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Strage al Capodanno cinese in California, 10 morti: killer suicida

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La festa per il Capodanno cinese si è trasformata nel peggiore degli incubi a Monterey Park, in California, dove un uomo di 72 anni ha massacrato dieci persone tra i 50 e i 60 anni in una sala da ballo, si è spostato in un altro locale dove è stato disarmato da clienti-eroi e poi è fuggito a bordo di un furgone all’interno del quale si è suicidato dopo che era stato fermato dalla polizia. L’ennesima sparatoria di massa negli Stati Uniti è la strage più cruenta dalla tragedia nella scuola elementare di Uvalde, in Texas, lo scorso maggio. L’orrore nella cittadina a 13 chilometri da Los Angeles, dove la maggioranza della popolazione è di origine asiatica, è cominciato poco dopo le 22 di sabato sera. Le strade, decorate a festa per salutare l’arrivo dell’Anno del coniglio, erano affollate da migliaia di persone.

Un uomo asiatico, Huu Can Tran, ha fatto irruzione nello Star Ballroom Dance Studio armato di un “potente fucile d’assalto”, secondo alcune fonti di polizia anche se non c’è ancora una conferma ufficiale, e ha freddato sulla pista cinque uomini e cinque donne. Altre dieci persone sono state ferite e sono ricoverate in ospedale. Gli agenti arrivati sul posto hanno raccontato di aver visto gente terrorizzata scappare dal locale urlando. Scene di orrore e paura troppo frequenti negli Stati Uniti.

E il bilancio poteva essere molto più pesante se il killer avesse deciso di premere il grilletto sulla folla in giro per la cittadina per il capodanno lunare. Circa venti minuti dopo la strage l’aggressore si è spostato a tre chilometri dal luogo del massacro, ad Alhambra, ed è entrato in un altro locale cinese, il Lai Lai, con un’arma diversa da quella usata a Monterey, probabilmente una pistola, ma è stato bloccato e disarmato da coraggiosi clienti, “eroi” come li ha definiti il capo della polizia, prima che succedesse il peggio.

Quindi è fuggito a bordo di un furgone bianco e ha percorso 50 chilometri prima di essere fermato a Torrance dalle squadre speciali. Gli agenti gli hanno chiesto di uscire e poi hanno sentito uno sparo. Dopo circa un’ora hanno frantumato i finestrini del van e hanno trovato il corpo del killer senza vita riverso sul volante. Il suicidio dell’aggressore renderà più complicato per gli inquirenti stabilire il movente della strage.

“Tutte le piste sono aperte”, ha dichiarato lo sceriffo della contea di Los Angeles, Robert Luna, che ha parlato di “violenza domestica” ma non ha escluso l’ipotesi del “crimine d’odio” anche se l’origine del killer potrebbe far pensare a un’altra ragione. Negli ultimi anni la comunità asiatica negli Stati Uniti è stata vittima di diversi episodi di violenza, il peggiore dei quali il 16 marzo del 2021, quando otto persone furono uccise, di cui sei donne, in tre diversi centri massaggi ad Atlanta, in Georgia. Mistero anche sulle armi utilizzate per il massacro. Fonti delle forze dell’ordine hanno parlato di un fucile d’assalto, ma lo sceriffo ha spiegato che sono state trovate due armi: una pistola e “una pistola semiautomatica con un’alta capacità di essere ricaricata” recuperata nel secondo locale.

Il presidente americano Joe Biden, che da anni si batte contro la violenza delle armi e per l’imposizione di un bando sui fucili d’assalto, ha espresso vicinanze alle famiglie delle vittime e ha ordinato le bandiere a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici degli Stati Uniti. “Jill e io stiamo pregando per coloro che sono stati uccisi e feriti nella micidiale sparatoria di massa a Monterey Park”, ha detto.

Tutte gli eventi programmati nella cittadina per il Capodanno cinese sono stati annullati e da New York a Los Angeles è stata rafforzata la sicurezza per le celebrazioni della festività. La strage in California è la seconda in meno di una settimana nello Stato, dopo l’uccisione di sei persone, inclusa una mamma di 16 anni e un bimbo di 10 mesi, nella contea di Tulare. Ed è la 33ma sparatoria di massa negli Stati Uniti solo nel 2023. L’anno scorso ce ne sono state 648.

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San Suu Kyi lascia il carcere, trasferita ai domiciliari

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L’ex leader birmana Aung San Suu Kyi ha lasciato il carcere ed è stata trasferita agli arresti domiciliari. Lo ha reso noto una fonte ufficiale all’Afp. Contemporaneamente un portavoce delle autorità militari del Paese ha affermato che ai prigionieri più anziani vengono fornite “le cure necessarie” durante i periodi di caldo e non è quindi chiaro se si tratta di una misura temporanea o di una vera riduzione della pena che sta scontando la 78enne premio Nobel.

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Un noto giornalista investigativo freddato in Colombia

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Vari colpi sparati a bruciapelo, mentre la vittima era a terra, da un sicario vestito di nero e con il volto nascosto da un casco integrale. Così è stato ucciso nella città colombiana di Cúcuta, al confine con il Venezuela, il comunicatore sociale, avvocato e giornalista Jaime Vásquez a cui, per le sue ripetute denunce di corruzione, era stata assegnata nel 2022 anche la scorta della polizia. Domenica Vásquez, 54 anni, ha offerto agli agenti qualche ora di riposo, assicurandogli che sarebbe rimasto in casa. Ma poi ha deciso di uscire per fare acquisti nel centro del quartiere La Riviera, una scelta che gli è stata fatale. Una moto, guidata da una donna, lo ha intercettato sbarrandogli la strada.

E a nulla è valso il tentativo di rifugiarsi in un negozio: il sicario, che era sul sedile posteriore, è sceso, lo ha inseguito nel locale e lo ha freddato sparando tre volte, sotto l’occhio di una telecamera fissa che ha ripreso la scena, tra il panico dei presenti. Per primo il presidente Gustavo Petro, attraverso il suo account X, ha reso noto che “il giornalista Jaime Vásquez è stato assassinato nel dipartimento del Norte de Santander. Il suo lavoro era denunciare la corruzione”. Mi aspetto dalla Procura, ha intimato, “l’indagine più approfondita possibile che dovrebbe includere l’esame forense delle informazioni sul suo cellulare, che, apparentemente, è stato manipolato dalle autorità dopo la sua morte”.

Da anni l’attività di Vásquez di inchieste su casi di corruzione a Cúcuta e in tutto il dipartimento era nota e questo gli aveva prodotto numerosi nemici. Le dirette che realizzava attraverso la sua pagina Facebook, erano meticolose ed accurate e prendevano di mira amministratori pubblici e imprese private.

Il quotidiano La Opinión di Cúcuta, pubblicando foto delle testimonianze di affetto della popolazione che ha acceso candele e depositato fiori, ha rivelato che uno dei casi più clamorosi denunciati ha riguardato la società Aguas Kpital Cúcuta, che aumentò senza motivo le tariffe dell’acqua potabile, cambiando i contatori. Di recente erano state in primo piano sui media locali le accuse di irregolarità nella gestione del settore sanitario e nell’assunzione di dipendenti pubblici. Dopo la diffusione attraverso le reti sociali del video dell’omicidio, tutte le autorità nazionali e locali si sono mobilitate, con l’apertura di una inchiesta per risalire ai possibili mandanti dell’operazione e con l’offerta di una taglia di 70 milioni di pesos (17.000 euro) per informazioni utili all’arresto dei killer del giornalista.

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Hezbollah lanciano missili e droni su Israele ma dicono “non vogliamo la guerra ma ci difenderemo”

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Mentre si addensano fosche le nubi all’orizzonte del sud del Libano minacciato dalla risposta israeliana all’attacco missilistico iraniano, il potente movimento armato libanese Hezbollah, alleato della Repubblica islamica e di Hamas, ribadisce di non volere una guerra aperta con lo Stato ebraico, ma assicura di avere “tutti i mezzi necessari” per difendersi e difendere il Paese mediterraneo.

Da più di sei mesi si verificano giornalieri scambi di fuoco tra Hezbollah e Israele. Finora il gruppo armato libanese ha puntato razzi e droni contro obiettivi militari per lo più a ridosso della linea di demarcazione con l’Alta Galilea. Nelle ultime ore il Partito di Dio ha rivendicato un’azione difensiva contro militari israeliani che si erano infiltrati in territorio libanese. Dal canto suo, l’aviazione israeliana ha da più di un mese cominciato a bombardare con regolarità anche la profondità territoriale libanese, in particolare nella valle della Bekaa al confine con la Siria, considerata la retrovia logistica del Partito di Dio. E nelle ultime ore ha condotto almeno due raid mirati contro dirigenti militari di Hezbollah nella regione di Tiro. Da ottobre a oggi sono stati uccisi più di 60 civili libanesi e 8 civili israeliani.

Sul lato israeliano della linea di demarcazione circa 80mila persone sono state sfollate, un dato senza precedenti. Mentre il sud del Libano, periodicamente segnato da invasioni e operazioni militari israeliane, ha finora visto lo sfollamento di 100mila civili. In questo contesto di crescente tensione, fonti interne a Hezbollah che preferiscono rimanere anonime perché non autorizzate a parlare con i media affermano che il partito “è pronto a difendersi con tutti i mezzi necessari” in caso Israele decidesse di aprire un secondo fronte di guerra aperta col Libano.

Le fonti di Hezbollah sostengono che finora i suoi combattenti hanno “usato solo una minima parte dell’arsenale” a disposizione e che i missili a media e lunga gittata, stoccati da anni in località segrete tra Siria e Libano, possono colpire tutte le città israeliane, incluse Ashkelon nel sud e il porto di Eilat sul Mar Rosso. “Possiamo eludere l’Iron Dome” israeliana, affermano le fonti, sottolineando come l’attacco iraniano del 13 aprile scorso sia servito, tra l’altro, a studiare la “capacità di reazione del nemico”.

“Il nostro arsenale serve come deterrente”, affermano le fonti di Hezbollah, confermando quanto ripetuto più volte dal leader del movimento, Hasan Nasrallah: l’azione militare dal sud del Libano – ha detto anche di recente il sayyid – serve in sostegno alla resistenza dei fratelli palestinesi e come elemento di dissuasione nei confronti di Israele. Per questo motivo, assicurano le fonti libanesi vicine a Teheran, “non vogliamo esporre il Libano a una guerra aperta con il nemico sionista. E, come già detto, siamo pronti a cessare ogni ostilità non appena Israele mette fine all’offensiva militare sulla Striscia di Gaza, decretando la vittoria della resistenza”. In questo senso, in caso di raggiungimento di un accordo quadro tra Hamas e Israele, le fonti di Hezbollah affermano di esser pronte a “tornare alla situazione precedente all’8 ottobre scorso”, data di inizio dei botta e risposta tra il Partito di Dio e lo Stato ebraico.

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