“Stato e Religione / Tra Legge e Dottrina” di Emilio Fina e Roberto Ferrari non è un libro facile da affrontare. Perchè gli argomenti che tratta, con assoluto rigore scientifico, hanno a che fare con la nostra quotidianità, la nostra spiritualità, la nostra capacità di essere comunità. E Fina e Ferrari ci mettono davanti al nostro smarrimento culturale, alle nostre amnesie collettive di popolo che sembra vivere proiettato nel futuro ma che è senza più radici. Ed un popolo che ha dimenticato il suo passato, che non conosce la sua storia, non riesce a comprendere il valore di certe sfide di questa era, non riesce a capire che certi fenomeni (ad esempio quello migratorio) possono stravolgere, cambiare radicalmente la nostra vita senza che noi si possa fare alcunché per essere artefici del nostro destino.
L’Italia è un Paese che deve finalmente affrontare questa crisi valoriale, non può a lungo continuare a fingere che non c’è. Indro Montanelli sosteneva che “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”. E si riferiva ad un’Italia che ancora non era afflitta da uno sfrenato laicismo o radicalismo laico. Parlava ad un’Italia dove ancora esistevano, si dibattevano tra pesanti difficoltà quei corpi intermedi (partiti, sindacati) che oggi sono stati scardinati da una crisi di rappresentatività frutto di un ventennio di leaderismo politico che lungi dall’essersi esaurito con la fine del berlusconismo sembra aver trovato nuovi imitatori, quasi fosse un modello di rappresentazione della società moderna.
Emilio Fina. Psichiatra forense ed autore del libro
Dal passato potremmo riconoscere insegnamenti utili per il futuro. Il passato potrebbe evitarci di commettere errori già fatti. E questo libro (“Stato e Religione / Tra Legge e Dottrina” di Emilio Fina e Roberto Ferrari) è, per chi ha voglia di nutrire il cervello, un cazzotto nello stomaco. Leggerlo aiuta a capire dove siamo, che cosa stiamo facendo e dove stiamo andando. Ci mette di fronte alla complessità dei nostri giorni con un linguaggio semplice, diretto, coinvolgente. Perché Fina e Ferrari (uno psichiatra forense ed un monaco benedettino) riportano sul tavolo della discussione qualità semplicissime che abbiamo smarrito, collettivamente: la semplicità, il buonsenso, la normalità. Talvolta davanti a problemi anche enormi, la soluzione più semplice, quella più a portata di mano, è esattamente quella che viene scartata in favore di arzigogolati percorsi che sono sin dapprincìpio destinati a portare verso la meta sbagliata.
Il problema dei nostri giorni è la frammentazione etica e spirituale che si è manifestata in questi ultimi decenni in tutto il Occidente. Frammentazione che ha creato un vuoto spirituale conil conseguente smarrimentodell’individuo e indebolimento del tessuto sociale. Il problema è il concetto deformato della laicità. Sembra che la laicitàdebba comportare necessariamente essere acattolici o confessionali. Ma non è così.
“La fede è alla base della nostra esistenza, l’avvicinamento culturale tra Stato e Religione è un messaggio importante – spiega Fina – che io come psichiatra ecattolico ritengo essere necessario. Ed è quanto assieme a Roberto Ferrari abbiamo provato a testimoniare con questo libro”.
“Davanti a questi che sono i sintomi della complessità del reale attuale noi ci poniamo come osservatori, come sentinelle. Noi non possiamo accettare il tutto in una maniera indiscriminata ma attraverso osservazioni critiche, attraverso una griglia di lettura, anche attraverso ermeneutiche contemporanee – argomenta Ferrari – noi possiamo avvicinarci al cuore dell’uomo e della donna di oggi, sempre più affannato, sempre più ansioso e bisognoso di risposte certe e trasparenti”.
Alla presentazione del libro di Fina e Ferrari nello splendido salone del Circolo Canottieri di Napoli, messo a disposizione dal presidente Achille Ventura, il difensore civico regionale, Giuseppe Fortunato, ha parlato di “un richiamo ad una cittadinanza attiva, un richiamo al bene comune, alla casa comune, epoi a un rinnovato impegno, ad una nuova discesa in campo sui valoridei cattolici”. Sarà possibile? A leggere la storia della dottrina sociale della Chiesa e dei padri del pensiero cattolico, basti pensare ai costituenti, la possibilità di una nuova stagione dell’impegno dei cattolici in politica sembra auspicabile. Papa Francesco, appena eletto al soglio Pontificio, disse che “i cattolici devono fare politica, devono cercare di fare il bene comune senza lasciarsi corrompere”.
Roberto Ferrari. Monaco benedettino ed autore del libro
Perchè “la corruzione spuzza” disse sempre il Papa argentino nella sua visita pastorale a Napoli, davanti a miglia di persone a Scampia, quartiere ghetto della periferia metropolitana. Nel libro di Fina e Ferrari, non in maniera esplicita, si comprende una necessità: quella che i cattolici dovrebbero avere una sola voce.
“Non si può pensare che il destino del Paese possa essere nelle sole mani di magistrati e forze dell’ordine che sono solo dei manutentori di una società sempre più sfilacciata – spiega Armando D’Alterio, procuratore generale presso la Corte di Appello di Potenza -, occorre una alleanza tra Religione e Stato, non sono concorrenti, l’uno non esclude l’altro. Anzi, l’avvicinamento culturale fa bene allo Stato”.
La formula per far riemergere la voce dei cattolici che è maggioritaria nel Paese ma minoritaria nelle istituzioni, si vedrà: scuola di formazione, forum civico, oratorio, parrocchia, associazioni laiche, gruppi di cittadini. Non importa la formula. Oggi la Chiesa ha bisogno di un nuovo impegno dei cattolici in politica. La Chiesa italiana non cerca risposte per un suo bisogno, ma incoraggia il laicato a riscoprire la politica come vocazione, come un impegno di umanità e santità a servizio del proprio Paese.
“Questa Italia così fragile e smarrita – spiega il procuratore aggiunto del Tribunale di Napoli Nord, Domenico Airoma -, a causa della globalizzazione e di una gravissima crisi economica che ancora fa sentire i suoi effetti, ha bisogno di ritrovare se stessa. Ha bisogno, cioè, di persone di buone volontà che rammendino il tessuto sociale del Paese che oggi appare sfibrato”.
Ma anche di competenze che possono essere sviluppate nelle scuole di dottrina sociale.
“Occorrono luoghi di confronto che nascano dal basso, come potrebbe essere una rete di associazioni civiche, in cui si possano scambiare buone pratiche e dove poter valorizzare tutti quei “talenti” inutilizzati, soprattutto giovani, che sono ben presenti nel Paese. Insomma, – ha spiegato il giornalista Paolo Chiariello, chiamato a moderare il dibattito al Circolo Canottieri -, occorre mettersi al servizio del bene comune per cercare di superare i limiti storici dell’Italia e per allontanare i fantasmi pericolosi del rancore sociale e della xenofobia. Da questo punto di vista, i cattolici hanno moltissimo da offrire al Paese”.
Ragionamento su cui conviene anche l’ex ministro della Giustizia Giuseppe Gargani che definisce il libro di Fina e Ferarri “un testo dotto, lungimirante, che mette in guardia da un radicalismo imperante che ha affossato lo Stato laico e l’ha fatto diventare un laicismo. Questo ha fatto perdere tutti i valori, ha fatto perdere il riferimento ai grandi valori da cui deriva il cristianesimo ed ha fatto fatto diventare non più identitario un ruolo europeo, il cittadino europeo e quindi la sua presenza nella società moderna”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è giunto in mattinata a Napoli e, dopo aver deposto una corona al monumento degli scugnizzi, ha raggiunto la basilica di San Giovanni Maggiore dove ha presenziato ai lavori di un convegno sulle Quattro giornate di Napoli, promosso dal Comune a ottanta anni dalla rivolta popolare contro il nazifascismo.
A piazza della Repubblica il Presidente della Repubblica ha incontrato Francesco Amoretti, figlio di Antonio Amoretti, ultimo partigiano di Napoli, scomparso all’età di 95 anni nel dicembre 2022: “Ho detto al Presidente Mattarella che mio padre quotidianamente ha lavorato soprattutto presso le scuole e con gli studenti a difesa della Costituzione. Chi meglio del Presidente può capire il senso e il significato di quell’impegno”.
La prossima asta di novembre di Christie’s dedicata all’arte di fine Ottocento offrirà al miglior offerente non uno, ma tre dipinti di Paul Cézanne che da 90 anni non erano apparsi sul mercato. Le tre opere vengono dal museo Langmatt di Baden, in Svizzera, e verranno presentate una dopo l’altra il 9 novembre in uno sforzo del museo di raccogliere 45 milioni di dollari per assicurarsi un futuro.
Star tra i tre quadri è Fruits et Pot de Gingembre, all’asta con una stima tra 35 e 55 milioni di dollari. Realizzato tra 1890 e 1893, fa parte di un periodo d’oro in cui Cézanne creò le sue opere più elaborate, tra cui i Giocatori di Carte, dipinto nello stesso studio che il pittore teneva della casa dei genitori, ma anche il panoramico La Montagne Sainte-Victoire della collezione del co-fondatore di Microsoft Paul Allen venduto l’anno scorso, sempre da Christie’s, per 138 milioni di dollari. Il secondo quadro, Quatre Pommes et un Couteau, ha al centro la mela, uno dei soggetti quotidiani preferiti di Cezanne: la stima è tra sette e dieci milioni di dollari, mentre per La Mer à l’Estaque del 1878-1879 – l’unico dipinto del gruppo che non è una natura morta ma una veduta sul Mediterraneo e un pittoresco villaggio di pescatori – le previsioni sono tra i 3 e i 5 milioni.
“Le vendite di opere di musei sono una questione delicata. Siamo colpiti dall’attenzione e dalla cura con cui il Langmatt ha scelto cosa mettere in vendita”, ha detto Dirk Boll, vicepresidente di Christie’s per l’arte moderna e contemporanea. Il formato dell’asta è inconsueto: Christie’s, su istruzioni del museo, venderà i tre quadri in sequenza finché non verrà raggiunto o superato il target dei 45 milioni richiesti. a quel punto, se resterà qualcosa di invenduto, sarà restituito al Langmatt. Cézanne non fu mai veramente apprezzato in vita, ma già al tempo della morte era considerato un precursore dell’arte moderna e negli anni a seguire la maggior parte dei suoi capolavori finirono in mano private, tra cui i tre ora in vendita, acquistati nel 1933 dal collezionista anglo-svizzero Sidney Brown e dalla moglie Jenny. Il museo Langmatt ha sede nella villa di famiglia dei Brown, lasciata in eredità assieme alla vasta collezione alla città di Baden dal figlio della coppia, John Alfred Brown, nel 1987. Da allora il Langmatt è entrato in crisi finanziaria in parte a causa degli altissimi costi di manutenzione dell’edificio disegnato dall’architetto svizzero Karl Moser nel 1900: nel 2017 era stata lanciata cosi una campagna raccogli fondi per assicurare la futura operatività del museo.
Melania Mazzucco è la vincitrice del premio Matilde Serao: la scrittrice lo riceverà il prossimo 5 ottobre in una cerimonia che si svolgerà nel Palazzo Reale di Napoli, nell’ambito del Campania libri festival. Un premio organizzato da Il Mattino dedicato alla sua cofondatrice. E al Mattino Melania Mazzucco, scrittrice amatissima, vincitrice di numerosi premio, spiega che quello che più l’ha colpita “è la capacità di stare nel proprio tempo”, e questo, spiega, è evidente fin dal 1886.
Il bacio della Medusa (Rizzoli 1996) a Vita (Einaudi, premio Strega 2003) a La lunga attesa dell’angelo (Einaudi 2008) , L’architettrice (Einaudi 2019): sono i grandi successi di Melania Mazzucco, libri che hanno richiesto anche un gran studio, un lavoro che si avverte pagina dopo pagina. Vita, per esempio: una storia di immigrazione dove la scrittrice ha avuto come punto di partenza i racconti di famiglia ma man mano che andava avanti nelle ricerche per scrivere il suo romanzo ha scoperto che verità e raconto non sempre coincidevano così quello è diventato, come ha detto al Mattino, “il mio libro più libero”