“Non sfugge all’attenzione di questo Governo la condizione sociale di chi potrebbe trovarsi sprovvisto di una soluzione abitativa proprio durante l’emergenza sanitaria in corso”. Lo dice la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, rispondendo, durante il question time in aula alla Camera, a un’interrogazione di quattro deputati campani di Forza Italia (Maria Spena, Carlo Sarro, Paolo Russo e Antonio Pentangelo) che hanno sollevato il tema della sospensione temporanea dell’esecuzione delle demolizioni di immobili abusivi per il periodo dell’emergenza legata alla pandemia chiedendo quali iniziative il Governo intenda prendere in favore dei soggetti in difficolta’ economica che abbiano subito durante l’emergenza Covid la demolizione dell’abitazione e sprovvisti di alloggi alternativi.
“A differenza di altre situazioni aggravate dall’emergenza pandemica- spiega la guardasigilli- in questo caso, in cui si tratta dell’abbattimento di un immobile abusivamente costruito, vengono in rilievo molteplici e fondamentali interessi a tutela della collettivita’. La procedura di demolizione, tende, infatti, ad eliminare le conseguenze dannose di una condotta illecita, rimuovendo i danni recati alla tutela del territorio e dell’ambiente, con l’obiettivo di ricostituirne l’equilibrio. Naturalmente, nell’atto di garantire gli interessi generali, le istituzioni non possono rimanere insensibili agli effetti che si possono determinare sulla condizione sociale delle singole persone, specie di coloro che sono sprovviste di alloggio alternativo nonche’ delle risorse economiche per garantirsi una differente abitazione. A questo proposito, va sottolineato che e’ nell’ambito della medesima procedura esecutiva che debbono assumere rilievo le istanze di carattere individuale, che dovranno essere valutate accuratamente dalle autorita’ competenti e in primo luogo dall’Autorita’ giudiziaria, caso per caso”.
Marta Cartabia
“È infatti dall’analisi delle singole, specifiche situazioni- continua Marta Cartabia durante il question time alla Camera – che possono emergere situazioni di insuperabile necessita’ a cui dovra’ essere dato adeguato rilievo, individuando di volta in volta le soluzioni appropriate. Tali specifiche problematiche sembrano invece assai difficilmente declinabili nel quadro di un intervento normativo o comunque di carattere generale”. Rispondendo all’interrogazione dei deputati campani di Forza Italia, la ministra della Giustizia precisa che “il tema in questione e’ stato portato all’attenzione del Governo, in particolare della Presidenza del Consiglio, soltanto negli ultimi giorni e non e’ stato ancora possibile raccogliere gli elementi indispensabili per affrontarlo in tutta la sua complessita’. In ogni caso- conclude- sul punto ho avuto varie interlocuzioni con il Ministro per il Sud Mara Carfagna, interessata a pieno titolo nella problematica in questione”.
Immobili da demolire. La Consulta ha bocciato la sanatoria fai da te della Regione Campania
Nell’interrogazione dei deputati campani di Forza Italia Maria Spena, Carlo Sarro, Paolo Russo e Antonio Pentangelo, rivolto alla ministra Marta Cartabia, viene spiegato che “nei giorni scorsi e’ stato inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei ministri un appello sottoscritto dai capigruppo del Consiglio regionale della Campania, da piu’ di cento sindaci dei comuni di tutte le province della Campania, dai presidenti dell’Anci e dell’Associazione dei comuni delle isole minori per richiedere una sospensione temporanea su tutto il territorio nazionale dell’esecuzione degli ordini giudiziali di demolizione per le case di necessita’ abitate da persone sprovviste di alloggio alternativo, nonche’ privi delle necessarie risorse economiche per garantirsi una differente adeguata abitazione, fino al 31 dicembre 2021, o finche’ perdura lo stato di emergenza nazionale; nonostante la Campania sia passata in zona rossa con ordinanza del 5 marzo 2021 firmata dal Ministro della salute e il presidente della regione abbia prorogato le misure restrittive gia’ vigenti fino al 5 aprile 2021, arrivano dal territorio segnalazioni di imminenti abbattimenti di prime ed uniche case di abitazione che – qualora eseguiti – esaspererebbero ulteriormente una situazione sociale gia’ di per se’ resa problematica dalle conseguenze della pandemia in corso”.
I deputati aggiungono che “nella seduta n. 174 del 13 luglio 2020 il Consiglio regionale della Campania ha approvato all’unanimita’ una mozione con cui veniva richiesta la sospensione temporanea delle demolizioni delle case di necessita’ abitate da persone sprovviste di alloggio alternativo; nella lettera indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri dalle autorita’ locali e regionali e’ stata evidenziata la contraddizione tra il fatto che ‘la permanenza nelle proprie dimore e’ stata riconosciuta come uno dei piu’ importanti strumenti di contrasto alla diffusione del virus’ e l’esecuzione di ‘provvedimenti che, pur se legittimi, allo stato e in concreto appaiono oltremodo gravosi per i relativi destinatari’.
Un giorno di sospensione delle lezioni per permettere agli alunni musulmani di festeggiare il Ramadan ha diviso la popolazione di Pioltello, un comune connotato da una forte presenza islamica alle porte di Milano, dopo la decisione del consiglio scolastico dell’Istituto comprensivo Iqbal Masih di chiudere la scuola il prossimo 10 aprile, giorno in cui si festeggia la conclusione della ricorrenza islamica. Nel mirino è finito il dirigente scolastico Alessandro Fantoni, a cui sono arrivate minacce e insulti, e che oggi “ha paura”. A sollevare il polverone è stata l’eurodeputata Silvia Sardone (Lega), che ha definito la decisione “preoccupante”, mentre per la sindaca di Pioltello Ivonne Cosciotti (Pd) si tratta di “un atto di civiltà”.
A porre fine alla polemica sarà una verifica decisa dal ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara, il quale oggi ha invitato tutti a “una maggiore serenità”, definendo “scomposte le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd” e spiegando che “l’ufficio scolastico regionale valuterà se le decisioni prese dall’istituto siano coerenti o meno con la legge”. Non è tardata la risposta della senatrice dem Simona Malpezzi: “da tre giorni la destra sta minando la serenità di una scuola, Valditara trova il tempo di fare il bullo con l’opposizione?”. A Pioltello la vicenda dell’istituto Iqbal Masiq, un complesso con tre sedi distaccate da 1300 studenti a maggioranza islamica, intitolato al dodicenne pakistano ucciso nel 1995 per il suo impegno contro lo sfruttamento del lavoro minorile, è al centro della discussione, con opinioni nettamente contrapposte a prescindere dal credo religioso.
“Sono contenta della decisione – afferma una nonna, italiana e cattolica – i musulmani rispettano i nostri 15 giorni di festa a Natale, non vedo perché noi non possiamo rispettare la loro per un giorno”. “È una bravissima persona, siamo contenti della decisione”, hanno commentato alcune mamme musulmane, a sostegno del dirigente scolastico. Di diverso avviso è un’altra mamma, anche lei musulmana: “Non sono assolutamente d’accordo, i figli devono andare a scuola. Se vuoi che tuo figlio faccia il Ramadan, lo lasci a casa e stai a casa tu. Chiudere la scuola per gli altri bambini non è giusto”.
Piuttosto arrabbiato anche un nonno: “io non ce l’ho con i musulmani ma con gli italiani e cattolici che si sono permessi di prendere questa decisione, perché penalizzare gli altri bambini?”. Lontano dal complesso scolastico, nelle vie del centro dove negozi etnici e macellerie islamiche proiettano nel cuore del sentire musulmano, sono invece pochi a voler parlare. Tra questi Nasser, originario del Bangladesh, contento della decisione della scuola. “Noi qui siamo il 50% della popolazione – ha spiegato – ho cresciuto i miei figli nel rispetto di tutte le religioni, siamo in Italia e dobbiamo rispettare regole e tradizioni, ma cosa può causare un giorno di chiusura per la nostra festa?” Sono diversi studenti della scuola secondaria di primo grado, senza alcuna distinzione, giovanissimi italiani e stranieri, islamici e non, ad avere invece le idee molto chiare: “è solo un giorno, non capiamo che problema ci sia, solo perché lo dice Salvini?”.
Otto anni di reclusione. Li ha chiesti la Procura di Roma nei confronti dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, imputato assieme alla compagna Elisabetta Tulliani, per l’opaca operazione di compravendita, che risale al 2008, di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. I pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace hanno sollecitato una pena a 9 anni per la compagna dell’ex segretario di An, e a 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani. Chiesti 5 anni per il padre Sergio.
Nel processo si contesta il solo reato di riciclaggio dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici della quarta sezione collegiale avevano dichiarata prescritta l’accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata ad altri imputati ma non a Fini. La decisione dei giudici è legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. In aula, durante la requisitoria, era presente l’ex presidente della Camera. “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna – ha commentato – continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”.
Poco prima dell’intervento della Procura ha chiesto di rilasciare una breve dichiarazione Elisabetta Tulliani. Parole con le quali ha sostanzialmente ‘scaricato’ il fratello. “Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna -. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità”.
L’Avvocatura dello Stato ha chiesto, dal canto suo, l’assoluzione per Fini. Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte anche altre persone, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta. Per loro la decisione dei giudici del 29 febbraio ha fatto scattare la prescrizione delle accuse. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere mettevano in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani.
Quest’ultimi, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco. ”Questa vicenda – affermò Fini nell’udienza del marzo del 2023 – è stata la più dolorosa per me: sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Solo anni dopo ho scoperto che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui. Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito: ho scoperto solo dagli atti del processo che lei era comproprietaria dell’appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo”. La sentenza è attesa per il prossimo 18 aprile.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere il sostituto procuratore antimafia Antonio Laudati nell’interrogatorio in procura a Perugia nell’ambito dell’indagine sui presunti accessi abusivi alle banche dati del suo ufficio compiuti dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano. Fascicolo nel quale è indagato lo stesso Laudati. Lo ha riferito il difensore del magistrato uscendo dal palazzo di giustizia.
(Nella foto in evidenza il procuratore Raffaele Cantone)