Se non la volete chiamare la contromanovra del Pd, chiamatela la manovra che avrebbero fatto i Dem se fossero stati eletti il 4 marzo e riconfermati al Governo. Gli italiani, però, hanno scelto altro. In ogni caso la manovra è legge, nonostante l’Europa e il tira e molla europei. Il Pd però ritiene che quella varata sarà una manovra de profundis e allora piuttosto che presentare una contromanovra, smontano quella che è diventata legge sul filo dell’esercizio provvisorio di Bilancio.
L’incipit è “quello che devi sapere sulla Manovra in 9 punti”. Il Pd, con il capogruppo in commissione Bilancio della Camera, Luigi Marattin, spiega “chi ci guadagna e chi ci rimette con la Legge di bilancio del governo M5S-Lega”. Un lungo post sul sito del partito, una sorta di pagella che boccia in toto la manovra e fornisce, si legge, “informazioni certificate che ogni cittadino puo’ verificare autonomamente”. “Un dibattito pubblico così inquinato da fake news di ispirazione governativa”, mette in guardia Marattin, non è “un buon segnale per la salute della nostra democrazia. Cosi’ – scrive – vi invitiamo a verificare tutte queste informazioni, senza abboccare alle bugie della maggioranza e del governo”.
Ecco in sintesi i 9 punti proposti:
– AUMENTANO LE TASSE: se abbasso le tasse a tutti quelli che si chiamano “Marco” ma le alzo a tutti gli altri, posso continuare a drie che abbasso le tasse a chi si chiama Marco. Ma per capire se si pagano piu’ o meno tasse devo guardare ad un solo semplicissimo indicatore: la pressione fiscale. E la pressione fiscale – dopo cinque anni di lenta ma costante discesa – nel 2019 sale dal 42% al 42,4% del 2019. Significa circa 7 miliardi di tasse in piu’ a carico di chi lavora e produce in Italia. – DIMINUISCONO LE PENSIONI: i pensionati – tranne quelli sopra i 4.500 euro lordi al mese – non avranno meno soldi rispetto al 2018. Ma ne avranno meno (a partire da quelli sopra i 2.000 euro mensili lordi) rispetto a quello che avrebbero avuto se il governo non fosse intervenuto. Era previsto infatti che dal 2019 le pensioni sarebbero state piu’ alte in valore nominale, perche’ maggiormente adeguate all’inflazione. Il governo invece diminuisce questo adeguamento, ricavandone complessivamente 2,2 miliardi in tre anni.
– MENO INVESTIMENTI: nel 2019 le risorse pubbliche per gli investimenti diminuiscono di 1,063 miliardi rispetto al 2018. – AUMENTA L’IVA: non nel 2019, ma si prevede un aumento nel 2020 (23,1 miliardi) e nel 2021 (28,8 miliardi). Il governo dice che “poi lo evitera’”. Come? Tagliando la spesa per 30 miliardi?
– TASSA SULLA BONTA’: le associazioni di volontariato pagheranno piu’ tasse. L’aliquota sui redditi raddoppia, passando dal 12% al 24%.
– POPOLO E MULTINAZIONALI: a differenza dei populisti e dei demagoghi, noi non distinguiamo tra “popolo” (buono) e “elite” (cattive). Per cui non sappiamo esattamente che cosa voglia dire “colpire il popolo”. La manovra è dannosa per chi fa impresa (in media ne aumenta le tasse), per i lavoratori dipendenti (non hanno vantaggi e verranno danneggiati dall’economia in peggioramento), per i pensionati (minor adeguamento all’inflazione).
– ITALIA PIEGATA A BRUXELLES: fin da luglio la commissione Ue era disposta ad accettare una manovra che non prevedesse peggioramenti del deficit strutturale nel 2019 e un suo miglioramento progressivo nel 2020 e 2021. La prima proposta violava entrambe le condizioni e, in aggiunta, portava il deficit nominale al 2.4% del Pil. Dopo il “confronto” non solo il deficit nominale e’ arrivato al 2%, ma si e’ pienamente adempiuto alle due richieste fatte a luglio dalla commissione: una resa senza condizioni.
– TAGLI ALLA SCUOLA: gia’ dal 2019 si tagliano 56 milioni all’alternanza scuola-lavoro e 12 milioni alla formazione dei docenti, mentre non c’e’ alcun investimento sull’organico dell’autonomia, il che significa piu’ supplenze e meno certezza per i precari. Il taglio piu’ importante riguarda il triennio: gli stanziamenti per l’istruzione passeranno da 48,37 miliardi a 44,47 di qui al 2021: riduzione di 4 miliardi di euro.
– COSTITUZIONE CALPESTATA: citando l’art.72 della Carta, Marattin osserva che “molte volte e’ accaduto che il ddl di bilancio fosse approvato con la fiducia”, ma stavolta, “e per la prima volta nella storia della nostra Repubblica – denuncia -, il ddl e’ stato quasi completamente riscritto il 22 dicembre e approvato dalla maggioranza il 30 dicembre senza che ne’ le commissioni bilancio di Camera e Senato (e ne’ le assemblee plenarie stesse) avessero avuto modo di discutere, approvare e modificare le norme in esso contenute”.