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Politica

Stretta di Draghi sul Superbonus, riforme per governare

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Bisogna bloccare le frodi, spendere bene i soldi che ci sono, o il Superbonus e gli altri bonus edilizi non avranno ragione di esistere in futuro. Mario Draghi spiega cosi’, ai ministri riuniti in cabina di regia e poi in Consiglio dei ministri, la sua decisione di intervenire subito, con un decreto, per una stretta ai controlli sulle “agevolazioni fiscali ed economiche”. Il presidente del Consiglio tira dritto, anche di fronte ai dubbi dei Cinque stelle, che lamentano il rischio di appesantire la ‘loro’ misura per una spinta all’edilizia. E si prepara a inviare in Senato la legge di bilancio, ‘cresciuta’ di ben 34 articoli rispetto alle bozze del Consiglio dei ministri di due settimane fa. Il metodo scelto, senza un nuovo passaggio in Cdm, lascia uno strascico di malumori, che Matteo Salvini esplicita in pubblico e i ministri leghisti (e non solo) in privato. Le crescenti fibrillazioni dei partiti non sfuggono a Palazzo Chigi ma Draghi ammonisce che non avrebbe senso il “non governo”: all’incapacita’ di affrontare i problemi “va contrapposto il coraggio delle riforme”. L’istantanea di una maggioranza larghissima, ma sempre piu’ fragile, arriva in serata da Montecitorio: il centrodestra e Italia viva schierati da un lato, M5s-Pd-Leu sul fronte opposto e il governo battuto. L’episodio non e’ grave, perche’ a passare sono due ordini del giorno di Fdi al decreto proroghe, votati da Lega, Fi e Iv. Ma l’avvisaglia non e’ rassicurante, per una maggioranza sempre piu’ nervosa in vista della partita del Colle: al Senato molti leghisti disertano il voto di fiducia sul decreto Green pass. La risposta indiretta di Draghi sembra arrivare da un discorso del premier sulla lezione di Ugo La Malfa, in occasione della presentazione del suo archivio: agli “sterili drammi degli scontri ideologici, per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza”, bisogna contrapporre il “coraggio delle riforme economiche e sociali”. E’ questo il metodo rivendicato dal premier: un’azione “paziente ma decisa”, per non piombare in uno stato di “non governo”. Ma in concreto si avvertono scricchiolii. In casa Lega viene digerita a fatica la mancata convocazione di martedi’ alla riunione convocata da Draghi sul Reddito di cittadinanza con Pd, M5s e Fi. A Palazzo Chigi parlano di un semplice errore degli uffici, lo avrebbero anche spiegato nei contatti con i leghisti, ma resta a verbale lo stupore di Giancarlo Giorgetti e Salvini dichiara: “La Lega e’ il perno del governo, certe dimenticanze stupiscono”. Di piu’. I ministri leghisti lamentano di aver ricevuto il testo aggiornato della manovra, che tra giovedi’ e venerdi’ e’ atteso in Senato, solo a cose fatte, con modifiche non solo formali: “E’ un metodo che lascia perplessi”, osservano. Il segretario leghista rilancia chiedendo al premier una cabina di regia “sui furbetti del Reddito di cittadinanza”, perche’ la versione finale della legge di bilancio avrebbe recepito delle modifiche alla misura troppo sbilanciate in favore delle richieste del M5s: “E’ un disincetivo a lavorare”, afferma. Di sicuro ora la battaglia si sposta in Parlamento, come annuncia lo stesso Salvini: “Al Senato saro’ primo firmatario di proposte, su cui chiedero’ l’appoggio del centrodestra e non solo”, per ridurre i fondi al Reddito e darli a “taglio delle tasse, flat tax per gli autonomi fino a 100mila euro, molti giovani e donne”. Nella versione finale della legge di bilancio, comunque, arriva una stretta piu’ decisa al Reddito di cittadinanza, cambia anche – come chiedeva il Pd – Opzione donna (l’eta’ resta a 58 anni e non sale a 60) e arrivano tante novita’, dalla sanita’ al fondo per le pensioni delle pmi. Non viene alzato il tetto di Isee di 25mila euro per accedere al Superbonus per le villette. E il M5s gia’ annuncia emendamenti per alzarlo. I pentastellati provano a difendere a spada tratta la misura anche dalla stretta sui controlli che Draghi decide di portare in Consiglio dei ministri, Stefano Patuanelli chiede di trasformare il decreto in un emendamento, per dubbi sia di merito che di metodo. Il direttore dell’agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini illustra le norme e anche il dato di 850 milioni di frodi registrate in meno di un anno, nell’utilizzo degli strumenti della cessione del credito e lo sconto in fattura. Il capo delegazione M5s chiede – e ottiene – di togliere un comma che pone a carico del fornitore e del cessionario una serie di controlli. Ma la linea del premier e’ ferma. Mentre arrivano le risorse del Pnrr bisogna dimostrare di saper spendere bene e con onesta’. Draghi risponde alle obiezioni con la ‘lezione’ del Biafra: a fine anni ’70 “furono stanziati oltre 2 miliardi di dollari” di aiuti allo sviluppo, ma poi “emerse che il 75% delle risorse era stato speso per alimentare la corruzione. A quel punto parlare di aiuti divenne un anatema. Noi oggi dobbiamo preservare la fiducia collettiva”.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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Dopo l’addio di Amadeus, prime conferme in Rai

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Dopo l’addio di Amadeus e le voci su possibili nuove uscite da Viale Mazzini, arrivano le prime conferme per i volti noti Rai in vista della prossima stagione. Sigfrido Ranucci ha annunciato la prosecuzione di Report, ma anche Federica Sciarelli dovrebbe andare avanti con Chi l’ha visto?. Più incerto il futuro di Fiorello che ha smentito nuovamente il suo passaggio al Nove. Della programmazione in arrivo sulla tv pubblica, in particolare dei palinsesti estivi, si è parlato nella riunione del consiglio di amministrazione che ha approvato il bilancio del 2023, chiusosi in pareggio, che è uno degli ultimi atti dell’attuale vertice in attesa di rinnovo.

A movimentare la giornata del telemercato ci ha pensato come al solito di prima mattina a Viva Rai2 Fiorello che, nella sua rassegna stampa satirica, ha ipotizzato l’acquisto del polo giornalistico di La7 da parte della Warner, spingendo sia l’azienda americana che quella italiana alla smentita. Anche una battuta dello showman sul possibile interesse del Nove per il direttore del TgLa7 Enrico Mentana ha fatto rumore, se non altro perché si inserisce nelle voci di un possibile rafforzamento dell’offerta informativa, dopo quella dell’intrattenimento, da parte del canale di Warner Bros.

Discovery. La rete comunque può già fare affidamento sulla Cnn, che è una divisione del gruppo, e potrebbe, dunque, guardarsi attorno più che altro sul fronte dell’approfondimento. Domani, comunque, è atteso l’annuncio ufficiale del contratto con Amadeus, che condurrà un game show in access e un format musicale in prima serata, e forse si saprà qualcosa in più sulle strategie future dell’emittente.

Non dovrebbe essere comunque quella la destinazione di Fiorello, che oggi, dopo aver ribadito che non ci andrà, neanche in part time, ha fatto sapere che gli piacerebbe “un bel programma radiofonico, ma senza visual radio”. Sarebbe stato corteggiato da La7, almeno in passato, invece, Ranucci che, dopo la notizia della conferma delle repliche estive di Report in cda, ha assicurato con si muoverà. “A me piace la Rai, sono innamorato di quest’azienda”, ha detto il conduttore, ringraziando l’Ad Roberto Sergio che si è speso per la conferma del programma di Rai3 anche per la prossima stagione.

Dovrebbe proseguire anche Chi l’ha visto?: la conduttrice Federica Sciarelli starebbe, infatti, per firmare un biennale per proseguire la collaborazione anche dopo il pensionamento, che è previsto per ottobre 2025 ma potrebbe essere anticipato per via delle ferie arretrate. Una novità per l’estate della terza rete è, invece, il nuovo approfondimento con Monica Maggioni, al debutto il 24 luglio in prime time.

L’addio di Amadeus ha lasciato, comunque, strascichi in Rai. In cda Sergio ha ribadito che si è trattato di una scelta dettata da motivi personali e che la Rai ha fatto tutte le offerte possibili per convincerlo a rimanere. In ogni modo, l’assemblea dei cdr, ricordando la lunga scia di volti che hanno lasciato la tv pubblica e contestando “la volontà di trasformare il servizio pubblico nel megafono dei partiti”, ha proclamato lo stato di agitazione e affidato all’Usigrai un pacchetto di cinque giorni di sciopero.

Domani in consiglio si discuterà del Media Freedom Act, che impone di garantire trasparenza e indipendenza nella scelta dei vertici, e del regolamento sulla par condicio, che ha provocato forti polemiche in Vigilanza. Il clima, insomma, resta teso proprio quando si entra nella fase calda del rinnovo del consiglio.

Le carica di Ad dovrebbe passare a Giampaolo Rossi e quella di presidente, a meno di sorprese dell’ultim’ora, a Simona Agnes, ma c’è ancora qualche incertezza sui nomi degli altri membri del consiglio, se si esclude la conferma per il Movimento 5 Stelle di Alessandro Di Majo. Sabato 20 aprile scade il termine per la presentazione dei curricula dei quattro componenti eletti da Camera e Senato. Lo stesso termine vale per le candidature per il rappresentante dei dipendenti, un ruolo per il quale si ripropone l’attuale consigliere Davide Di Pietro.

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