trasmissioni, chiedendomi però di non abbandonare mai il mio interesse per le piante», racconta Sardella.
Il successo televisivo
Il grande successo arrivò con programmi come “Una pianta al giorno”, “Verdissimo” e soprattutto “La vecchia fattoria” nel 1998. «Aveva un enorme seguito, trattava di agricoltura e ambiente. Poi me la tolsero, forse dava fastidio».
Sardella rifiutò anche la conduzione de “La prova del cuoco”, preferendo seguire un percorso personale e creativo: «Mi chiamò Agostino Saccà per quel programma, ma dissi no. Antonella Clerici è bravissima, io ho preferito proseguire per la mia strada».
LUCA SARDELLA (Foto Imagoeconomica)
Consigli pratici e amore per le piante
Secondo Sardella, il suo successo deriva dalla credibilità: «I miei consigli funzionano davvero, ad esempio, tenere in camera una pianta di Aloe vera aiuta a dormire meglio».
Sulle piante, rivela: «Parlano tra loro e soffrono se stanno da sole. Bisogna curarle con affetto, percepiscono chi se ne prende cura davvero».
Lavorare con la figlia Daniela
Attualmente conduce insieme alla figlia Daniela, avvocata e criminologa con specializzazione in diritto ambientale, il programma Rai “Green Lovers”: «Sono orgoglioso di lei, lavoriamo molto con i giovani».
Le collaborazioni illustri
Tra i tanti incontri illustri, spiccano quelli con Michael Jackson e Re Carlo. «A Neverland realizzai una parete di limoni e fragole. Michael ne fu entusiasta e regalò a mia figlia alcune canzoni inedite, che resteranno private per rispetto». Sardella è stato anche invitato da Re Carlo alla sua incoronazione, dopo aver risolto problemi con le piante di Buckingham Palace.
Il futuro e la musica
Sardella continua con soddisfazione la sua carriera, ma vorrebbe maggiore attenzione politica e televisiva verso i temi ambientali. Intanto, sta lavorando al suo nuovo album con testi di Mogol: «Non sapeva che avessi scritto io lo spot del Vecchio amaro del Capo. Ora siamo amici e collaboriamo».
Tempeste, uragani e nubifragi, inondazioni e siccità: sono i nuovi fenomeni con i quali ogni Paese del mondo deve fare i conti e per i quali sono urgenti previsioni sempre più precise, che permettano di attivare sistemi di allerta rapida. E’ questo il tema della Giornata mondiale della meteorologia indetta dalla Nazioni Unite per celebrare la nascita dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo) che era avvenuta il 23 marzo 1950 Il futuro del clima è stato spesso fra i temi della Giornata Mondiale, ma questa volta c’è una vera e propria chiamata all’azione per colmare il divario che separa ancora i Paesi che hanno organizzato sistemi di allerta per aiutare a proteggere la popolazione e quelli che ne sono ancora privi. I progressi ci sono, tanto che nell’arco di nove anni sono raddoppiati nel mondo i Paesi che hanno realizzato sistemi di allerta rapida: dai 52 del 2015 ai 108 del 2024. “Adesso è il momento di agire”, scrive la Wmo sul suo sito.
“Colmando insieme il gap per le allerta precoci – aggiunge – possiamo creare un mondo più sicuro e resiliente”. Quanto i sistemi di allerta rapida siano importanti lo dimostra anche l’esperienza italiana, in particolare quella relativa ai recenti eventi in Toscana, ha detto Dino Zardi, professore di Fisica dell’atmosfera all’Università di Trento e vicepresidente dell’Associazione italiana di scienze dell’atmosfera e meteorologia (Aisam). “I fenomeni di grande scala – aggiunge – sono ben visualizzabili a livello meteorologico, ma non sempre è facile quantificare l’entità delle precipitazioni: ci sono valutazioni soggette a incertezze e che possono essere ridotte progressivamente grazie alla ricerca”. Il problema è, rileva, che “il cambiamento climatico ci sta portando in situazioni mai sperimentate prima, relative a regimi meteorologici mai esplorati: stiamo avanzando in un’area sconosciuta”.
In generale “emerge una forte sensibilità del mondo della cosmetica sul fronte della sostenibilità. Si lavora essenzialmente su tre fonti, il prodotto, le materie prime che lo compongono e il suo packaging”. Lo dice a Cosmoprof Worldwide Bologna, il prof. Michele Merola di Ergo srl (gruppo Tecno) spinoff della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha curato con Cosmetica Italia il primo Osservatorio sulla Sostenibilità del settore cosmetico, con i risultati del report presentati a settembre. “Ci siamo basati su un questionario inviato alle imprese del settore, ha partecipato il 76% del campione di aziende che abbiamo selezionato. Una risposta altissima, che rappresenta oltre il 30% dell’intero fatturato del settore.
Per la seconda edizione ci allarghiamo anche alla filiera, quindi non solo le aziende che producono cosmetiche, ma anche quelle che producono il packaging, le materie prime e i macchinari, per avere una visione ancora più completa. Lanceremo il questionario subito dopo Cosmoprof: raccoglieremo i dati che saranno presentati a settembre all’interno della Milano Beauty Week”. Le aziende, stando ai dati del report, “lavorano su ridurre l’impatto durante il processo di produzione, quindi acqua e energia in particolare, e si lavora anche sulla organizzazione, la sostenibilità dell’impresa, pure in termini sociali”. Sicuramente “il tema più forte di questo periodo è il tema del packaging”.
Le aziende “stanno facendo moltissimo in questo senso, c’è stata anche molta ricerca e sviluppo. Fino a pochi anni fa non c’erano molte alternative. Invece ad oggi ci sono, dal riciclo all’eliminare il packaging secondario o terziario, mantenendo solo quello primario, che è quello ovviamente necessario a proteggere e trasportare il prodotto”. Lo conferma nel dibattito Zoe Tortini Corporate social responsibility manager di Cosmoproject, che produce skincare per conto terzi: “Prima certi cosmetici avevano anche la scatola della scatola… oggi dal mass market all’alta profumeria, la direzione è eliminare più strati possibile, Quest’anno ad esempio noi dismetteremo tutte le nostre celofanatrici secondarie, che utilizzavamo al di sopra della scatola ed è una scelta comune a molte altre aziende”.
Il cambiamento “in generale c’è, speriamo che il settore possa portarlo avanti abbastanza velocemente, ma non è molto semplice”. Anche “per questo – spiega Luca Nobili, Responsabile Comitato sostenibilità di Bottega verde – richiederemo precisi criteri di sostenibilità anche ai nostri fornitori”. Per Merola fra i campi in cui si può migliorare “c’è fare scelte che siano solide da un punto di vista scientifico. Non scegliere un packaging piuttosto che un altro per la moda del momento, ma utilizzando strumenti come l’impronta ambientale o altri di eco-design che ci permettano soluzioni con un minore impatto ambientale. E lo stesso vale sui prodotti. Dirigere le scelte verso quelli che hanno una materia prima che è certificata, sostenibile rispetto alla materia prima tradizionale”.
Fra le criticità, anche in questo settore c’è il greenwashing (pratica che consiste nel presentare un’azienda, un prodotto o un servizio come ecologico, etico o sostenibile, quando in realtà non lo è, ndr): “E’ un tema sicuramente centrale, su questo Cosmetica Italia sta lavorando tantissimo con le aziende proprio per diffondere le regole, perché nel frattempo anche a livello europeo le direttive sono cambiate e sono diventate ancora più stringenti. Ci sono state aziende condannate dalle autorità preposte subendo multe anche per quello che noi chiamiamo anche greenwashing inconsapevole, perché non sempre si agisce in malafede a volte non si sanno le regole. Il primo passo è la conoscenza, il secondo utilizzare criteri scientifici validi, poi vanno evitati i claim assoluti”. Ad esempio “non esiste l’impatto zero, non c’è un prodotto che non abbia impatto ambientale. Questo si può ridurre con una serie di scelte, ma non posso dire che il mio prodotto è a impatto zero”.