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Cronache

Spiati a casa e in palestra, video venduti per 20 euro

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  C’era “una certa morbosita’” nello spiare la vita delle persone. Una sorta di “Grande Fratello” alla George Orwell, attorno al quale avevano creato un vero business, nascosto dietro a due organizzazioni criminali distinte che avevano come obiettivo quello di violare le telecamere di videosorveglianza delle abitazioni private di cittadini inconsapevoli, ma anche quelle dei camerini dei grandi magazzini o degli spogliatoi di piscine e palestre. Sono 11 le persone indagate della Procura di Milano per associazione a delinquere e accesso abusivo al sistema informatico, tutte italiane, tranne un cittadino ucraino irraggiungibile, con perquisizioni in dieci citta’ da Ragusa ad Alessandria, passando per Roma, Trieste e Milano. Il piu’ anziano ha 56 anni, il piu’ giovane 20. Anche se tutti avevano competenze informatiche, nella vita svolgevano i lavori piu’ disparati, dal tecnico informatico al disoccupato percettore del reddito di cittadinanza, dal grafico al barista. E ognuno aveva dei ruoli, tra chi si occupava di trovare gli impianti di sorveglianza, chi li selezionava in base all’interesse e chi era incaricato di acquistare o vendere i codici di accesso degli impianti ad altri gruppi. Spiavano “nel buco della serratura”, hackerando la rete delle telecamere di sorveglianza installate nelle case o nelle aree comuni di palestre e piscine, per poi monetizzare attraverso transazioni con PayPal o in criptovalute. Migliaia di immagini, con interesse specifico in alcuni casi per quelle dei minori, rivendute alla cifra irrisoria di 20 euro su Telegram e sul ‘facebook russo’, il social network VKontakte. Per sponsorizzare ‘l’affare’ facevano addirittura circolare dei trailer promozionali su chat aperte tutti e visionate da migliaia e migliaia di utenti. I clienti venivano poi divisi tra un gruppo “premium”, con circa 2mila iscritti, dove si potevano guardare le immagini condivise dagli amministratori, e un gruppo “vip”, ancora piu’ esclusivo e ristretto a qualche centinaia di persone, nel quale si poteva scegliere e visionare ‘in diretta’ una casa, una piscina o un camerino. Nelle chat proponevano video anche di spiagge frequentate da nudisti, hotel, bagni e nightclub. Un fenomeno criminale “subdolo e insidioso” che, secondo gli agenti, sta assumendo dimensioni sempre piu’ importanti. La procura di Milano che ha coordinato l’operazione ‘Rear Window’ della polizia postale sta valutando per gli indagati anche possibili profili di reato legati alla pedopornografia, per ora non contestati. Una delle due organizzazioni criminali aveva l’obiettivo di investire i proventi illeciti in strumentazioni tecnologiche sempre piu’ sofisticate. All’altra, invece, sono state scoperte transizioni finanziarie in criptovalute da 50.000 euro. Inoltre sono stati sequestrati dieci smartphone, tre workstation, cinque pc portatili, dodici hard disk e svariati spazi cloud per oltre 50 terabyte. L’indagine nasce nel 2019 dalla collaborazione tra la polizia postale italiana e quella neozelandese. Gli agenti sono risaliti a una delle due organizzazioni dopo aver analizzato lo spazio cloud dal materiale sequestrato di una persona arrestata per pedofilia. L’altro gruppo e’ stato invece rintracciato dopo la querela di uno socio di una piscina della Brianza. Si sentivano molto sicuri del business che avevano messo in piedi tanto che nelle stesse chat rincuoravano i clienti, assicurando che la polizia non sarebbe risalita a loro e, se lo avesse fatto, avrebbe inserito la denuncia “in un cassetto”. Cosi’ non e’ stato, con gli indagati, hanno raccontato gli inquirenti, che al momento della perquisizione erano tutti “molto sorpresi”.

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Camorra: clan minorenni in Quartieri Spagnoli Napoli, 3 arresti

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Un vero mini-clan, con tanto di summit e azioni intimidatorie. Tutto formato da minorenni dei Quartieri spagnoli di Napoli. E’ la scoperta di una indagine dela polizia che ha portato a una misura di custodia cautelare del gip partenopeo con il carcere nei confronti di tre ragazzi, ritenuti vicini ai Di Biasi, meglio conosciuti come Faiano, e indagati, a vario titolo, di lesioni personali, porto e detenzione di armi da fuoco, violenza privata, rapina, reati tutti aggravati anche dalle modalita’ mafiose. Il provvedimento nasce dalle indagini sul ferimento a colpi d’arma da fuoco di Vincenzo Masiello il 5 novembre 2022.

L’agguato e’ da ricondurre alla mira espansionistica di un gruppo di giovanissimi ambiziosi che volevano ritagliarsi il loro spazio all’interno delle dinamiche criminali dei Quartieri Spagnoli. La vittima, attualmente detenuta, e’ da considerarsi elemento di spicco della camorra del quartiere. Durante le indagini e’ emerso che il nascente gruppo criminale e’ dedito a reati contro il patrimonio, ha un’ampia disponibilita’ di armi, ha stabilito la sua base operativa in vico Lungo San Matteo che e’ controllato militarmente. Gli indagati costantemente armati di pistola, per evitare attacchi da componenti di altri gruppi antagonisti, hanno in piu’ occasioni perquisito le persone che, in particolare nelle ore notturne, transitavano nella loro zona di influenza.

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Pizzaiolo ucciso: risate e gesti a fine udienza tra gli imputati

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Risate e gesti anche quello delle manette, a fine udienza, tra gli imputati al processo in corso a NAPOLI sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo ucciso nelle prime ore del 20 marzo 2023 sul lungomare di NAPOLI da un proiettile vagante esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un pestone su un paio di scarpe griffate a cui la vittima era estranee. Il comportamento di alcuni degli accusati – collegati in video conferenza dalle carceri dove sono detenuti – non è passato inosservato in aula, quando ormai l’udienza, particolarmente importante quella di oggi, si era ormai conclusa. Oggi, infatti, per la prima volta uno dei testimoni, un amico della vittima, che era lì e nelle cui braccia Maimone è spirato, ha indicato colui che ha sparato, puntando il dito verso il riquadro del monitor in cui c’era Francesco Pio Valda.

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Terra dei Fuochi: M5s, fare luce su restituzione beni ai Pellini

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“I fratelli Pellini, condannati definitivamente per traffico illecito di rifiuti, sono responsabili di aver avvelenato la Terra dei Fuochi seppellendo e spargendo nelle campagne di Acerra rifiuti speciali e pericolosi. Era stata disposta la confisca del loro patrimonio per ben 222 milioni, quei soldi dovevano essere destinati alle bonifiche.

Invece, la Cassazione glieli ha restituiti perchè la Corte d’Appello di Napoli si sarebbe attivata oltre i termini previsti. Ministro, per rispetto verso tutti i cittadini e per affermare i valori della Giustizia, chiediamo che si accerti, anche tramite ispezioni, cosa è realmente successo negli uffici giudiziari di Napoli e che si faccia tutto il possibile per recuperare quei soldi alla causa collettiva. Questa non può essere solo una battaglia del Movimento 5 Stelle, deve essere un impegno di tutte le forze politiche”.

Lo ha detto il deputato M5S Sergio Costa, vice presidente della Camera, illustrando un’interrogazione al ministro Nordio. Nella replica, la deputata M5S Carmela Auriemma, prima firmataria dell’atto, ha osservato come “non sia sufficiente la risposta del ministro. 222 milioni di euro sono stati restituiti a dei delinquenti per un vizio procedurale, è doveroso che si faccia la massima chiarezza su quello che è accaduto, lo Stato lo deve a tutti i cittadini cresciuti nella Terra dei Fuochi e alle troppe famiglie che piangono le vittime di quell’inquinamento criminale. Lo Stato non può perdere così davanti agli eco-delinquenti, deve essere forte e inflessibile con questa gente. Bisogna tutelare il lavoro svolto per 15 anni dai magistrati di ben tre procure della Repubblica”.

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