Quasi 3,24 milioni di dipendenti pubblici per una spesa che supera i 172 miliardi: nel 2021 i dipendenti pubblici – secondo la fotografia scattata dalla Ragioneria con il Conto annuale hanno raggiunto un’età media di 49,8 anni, in lieve calo sul 2020 grazie all’utilizzo massiccio nel comparto dell’ultimo anno di uscita con Quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi) ma in crescita di quasi sei anni e mezzo sul 2001.
Ma se il lavoro pubblico resta un porto sicuro dal punto di vista della protezione rispetto ai licenziamenti appare meno interessante sotto il profilo della retribuzione a causa del blocco degli aumenti negli anni della crisi. Le retribuzioni lorde medie dei lavoratori pubblici nell’anno considerato sono state di 37.364 euro, comprensive di tredicesima e straordinari, con un incremento sul 2012 del 7,9%, inferiore a quello dei prezzi nello stesso periodo (+9,2%). Sul 2020 l’aumento è stato di appena lo 0,6% ma il dato non tiene conto del rinnovo contrattuale per il 2019-2021 che è scattato nel 2022. In pratica in dieci anni si è perso circa 1,3 punti di potere d’acquisto senza considerare il boom dell’inflazione che si è registrato nel 2022. Nel 2021 i dipendenti pubblici hanno raggiunto quota 3.238.968 unità in calo dello 0,1% (meno di 5mila unità) rispetto al 2020 con una sostanziale stabilità rispetto al 2012 (-1,1% a parità di enti considerati).
Rispetto al 2012 si è registrato un calo del 23,5% per il personale delle funzioni centrali (ministeri, Inps, Inail, Agenzie fiscali ecc), da un calo del 15,7% per le Funzioni locali e un aumento del 15,3% per l’istruzione e la ricerca con oltre 167mila lavoratori in più. Nel 2021 le unità di personale a tempo determinato considerando i mesi lavorati da coloro che prestano attività lavorativa a termine e dividendo il totale di ciascuna categoria per i 12 mesi sono state 107.696 con un aumento del 18,6% sul 2020.
Ha registrato un aumento di queste soprattutto la Sanità che anche a causa del Covid ha segnato 54.203 unità in più e un aumento del 39,2% sul 2020. La Ragioneria sottolinea che anche grazie alla politica di contenimento della spesa per il lavoro pubblico (blocco dei contratti tra il 2010 e il 2015) l’Italia registra nel 2021 una spesa più bassa rispetto a Francia (-76%), Germania (-66,1%) e Regno Unito (- 52%), ma più elevata rispetto alla Spagna (+16,4%). Se si guarda all’aumento della spesa nel 2021 il dato italiano è il più basso con appena un +2% a fronte del 4% medio dell’Ue a 27, del 2,7% della Francia, del 3,6% della Germania e del 10,6% in Uk.