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Spagna al voto, da Almodovar a Bardem la cultura in ansia

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Nonostante il giorno del silenzio elettorale e la naturale propensione del mondo culturale a non farsi far prigioniero dei singoli schieramenti politici, buona parte della cultura spagnola di riferimento internazionale non ha fatto mancare di alzare la voce in vista delle incerte e combattute elezioni politiche spagnole di oggi. Sull’onda di mesi che hanno visto grandi intellettuali come Javier Marias e Javier Cercas difendere i diritti dei catalani e addirittura un direttore di festival (Angel Sala del popolarissimo festival del fantastico di Sitges) finire alla gogna mediatica per le sue posizioni indipendentiste. In vista delle elezioni politiche invece, il primo a schierarsi direttamente e’ stato Fernando Colomo (storico produttore e regista, di grande popolarita’ in patria) che ha accettato di correre per un seggio al Senato nelle file dei Verdi. “C’e’ una gran parte di elettori storici della sinistra – ha detto- che hanno mostrato sfiducia negli atti concreti di Podemos dopo aver tanto sperato in un rinnovamento promesso da questo partito. Adesso e’ ora di riconquistare questi elettori e ho scelto di mettermi in gioco in prima persona anche se penso che il frazionamento delle liste di Sinistra non sia di per se’ un bene in un momento tanto critico. Spero che da lunedi’ le ragioni dell’alleanza prevalgano sulle differenze”.

Anche nel campo del cinema il partito nazionalista Vox non ha mancato di alzare la polemica dichiarandosi offeso per il mancato invito alla cerimonia dei Goya (l’Oscar nazionale del cinema spagnolo): nonostante le dichiarazioni degli organizzatori che hanno fatto presente come non sia tradizione del premio invitare i diversi partiti politici, Santiago Abascal (leader del movimento) ha protestato augurandosi che non trionfino “film che mettono in discussioni i valori storici e la memoria del paese” e ha denunciato una sorta di mafia della sinistra che terrebbe in ostaggio la cultura. La risposta implicita viene dal record di candidature (ben 13) del film “El Reino” di Rodrigo Sorogoyen che denuncia i mali della politica e della corruzione. E una certa sfiducia nelle promesse elettorali di tutti i partiti si legge nell’editoriale di qualche giorno fa a firma dello sceneggiatore David Trueba che sulle colonne del “Pais” denuncia il teatrino elettorale dei dibattiti tra i candidati parlando di una sorta di “futurismo della politica” in cui parole vuote di senso diventano slogan e facili promesse. Ma l’atto piu’ clamoroso e’ di certo il manifesto per una sinistra unita che, firmato ufficialmente proprio venerdi’ scorso al Circulo de Belas Artes di Madrid, vede insieme personalita’ come Pedro Almodovar, Almudena Grandes, Miguel Rios, Carlos Bardem, Ana Bele’n. Il manifesto porta un titolo esplicito: “Tu decidi” e chiama gli elettori alla mobilitazione per una “Spagna reale, quella che si rechera’ alle urne per l’affermazione di una civilta’ democratica”.

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Tv, Jolani sceglie premier di Hts per governo transitorio

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Sarà Muhammad Bashir, e non l’esiliato ex premier siriano Riad Hijab o l’attuale primo ministro Muhammad Jalali, il capo del governo di transizione a Damasco. Lo riferisce la tv al Jazira nella capitale siriana secondo cui Muhammad Bashir è il premier del “governo di salvezza”, che da anni amministra nel nord-ovest siriano le aree sotto controllo di Hayat Tahrir ash Sham (Hts), guidata da Abu Muhammad Jolani (Ahmad Sharaa). La scelta di Muhammad Bashir sarebbe stata imposta, afferma la tv, dallo stesso Jolani.

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Siria, Russia: prematuro parlare mantenimento presenza militare

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È prematuro parlare del mantenimento della presenza militare russa in Siria, sarà un argomento da discutere con le autorità. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov (foto Imagoeconomica in evidenza). “È prematuro parlare di questo. In ogni caso, è un argomento da discutere con coloro che saranno al potere in Siria”, ha dichiarato Peskov ai giornalisti, aggiungendo che il governo siriano sta attraversando un periodo di trasformazione ed è ancora instabile. L’esercito russo in Siria sta facendo tutto il necessario per garantire la sicurezza delle basi militari, ha dichiarato il funzionario, aggiungendo che la sicurezza di queste basi è una questione molto importante.

Le autorità russe stanno facendo tutto il necessario per entrare in contatto in Siria con quanti possono garantire la sicurezza delle basi militari, ha aggiunto. Ieri i gruppi armati dell’opposizione siriana hanno conquistato la capitale Damasco. Il primo ministro siriano Mohammad Ghazi al-Jalali ha dichiarato che lui e altri 18 ministri hanno deciso di restare nella capitale. Al-Jalali ha inoltre dichiarato di essere in contatto con i leader dei gruppi militanti entrati in città. Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato che Bashar al-Assad si è dimesso da presidente e ha lasciato la Siria dopo i negoziati con alcuni partecipanti al conflitto siriano.

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La caduta di Assad e il dilemma dell’Iran sempre piùà debole in un Medio Oriente in trasformazione

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A 1.696 chilometri di distanza, a Teheran, i mullah osservano con sgomento l’inaspettata avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Damasco. La scena dei miliziani che entrano nella residenza presidenziale di Bashar al-Assad, scattando selfie tra le sue lussuose auto sportive, è un’immagine simbolica del collasso di uno degli ultimi bastioni dell’alleanza sciita in Medio Oriente. Fonti vicine ai funzionari iraniani descrivono un’atmosfera di shock e presagio tra i leader della Repubblica Islamica.

L’Iran, che per anni ha sostenuto Assad con soldi, milizie e supporto strategico, si trova ora a fare i conti con la perdita del suo unico alleato arabo sciita. La caduta del regime di Assad rappresenta per Teheran la terza sconfitta regionale dopo il ridimensionamento di Hamas e Hezbollah da parte di Israele, un colpo pesante per l’asse della resistenza contro il nemico storico: Israele.

Il ruolo dell’Iran e il cambio di strategia

Durante il culmine della guerra civile siriana, l’Iran e la Russia hanno giocato ruoli complementari nel mantenere in vita il regime di Assad. Teheran ha inviato i suoi migliori generali, tra cui il leggendario Qassem Soleimani, e ha schierato Hezbollah per sostenere l’esercito siriano. Ma gli ultimi mesi, segnati dalla guerra a Gaza e dal crescente isolamento, hanno visto indebolirsi questo sodalizio.

Con l’avanzata dell’Hts, l’Iran ha dapprima promesso sostegno totale ad Assad, per poi cambiare tono nelle ultime ore. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha parlato di un “approccio adeguato”, segno di una possibile ritirata strategica. Secondo indiscrezioni, l’Iran avrebbe già negoziato con Hts garanzie per la protezione dei siti religiosi sciiti e un’uscita sicura delle proprie truppe dalla Siria.

Gli scenari futuri per Teheran

La caduta di Assad pone l’Iran di fronte a un bivio:

  1. Accettare un Medio Oriente senza influenza iraniana: Un simile scenario rappresenterebbe un colpo ideologico devastante per la Repubblica Islamica, ma potrebbe facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, specialmente su questioni legate al programma nucleare.
  2. Adottare una linea radicale: La paura dell’Occidente è che l’Iran, spinto dai falchi del regime, possa rivedere la sua dottrina nucleare fino a sviluppare un’arma atomica, nel tentativo di recuperare peso geopolitico in un Medio Oriente sempre più frammentato.

Un Medio Oriente in trasformazione

La presa di Damasco da parte dell’Hts non è solo la caduta di un regime, ma anche il simbolo di un nuovo equilibrio geopolitico. Per l’Iran, significa un’erosione del suo ruolo storico nella regione. Per il mondo, è un segnale di instabilità in un’area già segnata da conflitti e rivalità secolari.

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