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Esteri

Sultanato del Brunei, la pena di morte per i gay non sarà applicata

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Il Brunei ha fatto marcia indietro sulle leggi introdotte il mese scorso che avrebbero reso i rapporti omosessuali e gli adulteri punibili con la morte per lapidazione. Il sultano Hassanal Bolkiah, riferisce la Bbc, ha esteso alla nuova legislazione la moratoria sulla pena di morte. Prevista per alcuni crimini, nessuna pena capitale e’ stata eseguita in Brunei dal 1957. L’inversione di rotta fa seguito a una protesta globale, compresi i boicottaggi e le proteste di diverse celebrita’, sollevata contro le nuove leggi basate sulla sharia islamica.

George Clooney ed Elton John, tra gli altri, avevano chiesto di boicottare gli hotel di lusso con legami con il Brunei. Clooney aveva dichiarato che le nuove leggi equivalgono a una “violazione dei diritti umani”. Il sultano, pur consentendo la moratoria sulla pena di morte per gli omosessuali, ha tuttavia voluto ancora difendere le nuove norme affermando che il loro “merito” apparira’ chiaro in seguito. L’omosessualita’ era gia’ illegale nel piccolo Stato, dove i musulmani sono circa i due terzi della popolazione di 420.000 persone. Un reato punibile fino a 10 anni di carcere.

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Cronache

L’ombra lunga di Fordow: nuovo raid israeliano sul sito nucleare iraniano, dubbi e tensioni dopo lo strike Usa

Nuovo attacco Idf alle vie d’accesso del bunker atomico. L’Aiea conferma danni ma resta l’incertezza sull’efficacia complessiva dell’operazione. Trump esulta, gli esperti frenano.

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Israele è tornata a colpire. Dopo lo strike congiunto Usa-Israele che ha devastato impianti strategici del programma atomico iraniano, l’aviazione dello Stato ebraico ha lanciato un nuovo attacco a Fordow, bersagliando le vie d’accesso all’impianto nucleare protetto nella montagna. Un’azione tardiva, secondo molti analisti, rispetto ai giorni che hanno preceduto l’operazione americana, quando decine di mezzi e bulldozer erano al lavoro intorno agli ingressi del sito.

Il nuovo attacco e il dossier ancora aperto

Il bombardamento israeliano – interpretato da più fonti come un tentativo di impedire il recupero dei materiali o mantenere alta la pressione su un obiettivo strategico – suggerisce che la cosiddetta “Operazione Martello di mezzanotte” lanciata da Donald Trump non abbia chiuso il dossier nucleare iraniano. Tutt’altro. La sensazione diffusa è che la partita sia tutt’altro che finita.

L’Aiea: «Danni evidenti ma entità da verificare»

Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, ha ammesso che l’impianto ha subito danni significativi, ma ha precisato che nemmeno l’Aiea è in grado di stabilirne con esattezza l’entità. Al contrario, per Natanz e Isfahan i danni sono evidenti: immagini satellitari mostrano edifici sventrati da super bombe americane GBU e missili da crociera lanciati dal sottomarino USS Georgia.

L’ottimismo di Trump e i dubbi degli esperti

Il presidente Trump ha parlato di «distruzione totale» e bollato come «fake news» le analisi più caute. Ma molti esperti, tra cui Jeffrey Lewis, esprimono riserve significative. Il punto più critico riguarda la quantità di uranio arricchito realmente presente a Fordow: secondo fonti iraniane sarebbe stato trasferito prima del raid, una versione ritenuta credibile anche da funzionari Usa.

L’ipotesi più realistica è che il materiale sia stato nascosto altrove, forse in un altro sito nei pressi di Natanz, ancora risparmiato dall’operazione “Rising Lion”.

Gli scenari futuri: la bomba è ancora possibile

La comunità degli analisti ritiene che l’Iran possieda almeno 400 kg di uranio arricchito, quantitativo potenzialmente sufficiente per proseguire verso la costruzione dell’arma nucleare, se e quando riceveranno il via libera dalla Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei. È questa la lezione centrale che circola nei circoli diplomatici e militari: la guerra può rallentare il programma nucleare iraniano, ma non può fermarlo del tutto.

L’arsenale segreto degli ayatollah e il piano parallelo

Nel mondo dell’intelligence è condivisa da tempo la convinzione dell’esistenza di una “via parallela” al nucleare, gestita da un nucleo ristretto di scienziati e pasdaran, costruita per sfuggire ai controlli internazionali. A conferma di questa ipotesi, vi sono anni di sabotaggi, cyber-attacchi, infiltrazioni e tentativi di forniture tecnologiche manomessecondotte da Israele. Nessuna di queste azioni, però, ha convinto la Repubblica islamica a rinunciare all’opzione atomica.

 

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Esteri

Bombe su Kiev, Zelensky vola a Londra: «Russia, Iran e Corea del Nord sono una coalizione di assassini»

Nuovo raid russo sulla capitale ucraina: nove morti, tra cui una bambina. Raid a tappeto con droni e missili. Zelensky teme per il fronte e cerca aiuti tra i leader occidentali.

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«Mi sono svegliato con dei mattoni addosso e dei calcinacci in bocca». È la testimonianza cruda di un sopravvissuto all’ennesima notte di terrore vissuta a Kiev, colpita da un massiccio bombardamento russo tra domenica e lunedì. Panico, sirene, bunker affollati. Ancora una volta, la capitale ucraina si è svegliata con il conteggio dei morti, almeno nove le vittime, tra cui una bambina di 11 anni, uccisa nel sonno con sua madre in un quartiere residenziale. Almeno 33 i feriti, mentre l’aeronautica militare ucraina segnala 352 droni e 16 missili lanciati nella notte.

Bombe a grappolo e raid su licei: torna l’incubo dell’attacco indiscriminato

Non solo Kiev: anche la regione di Odessa è finita sotto attacco. Lì due persone sono morte a causa del bombardamento su un liceo chiuso per le vacanze estive. Il monastero delle grotte e la chiesa di Santa Sofia sono stati sfiorati dalle esplosioni. Ancora una volta Putin colpisce obiettivi civili, apparentemente scelti a caso, in una strategia cinica e brutale che punta a intimidire la popolazione e minare il fronte interno ucraino.

La guerra come pressione geopolitica: Zelensky in missione a Londra

Mentre piovono bombe, il presidente Volodymyr Zelensky è volato a Londra per rafforzare i rapporti con il nuovo premier britannico Keir Starmer, incontrare il re Carlo III e i presidenti delle camere parlamentari. In cima all’agenda: la sicurezza del fronte, il sostegno militare e la tenuta dell’alleanza occidentale. Il Regno Unito ha già stanziato per il 2025 5,2 miliardi di euro a favore dell’Ucraina, confermandosi tra i partner più solidi.

Ma Zelensky guarda con ansia anche a Teheran e alla crescente alleanza tra Russia, Iran e Corea del Nord, che definisce «una coalizione di assassini». L’ipocrisia russa nel denunciare i raid americani su obiettivi iraniani e l’intensificarsi dei bombardamenti su Kiev ne sarebbero l’esempio più lampante.

Nessuna trattativa in vista, Trump salta il faccia a faccia

Il fronte diplomatico resta bloccato. Zelensky avrebbe dovuto incontrare Donald Trump al vertice G7, ma l’ex presidente ha lasciato in anticipo per la crisi mediorientale. Un nuovo confronto potrebbe avvenire all’Aja, in occasione della cena del vertice Nato, ma l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica resta un tema sensibile. Il segretario Mark Rutte ha ribadito che il percorso verso l’ingresso è “irreversibile”, ma i tempi restano incerti.

Nuovo tentativo di attentato a Zelensky, Sbu sventa l’operazione

A conferma della tensione altissima, l’intelligence ucraina ha reso noto un nuovo tentativo di assassinio del presidente Zelensky, che sarebbe dovuto avvenire presso l’aeroporto di Rzeszow, in Polonia, sul fianco Est della Nato. Un segnale preoccupante sulla pervasività delle minacce russe anche al di fuori del territorio ucraino.

Intanto, Bruxelles annuncia il 18° pacchetto di sanzioni contro la Russia, con l’ipotesi di un nuovo tetto sul prezzo del petrolio. Ma il Cremlino, rafforzato dai prezzi in rialzo e dalla debolezza diplomatica dell’Occidente diviso, non sembra arretrare di un passo.

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Esteri

Trump annuncia il cessate il fuoco tra Iran e Israele: “Fine della guerra dei 12 giorni”

Donald Trump annuncia il cessate il fuoco tra Iran e Israele. Dopo 12 giorni di conflitto, un’intesa mediata dal Qatar promette una tregua completa.

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Donald Trump ha annunciato che Iran e Israele hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco completo e totale di 12 ore, che dovrebbe sancire la fine della cosiddetta “guerra dei 12 giorni”. L’annuncio è arrivato tramite un lungo messaggio pubblicato sulla piattaforma Truth, dove il presidente americano ha elogiato il coraggio e l’intelligenza di entrambe le parti nel decidere di interrompere le ostilità.

I tempi della tregua

Trump ha spiegato che il cessate il fuoco avrà inizio entro sei ore: l’Iran sarà il primo a cessare le operazioni, seguito da Israele alla dodicesima ora. Se la tregua verrà rispettata per 24 ore, “sarà salutata come la fine ufficiale della guerra”. “Dio benedica Israele, Dio benedica l’Iran, Dio benedica il Medio Oriente, gli Usa e il mondo”, ha concluso Trump, sottolineando il carattere simbolico dell’accordo.

Un cessate il fuoco mediato anche dal Qatar

Fonti diplomatiche confermano che l’accordo è stato raggiunto grazie a una mediazione del Qatar. Il primo ministro qatarino, Al Thani, avrebbe ottenuto l’approvazione di Teheran dopo una telefonata successiva all’attacco iraniano contro una base americana in Qatar. Secondo quanto riportano i media israeliani, Trump e il suo vice JD Vance hanno coinvolto attivamente Al Thani nella trattativa, chiedendogli di convincere Teheran ad accettare l’intesa.

Conferme ufficiali da Washington e Teheran

Un funzionario della Casa Bianca ha confermato che i negoziati indiretti con l’Iran sono stati gestiti dal vicepresidente JD Vance, dal segretario di Stato Marco Rubio e dall’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff. Nel frattempo, un funzionario iraniano ha confermato alla Reuters l’adesione di Teheran al cessate il fuoco, mentre l’esercito israeliano ha comunque emesso nuovi avvisi di evacuazione per alcune zone di Teheran, segnalando l’intenzione di completare operazioni in corso nei distretti 6, 7 e Mehran.

Una tregua fragile, ma decisiva

La definizione del conflitto come “guerra dei 12 giorni” da parte di Trump richiama volutamente il precedente storico della “guerra dei sei giorni” del 1967. Tuttavia, l’annuncio di una tregua così rapida rappresenta un inaspettato passo verso la de-escalation. Resta da capire se la tregua reggerà e se potrà essere il primo passo verso una stabilizzazione duratura nell’area mediorientale.

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