Collegati con noi

Sport

Tennis: storica Trevisan, semifinale di gioia a Parigi

Pubblicato

del

Da Rabat a Parigi, Martina Trevisan e’ protagonista di una primavera che la sta portando, col sorriso e la tenacia, nell’olimpo del tennis alla soglia dei 29 anni. Il primo successo Wta in carriera, conquistato solo dieci giorni fa in Marocco, ha fatta planare la tennista fiorentina al Roland Garros con una nuova consapevolezza, facendole superare ogni ostacolo fino a raggiungere, per ora, una storica semifinale, grazie al successo in 3 set sulla canadese Laylah Fernandez, finalista agli Us Open 2021. Una vittoria che sancisce anche la rinascita, un nuovo inizio dopo un passato non facile, segnato da anoressia, il ritiro, poi la ripresa. Per l’azzurra – Martina non a caso, lo rivela lei stessa, il nome e’ omaggio alla Navratilova – e’ una prima volta assoluta tra le prime quattro non solo al Roland Garros ma in generale in uno slam, nove anni dopo Sara Errani, risultato che le da’ una spinta in classifica, da n.59 a n.26, ovvero n.1 italiana. Giovedi’ sara’ in campo per un sogno con la 18enne Usa ‘Coco’ Gauff, a sua volta esordiente in una semifinale di slam. La classe, i colpi, ma anche la grinta e al contempo quel sorriso che le hanno permesso di superare momenti difficili, come quando anni fa dovette lottare contro l’anoressia, le sono serviti tutti per avere la meglio sulla Fernandez, anche lei mancina e dotata di un gran dritto. Un match che sembrava vinto, all’improvviso si era complicato, per concludersi pero’ nel migliore dei modi. La fiorentina era partita bene portandosi sul 3-2, quando Fernandez ha chiesto un ‘medical time out’ per un problema ad un piede che la limitava negli spostamenti. Alla ripresa, la partita e’ scivolata verso un tranquillo 6-2 per Trevisan, che ha pero’ avuto un breve calo di tensione a inizio secondo set, risolto con un bel recupero fino al 3-3. Poi, sul 5-4, e’ arrivato il possibile match point ma la Fernandez l’ha cancellato con una fucilata lungolinea ed e’ riuscita ad approdare al tie break. dove l’azzurra ha concentrato un serie di errori, anche in battura, perdendolo 7-3. Ogni titubanza che poteva travolgerla e’ stata pero’ cancellata a inizio terzo set e grazie ad un doppio break l’azzurra e’ andata presto sul 4-0. Da li’ ha tenuto a bada l’ultima reazione dell’avversaria, urlando “forzaaa” ad ogni punto che l’avvicinava al successo, per chiudere con un 6-3 che le e’ valso la semifinale. “Sul primo match-point ero nervosa, tesa: mancava un punto per la semifinale – ha ammesso a caldo l’azzurra -. Poi ho accettato la situazione: ho capito che era normale sentirsi tesa ed emozionata e dovevo fare i conti anche con questo. Sono felicissima. Ieri ho parlato con Francesca e Flavia e mi sono sentita carica ed orgogliosa per quello che stavo facendo”. Francesca Schiavone fu regina di Parigi nel 2010 e finalista l’anno, mentre Flavia Pennetta vinse gli Us Open nel 2015. Per provare a imitare le loro imprese, Trevisan dovra’ affrontare la statunitense Gauff, n.23 del ranking, che ha battuto in due set la connazionale Sloane Stephens e che sta vivendo a sua volta un momento speciale. La settimana scorsa ha ricevuto il diploma delle superiori che e’ riuscita a conquistare tra un torneo e l’altro, facendosi fotografare in tocco e toga con la famiglia davanti alla Tour Eiffel. Comunque vada la semifinale, per entrambe queste giornate a Parigi, terra che le e’ congeniale, visto che due anni fa approdo’ gia’ ai quarti – saranno indimenticabili.

Advertisement

Sport

Gravina-Lega di A e non solo, è tutti contro tutti

Pubblicato

del

San Siro per un giorno torna ad ospitare un ring. Niente sport, però, ma uno scontro da tutti contro tutti intorno al mondo del calcio e alle riforme: da un lato la Lega Serie A, dall’altra la Figc. Ma accanto all’incontro di cartello, c’è stato pure quello tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. In particolare, però, ad infiammarsi è stato lo scontro intestino nel pallone. La miccia era stata accesa ieri dal presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, che, intervenuto in commissione Cultura al Senato, aveva parlato di “rischio di derive autoritarie” da parte dei vertici della Figc. Parole che non sono andate giù al numero uno della federazione, anche perché pronunciate davanti a Claudio Lotito, presente alla seduta in quanto senatore pur non facendo parte della commissione. “Ci sono soggetti che pensano di gestire il mondo del calcio a proprio piacimento. Mi riferisco a Lotito e al lotitismo”, l’accusa di Gravina durante l’evento organizzato da Il Foglio a San Siro.

“Quando si parla di autonomia – ha aggiunto – bisogna capire come sia possibile che in Italia qualcuno sia allo stesso tempo presidente di una società, partecipa all’assemblea della Lega A, al Consiglio di Lega e al Consiglio Figc, è senatore, è vicepresidente commissione Bilancio, non fa parte della commissione Cultura ma partecipa ponendo domande”. Mettendo poi nel mirino anche Casini. “Parlare di derive di autoritaria è una mancanza di rispetto istituzionale. Si confonde con l’esercizio della democrazia”. Respingendo infine anche le lamentele per la scarsa autonomia: “La Serie A gode già della massima autonomia. Lo è nell’ organizzare i propri tornei, nella determinazione e nella valorizzazione dei suoi brand, nella gestione dei diritti tv”. Nemmeno due ore dopo, a salire sul palco è lo stesso presidente della Lega Serie A. Che respinge la palla nel campo avversario. “Non c’è nulla di personale, la Serie A nei poteri federali è sottodimensionata e questo porta a delle conseguenze, con rischi di derive autoritarie – ha ribadito Casini -. L’unico tentativo in tal senso è l’ipotesi di eliminare il diritto di veto. Se un sistema consente di proporre quello, significa che c’è qualche problema di equilibrio di poteri”. Finita qui? Tutt’altro, perché nel pomeriggio è arrivata la replica anche del patron della Lazio.

“Le dichiarazioni si commentano da sole: chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono”, dice Lotito, in una nota. E in serata, alla stessa Agenzia, una fonte della Figc precisa: “Nessun rancore, è solo una questione di rispetto per la Federazione. Il presidente ha manifestato preoccupazione per la gravità delle parole di Lotito in Commissione quando ha parlato di ‘ritorsioni’ verso chi non si allinea alla politica di Gravina. Basta riascoltare – si conclude da via Allegri – la registrazione sul sito del Senato”. Mentre dal mondo politico arrivavano dichiarazioni per l’una o l’altra parte, non sono mancati i tentativi di rasserenare l’ambiente: “La Lega A può rivendicare diritti che possono essere migliorati, ma quando subentra la litigiosità questa situazione non può portare giovamento”, ha detto l’ad dell’Inter, Giuseppe Marotta, sempre durante l’evento a San Siro.

“Cerchiamo di evitare contrapposizioni, perché è tutto a danno del calcio e non ci saranno né vincitori e né vinti”, gli ha fatto eco Malagò. Ma anche lo stesso numero uno del Coni è finito al centro di un botta e risposta col ministro Abodi, in merito al suo mandato, che scadrà nel maggio 2025, a nove mesi dalle Olimpiadi di Milano-Cortina. “Io non credo agli uomini e alle donne della provvidenza. Per cui quando un mandato finisce la vita continua e il mondo va avanti”, la dichiarazione in mattinata di Abodi. “Cambiare a pochi mesi dalle Olimpiadi non mi sembra una buona idea. Poi in questo Paese però non credo ci sia abbastanza da stupirsi”, “la replica di Malagò.

Continua a leggere

Sport

La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

Pubblicato

del

Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

Continua a leggere

Sport

Osimhen: io non mi arrendo mai, mi impegno sempre al massimo

Pubblicato

del

“Io mi definisco determinato, penso di essere quel tipo di persona che non si arrende mai, in qualsiasi circostanza mi trovo. Cerco sempre di impegnarmi al massimo per raggiungere quello che mi sono prefissato”. Lo ha detto Victor Osimhen in un’intervista con la piattaforma digitale sullo sport Betsson Sport pubblicata su Youtube dal club azzurro. Osimhen parla di se stesso in un’intervista alla fine di una stagione amara per il Napoli, che sarà la sua ultima in maglia azzurra. I tifosi del Napoli “sono straordinari – spiega – quando devo cercare una parola per descriverli resto senza parole perché sono assolutamente travolgenti. E’ elettrizzante, una città così grande che prende il calcio così seriamente e il modo in cui i tifosi supportano la squadra è veramente da non credere. Per me è una sensazione fantastica, a Napoli sono i tifosi che rendono la quadra ciò che è. Il modo in cui tifano la squadra e ogni giocatore è davvero incredibile”.

Osimhen, autore quest’anno di 15 gol in 28 partite in una stagione che lo ha visto assente per due periodi, prima per l’infortunio e poi per la Coppa d’Africa, spiega il suo rituale prepartita: “Prima di tutto dico le mie preghiere – ha detto – visto che sono molto credente, e ascolto alcune canzoni che mi motivano. Poi, ripenso alla partita precedente, a tutti gli errori che ho fatto così da poterli correggere. Se non segno comunque provo ad aiutare la squadra, provo a difendere, provo a vincere e a combattere per loro sul campo”. Alla domanda sul momento importante che ha avuto nella sua carriera, Osimhen ricorda che “il momento chiave – ha detto – è quando ho firmato per lo Charleroi in Belgio.

Prima, quando mi sono trasferito al Wolfsburg, volevo tanto cominciare a giocare, ma anche imparare perchè mi sono trasferito come un giovane attaccante e avevo bisogno di tempo per trasformarmi nel giocatore e nell’uomo che volevo diventare. A quel tempo ho potuto giocare con grandi giocatori come Draxler, Schurrle, Guilavogui, venne anche Mario Gomez, per me è stata un’opportunità per imparare una o due cose da alcuni dei più grandi attaccanti di quel periodo. Poi mi sono trasferito in Belgio ma sono stato rifiutato da due club lì, prima che finalmente lo Charleroi mi offrisse un contratto. Quello è stato davvero il momento che mi ha fatto diventare il Victor Osimhen che vedete ora”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto