Nel trattamento dei pazienti Covid 19, l’abuso di clorochina, farmaco impiegato per la profilassi antimalarica e per alcune patologie autoinfiammatorie, potrebbe indurre a rischi di crisi emolitiche. Abbiamo intervistato, in merito a questo aspetto della lotta al Coronavirus, ilProfessore Ettore Capoluongo, Ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, che ha di recente pubblicato sulla rivista internazionale Clinical Chemistry and Laboratory Medicine, insieme ai Colleghi del CEINGE, Giuseppe Castaldo e Felice Amato (Dipartimento di Eccellenza in Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche del CEINGE), un position paper sui rischi da uso non controllato della clorochina che potrebbe provocare crisi emolitiche.
Professore Capoluongo, facciamo il punto sull’impiego dell’idrossiclorochina?
Il farmaco è impiegato comunemente nella profilassi antimalarica oltre che per alcune patologie reumatiche o nelle collagenopatie, nelle quali riesce ad esercitare un ruolo (non ben noto nei meccanismi molecolari) di immunomodulazione.
E per quanto riguarda le infezioni da Covid19?
Sono stati effettuati da gruppi di ricerca cinesi numerosi trials clinici, sperimentazioni, su soggetti affetti da COvid 19, nei quali è stati annunciata un’evidenza di efficacia che non è stata però contestualizzata da dati sperimentali documentati mediante pubblicazioni su riviste internazionali. Quindi, un ruolo protettivo verso gli effetti infiammatori scatenati dal virus sono stati solo enfatizzati attraverso comunicazioni che non hanno trovato riscontro in dati riproducibili da altri gruppi.Nel nostro mondo, quello scientifico, ciò che non è riproducibile, non è verosimile.Inoltre i dosaggi superiori a 400 mg/die sembrano determinare effetti cardiotossici e alterazioni dell’attività elettrica del cuore che esita in un prolungamento dell’intervallo QT.
Quali gli effetti collaterali, quindi?
Oltre agli effetti cardiotossici, gli stessi che hanno sollecitato qualche giorno fa i francesi a rinunciare a questa opzione di trattamento, in quanto consideratarischiosa per i pazienti, peraltro immediatamente seguiti dagli americani (che hanno dichiarato apertamente il rischio derivante dall’uso massivo di idrossiclorochina nei pazienti covid), vi sono quelli da tossicità oculare (come retinopatia e opacità corneali), il farmaco è controindicato nei soggetti portatori di deficit enzimatico di Glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PDH), enzima chiaveper il globulo rosso a cuigarantisce la capacità antiossidante determinata dalla presenza dell’ossigeno e dei suoi radicali. Tale deficit colpisce prevalentemente i maschi portatori di varianti genetiche severe (prevalentemente quelle definite di Classe II dalla WHO) che vanno incontro a crisi emolitiche che possono talora richiedere anche l’impiego di trasfusioni. La stessa Agenzia Italiana del Farmaco riporta che “Prima della prescrizione si richiama l’attenzione ad una attenta valutazione del paziente, in particolare nei casi di disturbi della conduzione cardiaca, la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (favismo) o la presenza di altre terapie concomitanti”.
Professore ci spieghi meglio, per favore!
I portatori di questo difetto enzimatico sono a rischio di mangiare le fave comuni (di qui il nome di favismo) e di prendere cocktail di farmaci (alcuni antibiotici, antiinfiammatori, la stessa aspirina e la clorochina): spesso la crisi emolitica avviene incidentalmente, senza che il paziente sappia di essere portatore di tale deficit, e solo a seguito dell’assunzione delle sostanze che possono esporre ad un maggior rischio di crisi emolitica, come la clorochina. A Roma, ad esempio, durante questo periodo in cui c’è l’usanza di consumare fave e pecorino durante le scampagnate del weekend, aumentano in genere i riscontri di tali eventi proprio a causa dell’ingestione delle fave. Spesso, nel sottoporsi a profilassi antimalarica prima della partenza per un viaggio in una regione ad endemia malarica, compaiono sintomi come l’ittero che, in genere, sono collegati alla crisi emolitica determinata dall’impiego di clorochina.
Qual è quindi rischio per la popolazione?
Le ultime raccomandazioni inglesi 2019, che peraltro citano alcuni dei miei lavori di catalogazione delle varianti genetiche della G6PDH, raccomandano di considerare con attenzione l’uso della clorochina in associazione ad altri farmaci, in quanto gli effetti avversi determinati dall’interazione di questi ultimi su un soggetto portatore di deficit di G6PD non sono prevedibili. Quindi il farmaco va assunto in piena coscienza dei rischi che vanno comunicati dal medico curante o dallo specialista di riferimento e non se ne può immaginare l’utilizzo democratico, come dimostrato dal fatto che in moltissime città la clorochina era praticamente introvabile. Chi siano stati gli assuntori e chi abbia prescritto tutte queste dosi di farmaco bisognerebbe decifrarlo, anche perché l’eccesso di informazioni infondate sul web è stato più virale del Covid19 ed ha inevitabilmente indotto la popolazione ad auto-medicalizzarsi e a rifornirsi in ogni modo di farmaci annunciati come miracolosi. E questo sta creando problemi ai pazienti che davvero ne necessitano, quelli affetti da patologie reumatiche croniche, che hanno difficoltà a reperirlo in farmacia. E tra gli utilizzatori vi sono anche molti medici ed infermieri che lo usano, secondo quanto riportato proprio oggi dal giornale “La Stampa”, per profilassi
E per la popolazione Italiana qual è la stima dei portatori di deficit?
In Italia le aree con maggiore frequenza sono la Sardegna, parte del Meridione e il Delta del Po, il Veneto, quindi, una delle regioni più colpite.Non sottostimiamo, inoltre,che nell’Italia continentale l’incidenza media della carenza di G6PD è dello 0,4% (in rapporto alla popolazione circa 250.000 soggetti), mentre in Sicilia è dell’1%e in Sardegna raggiunge il valore medio di 14,3% con un picco del 25,8% nella provincia di Cagliari. Quindi il rischio di somministrazione in un soggetto portatore non appare trascurabile.
Quindi cosa suggerisce alla popolazione?
In primis, che prima di utilizzare come verbo ciò che appare sul web, si aspetti di verificare le informazioni attraverso i canali ufficiali, OMS, Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute.Bisogna inoltre attendere i dati derivanti da sperimentazioni serie e rigorose, come quella in corso presso il Pascale, od in altri centri accreditati nel mondo, dove l’impiego di tali farmaci è stato filtrato da team diesperti, oltre che da comitati etici che hanno saputo pesare il rapporto rischio-beneficio di un eventuale trattamento. Solo questo modo di lavorare garantisce la sicurezza per il personale coinvolto e, soprattutto, per i pazienti.
In definitiva?
L’importanza di una comunicazione corretta è fondamentale per evitare il rischio di auto-medicalizzazione o di autoprescrizione di farmaci e test spesso inutili oltre che potenzialmente dannosi. L’impiego della clorochina o dei suoi derivati, se non associato ad una corretta informazione, potrebbe generare un maggior rischio di eventi avversi anche collegati al difetto di G6PD. Quindi, una adeguata informazione al potenziale assuntore serve anche a riconoscere precocemente i segni di una crisi emolitica e di comunicarlo per tempo al proprio medico in modo da sospendere la terapia ed a ricorrere, ove necessario, all’assistenza ospedaliera.
La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.
Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.
La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.
Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.
Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.
“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.
Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.
La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.
L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.
Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.
L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).
Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.
“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.