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Taser ai vigili di Napoli: parte la sperimentazione delle pistole elettriche

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La giunta comunale di Napoli ha approvato il regolamento per l’utilizzo sperimentale dei taser da parte della polizia municipale. Questo passo rappresenta l’ultima tappa prima della decisione del Consiglio Comunale, che dovrà dare il definitivo via libera alla proposta. In caso di approvazione, un gruppo selezionato di agenti inizierà un percorso di addestramento specifico, con l’obiettivo di avviare una sperimentazione di sei mesi. Alla fine di questo periodo, il Comune deciderà se integrare i taser nelle dotazioni ufficiali dei vigili.

Come funziona un taser?

Il taser è un dispositivo che permette di immobilizzare temporaneamente un aggressore senza ricorrere alle armi da fuoco. Ha la forma di una pistola, ma al posto dei proiettili spara due dardi elettrificati che trasmettono una scarica al sistema nervoso, provocando una paralisi muscolare temporanea. Questo consente di neutralizzare una minaccia in modo meno letale rispetto alle armi convenzionali.

Le prime sperimentazioni in Italia risalgono al 2022 e hanno coinvolto polizia, carabinieri e guardia di finanza. Successivamente, anche le polizie municipali hanno iniziato ad adottare questo dispositivo, benché il suo utilizzo resti oggetto di dibattito sulla sicurezza.

Il percorso per introdurre i taser a Napoli

Per introdurre i taser, il Comune di Napoli ha seguito un iter complesso, definito da normative nazionali. Il regolamento è stato elaborato in collaborazione con le Asl locali, che hanno certificato l’affidabilità e la sicurezza del dispositivo. Per velocizzare i tempi, è stato deciso di utilizzare un modello “x2” prodotto dalla multinazionale Axon, già ampiamente testato in passato, invece delle versioni più recenti in commercio.

L’addestramento previsto per gli agenti sarà rigoroso e strutturato in diverse fasi, comprendendo:

  • Lezioni sui possibili effetti delle scariche elettriche, a cura delle Asl.
  • Simulazioni con visori 3D, per riprodurre situazioni di emergenza.
  • Test sul campo per acquisire familiarità con l’utilizzo pratico del taser.

Dove saranno utilizzati i taser

Gli agenti dotati di taser saranno impiegati principalmente nelle aree più critiche della città, dove si registra il maggior numero di aggressioni. Zone come piazza Garibaldi, porta Nolana e via Duomo saranno tra le prime a vedere i dissuasori elettrici in azione. Durante i turni, due coppie di agenti muniti di taser saranno operative in queste aree.

La bodycam come garanzia di trasparenza

Ogni agente munito di taser sarà dotato di una bodycam, una telecamera che si attiva automaticamente nel momento in cui il dispositivo viene estratto dalla fondina. Questo sistema garantirà la massima trasparenza, documentando l’intervento e tutelando gli agenti da eventuali contestazioni.

Secondo il regolamento napoletano, il taser non deve essere puntato su parti sensibili come volto, petto e genitali. Il suo utilizzo è consentito esclusivamente in situazioni di aggressione pericolosa. Ogni impiego dovrà essere accompagnato da un rapporto dettagliato e dalla registrazione del video della bodycam.

Un passo verso maggiore sicurezza

L’introduzione sperimentale dei taser rappresenta un passo importante per migliorare la sicurezza degli agenti di polizia municipale e dei cittadini, pur mantenendo un approccio responsabile e controllato. La valutazione dei risultati sarà cruciale per decidere il futuro di questi dispositivi nel contesto napoletano.

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Gratteri e la lotta alle mafie: servono quattro carceri dedicate per il 41 bis

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“Oggi ci sono 730 detenuti al regime del 41 bis in undici diverse carceri. Per quanto mi riguarda, ci sono in pratica undici interpretazioni diverse del 41 bis, dove capita che un detenuto può stare meglio o peggio”. Il parere è di Nicola Gratteri, procuratore capo presso il tribunale di Napoli, intervenuto in commissione parlamentare antimafia. “Da vent’anni – ha aggiunto – propongo di realizzare quattro strutture dedicate al 41 bis. Oggi ce ne è una sola in Sardegna. Un’altra a Cagliari che non si apre. Basterebbero altre tre carceri da 5.000 posti l’uno e non parleremmo più di sovraffollamento. Oggi, in base alla norma, siamo di fronte ad un ‘adattamento’: un detenuto sta di fronte ad un altro detenuto. La socializzazione del 41 bis si dovrebbe fare per un’ora per quattro detenuti provenienti da altre parti. Per giunta, il 41 bis diventa un privilegio, sei da solo, non hai disturbo. Il 41 bis è più uno slogan. Era nato per impedire ai capimafia di spedire messaggi di morte. Io sarei molto più rigoroso ma deve funzionare l’alta sicurezza”.

“A Napoli notiamo un cambio generazionale nell’ambito della criminalità organizzata. Diminuisce l’età dei minori che commettono reati e diminuisce l’età di soggetti ai vertici delle organizzazioni camorristiche” ha spiegato sempre  il procuratore della Repubblica  Gratteri in Commissione. “Se è una costante l’abbassamento dell’età di chi commette reati di camorra – ha aggiunto – c’è da pensare che le indagini possano essere fatte sempre dalla Procura Distrettuale Antimafia anziché dalla Procura dei minori, che non ha nemmeno la sala per le intercettazioni. Se in un’indagine ci sono 4-5 minori, quale è il senso di stralciare la posizione di questi ultimi. Se statisticamente sono coinvolti sempre più minori, sarebbe il caso per economia e sinergia far sì che l’intera indagine la faccia la Procura Distrettuale Antimafia”. “Chiedete al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – ha aggiunto il procuratore – perché tutti i capimafia sono a Secondigliano a farsi calare i telefonini con i droni e non almeno a 100 chilometri da Napoli “.

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Mafia, Michele Senese condannato a 11 anni in appello

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ìUndici anni di carcere e riconoscimento dell’ aggravante mafiosa. E’ quanto inflitto dalla Corte di Appello di Roma per Michele Senese, detto ‘O’ Pazz’ nel processo di appello bis nato dalla maxi inchiesta della Dda capitolina ‘Affari di Famiglia’. Il secondo processo di appello era stato disposto dalla Cassazione che aveva annullato a febbraio scorso l’assoluzione di Senese decisa nel primo processo di appello, quando era caduta anche l’aggravante mafiosa. La moglie di Senese Raffaella Gaglione è stata condannata a 5 anni, il figlio Vincenzo a 13 anni e il fratello Angelo a 6 anni e mezzo. Le accuse contestate nell’inchiesta vanno dall’estorsione, all’usura al riciclaggio.

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Crudeltà sulle cavie e omissioni, arresti a Catanzaro

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Topi e ratti seviziati, uccisi senza anestesia come prescrive la legge, spesso decapitati, il tutto in laboratori scientifici (stabulari) con numerose criticità igieniche e ambientali. Una situazione che avrebbe dovuto essere rilevata dai veterinari incaricati dei controlli e segnalata. Ma tutto ciò, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, non sarebbe avvenuto perché regnava un “collaudato sistema illecito” che faceva sì che le ispezioni nei laboratori da parte dell’Asp fossero “pilotate” per ottenere l’attestazione di regolarità delle ricerche ed evitare la revoca dei finanziamenti ministeriali ammontanti a circa due milioni per vari progetti. E’ questa la convinzione della Procura della Repubblica e dei finanzieri del Gruppo di Catanzaro che stamani hanno eseguito un’ordinanza del gip che ha portato agli arresti domiciliari undici tra docenti e ricercatori dell’Ateneo – tra i quali l’ex rettore Giovambattista de Sarro – e veterinari dell’Asp.

Un altro veterinario dell’Asp è stato interdetto dall’esercizio delle pubbliche funzioni per 12 mesi. Le accuse ipotizzate nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, associazione per delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione di animali. Altre 21 persone sono indagate in stato di libertà. I finanzieri hanno anche sequestrato due laboratori scientifici adibiti alla sperimentazione sugli animali nonché 23.222,17 euro nei confronti di due indagati, ritenuta provento della truffa allo Stato. Per gli inquirenti era stato creato “un rapporto di compartecipazione e di reciproci favoritismi tra” gli indagati.

Il coinvolgimento dei veterinari dell’Asp, secondo gli inquirenti, si era reso necessario proprio a causa delle criticità presenti nei laboratori alle quali bisognava sopperire per non perdere i finanziamenti. Si era quindi instaurato quello che i magistrati indicano come un rapporto corruttivo tra alcuni indagati, in un caso, aveva interessato anche la redazione delle graduatorie finali riguardanti specifici concorsi all’Università, uno dei quali vinto dalla figlia di uno dei veterinari dell’Asp ed in un altro al pagamento di cospicue somme di denaro ad un altro veterinario grazie a numerosi incarichi di docenza che avrebbe ottenuto illecitamente all’Ateneo in cambio del sistematico esito positivo delle ispezioni svolte.

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