Nel 2024 i salari reali sono aumentati in Italia di 2,3 punti, recuperando in parte quanto perso negli anni precedenti a causa della fiammata inflazionistica. Ma le retribuzioni sono comunque inferiori di 8,7 punti rispetto a quelle del 2008, l’anno della grande crisi finanziaria. Lo certifica l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nel suo Rapporto mondiale sui salari, secondo il quale “l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo” e segna il risultato peggiore tra i Paesi del G20. Sono dati che inevitabilmente hanno fatto scattare la polemica politica, con Fratelli d’Italia che segnala come sia un segnale positivo la crescita dei salari reali registrata nel 2024 e il Partito democratico che evidenzia invece come il nostro Paese abbia avuto la dinamica peggiore tra quelli considerati.
“L’analisi delle tendenze salariali in un arco temporale di 17 anni – spiega l’Ilo nel Rapporto – evidenzia come l’Italia abbia subito le perdite maggiori in termini assoluti di potere d’acquisto dei salari a partire dal 2008. Tra i Paesi a economia avanzata del G20, le perdite di salario reale sono state dell’8,7% i Italia, del 6,3% in Giappone, del 4,5% in Spagna e del 2,5% nel Regno Unito. In Italia la perdita è stata particolarmente significativa a seguito della crisi finanziaria mondiale (tra il 2009 e il 2012). Per contro, la Repubblica di Corea si distingue per aver registrato un aumento salariale reale complessivo del 20% tra il 2008 e il 2024”, mentre in Germania le retribuzioni salgono del 15%.
L’Ilo sottolinea come in Italia i salari reali siano cresciuti nel 2024 del 2,3%, segnando un’inversione di tendenza rispetto al calo del 3,3% registrato nel 2022 e del 3,2% segnato nel 2023. Le perdite salariali subite dai lavoratori italiani – si legge – “sono state superiori a quelle medie dei Paesi a economia avanzata del G20, mentre nel 2024 la ripresa salariale italiana ha superato di 1,4 punti percentuali il tasso di crescita degli stessi Paesi”. Per il nostro Paese comunque ci sono anche segnali positivi. A partire dal 2022 “la produttività del lavoro in Italia è cresciuta più dei salari reali, invertendo la tendenza opposta verificatasi durante un arco temporale di 22 anni”.
Ma ancora molto c’è da fare. “Tra i Paesi ad alto reddito – spiega l’Ilo – la produttività in media è salita tra il 1999 e il 2024 del 30% mentre in Italia è diminuita del 3%”. A essere penalizzati sono soprattutto i dipendenti con i redditi più bassi, evidenzia ancora l’Ilo, perché i prezzi sono aumentati di più per i beni e i servizi di prima necessità rispetto all’indice generale. Quindi le famiglie che sono costrette a spendere la parte principale dello stipendio per l’alloggio, l’energia e i beni alimentari hanno dovuto fronteggiare un’inflazione più alta e subire un calo del potere d0acquisto più consistente. Fanno fatica le donne che hanno in media una retribuzione oraria del 9,3% inferiore ai loro colleghi uomini (divario di genere tra i più bassi in Ue), ma soprattutto gli immigrati che devono fare i conti con una busta paga in media inferiore del 26,3% a quella dei dipendenti italiani, soprattutto a causa del lavori ai quali sono più spesso costretti gli stranieri.
I sindacati hanno ribadito la necessità di lavorare per il recupero del potere d’acquisto con il numero uno della Cgil , Maurizio Landini, che sottolinea la necessità di aprire una vera e propria vertenza sui salari. La Cisl con la segretaria generale, Daniela Fumarola, ha ribadito la necessità di un accordo sui redditi. Per recuperare il potere d’acquisto, ha detto il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri, bisogna rinnovare i contratti, a partire da quelli dei metalmeccanici e del pubblico impiego.