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Capire la crisi Ucraina

Solo il Pontefice lavora per fermare la terza guerra mondiale già in corso, i media la mimetizzano

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L’egemonia comunicativa dell’informazione, sì, insomma, quella che chiamiamo “epimedia” funziona come un “produttore di realtà” che nel mentre costruisce narrazioni, anche assai fantasiose, mimetizza in mille modi eventi oggettivi e situazioni fattuali. 

Ridotta alla sua componente militare, la crisi ucraina viene occultata nella sua ben più complessa conformazione. Viene perciò ignorata -e all’occorrenza mistificata- nella sua genesi e nei suoi esiti. Sto dicendo che tutti, grazie a epimedia, possono dire quello che vogliono sul come e perché è nata questa guerra; su come si sta svolgendo sul terreno, quasi si trattasse di un insieme di tattiche avventurose degli stati maggiori russi o addirittura partorite da un cervello di Putin tanto fertile quanto perverso; di quando il conflitto armato finirà e come.

Con le sue eziologie metastatiche -se la vogliamo paragonare a una malattia- epimedia è imprevedibile e devastante. Da una parte, rinforza il nucleo bellicista della crisi: la sede del tumore concettuale. Vedete da ultimo cosa è andato a dichiarare a Kiev il presidente del Consiglio europeo C. Michel: “Vogliamo la vittoria dell’Ucraina e siamo determinati a fare tutto il possibile per sostenerla”. La “vittoria ucraina”, capite? Altro che “aiutare la resistenza”! Ci sarebbero diverse cose da dire sul Consiglio europeo (istituzione quanto mai ambigua dell’UE) e sul modo in cui Michel ne interpreta il ruolo di Presidente. Ma non voglio farlo ora, limitandomi solo a chiedere in base a quale legittimità, in base a quale specifico mandato Michel ha dichiarato quel che ha dichiarato. Se al pettine devono venire i nodi dell’Unione, ebbene che vengano: in fretta e per intero!

L’Europa in guerra. Charles Michel in vista dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Ora invece vorrei richiamare l’attenzione su un’altra circostanza. Si afferma sovente: “stiamo attenti che questa guerra russo-ucraina può portarci dritti alla terza guerra mondiale”. Ebbene, dobbiamo cominciare a dirci con forza e chiarezza che noi siamo già dentro la terza guerra mondiale. E ci dobbiamo rendere conto che questa “terza guerra mondiale” non è riducibile a fronti, scacchieri, teatri di combattimenti armati. Si tratta di una “nuova guerra” secondo la terminologia proposta da Mary Kaldor ormai vent’anni fa. Anzi, di una “nuova nuova guerra”, data la sua inedita tipologia: dimensioni, tecnologie, risorse offensive e difensive impiegate. Una guerra mondiale perché siamo t.u.t.t.i. dentro, con belligeranti armati di ordigni bellici usuali (russi e ucraini) e belligeranti dotati di dispositivi diversi dalle armi da fuoco (una grande quantità di attori, a partire da quelli principali che sono gli Stati Uniti e la Cina). 

La terza guerra mondiale, sebbene si combatta per 9/10 con armi non da fuoco –diciamo con “armamentari” di tipo giuridico-istituzionale, economico e culturale- è molto insidiosa. Ed è molto dolorosa. Questi “armamentari” non sono meno letali delle armi con cui “classicamente” si conduce una guerra: hanno le loro distruzioni, i loro profughi, le loro famiglie smembrate, le loro dolorose ferite, i loro decessi per fame, le loro morti per procura, le loro macerie morali e materiali. Bisogna saperle mappare tutte queste conseguenze, si capisce, seguendo una logica di rappresentazione che è quella delle metastasi, come abbiamo richiamato prima. Così, un fascio di sanzioni contro la Russia, per dire, provoca fughe dalle campagne malgasce e rivolte del pane in Tunisia, disoccupati nei distretti italiani del vetro, mortifere denutrizioni in Niger, odiose discriminazioni sportive a Wimbledon, derive belliciste in Paesi che non si credeva potessero più seriamente pensare a riarmi massivi come la Germania o il Giappone.

Putin al Cremilno. Lo zar impartisce istruzioni ai suoi collaboratori del Gabinetto di guerra che si occupa dell’invasione in Ucraina

Come dite? Chi ha capito che siamo già da tempo d.e.n.t.r.o. la terza guerra mondiale? Ma molti soggetti, si capisce! Solo che, probabilmente, hanno qualche problema a dirlo. Tra i belligeranti armati l’ha capito certamente V. Putin, ma forse non V. Zelensky, che continua ad essere illuso da piccoli imbonitori come C. Michel e J. Stoltenberg, e finché serve, grandi imbonitori come B. Johnson o il supremo pifferaio J. Biden. Tra i pochissimi non belligeranti, forse l’unico che ha capito tutto da subito è il Papa, che chiede intanto alle armi di tacere “senza se e senza ma”. Tuttavia il Pontefice, duramente combattuto all’interno della sua stessa Chiesa dai movimenti oltranzisti, non si fa troppe illusioni sulle pretese di una politica che crede di essere astuta mentre invece è solo cinica, quando continua ad armare gli ucraini perché combattano per conto terzi una guerra senza uscita contro la Russia. Il Papa sa che andare a Kiev non serve, ora che tutti fanno il viaggio nella capitale ucraina per mettersi in vetrina. E sa che andare a Mosca non serve, se non per negoziare una tregua d’armi che è cosa molto diversa dalla Pace che lui vuole. Auguro invece al Papa che gli riesca di progettare e portare a compimento i soli pellegrinaggi che oggi possono contare: a Pechino, a Washington e a New York dove le Nazioni Unite, da sole, non potranno andare molto lontano, nonostante la (tardiva) buona volontà di A. Guterres.  

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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La spia che venne dagli Usa, l’uomo di Mosca nel Donbass

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Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.

Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.

Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.

La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.

Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.

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Cinque passi verso la pace tra Russia e Ucraina

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Dopo due anni e mezzo di guerra della Russia contro l’Ucraina, pesanti impatti sulla sicurezza energetica a quella alimentare oltre alla crisi di rifugiati (oltre 14 milioni) più significativa in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, la pace è urgente. Teha, coinvolgendo 9 think tank internazionali, ha disegnato una ‘road map’ che presenterà al Forum di Cernobbio: 5 proposte per rafforzare la sicurezza energetica, 5 per la sicurezza agroalimentare globale e 5 per arrivare alla pace. “Navighiamo in un panorama geopolitico instabile senza precedenti” sottolinea Valerio De Molli, il ceo di Teha Group, per questo “solo comprendendo le cause profonde della guerra e affrontando le sue implicazioni più ampie possiamo lavorare per un futuro in cui la resilienza, l’inclusività e la sostenibilità siano in prima linea nella governance globale”.

E’ il fil rouge del Paper “con l’obiettivo di fornire, si spera, un contributo costruttivo per avvicinare la pace” e il sogno, malcelato, è che il primo passo parta proprio da Cernobbio. Qui, nella prima giornata di lavori farà il suo intervento Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria e Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea e dovrebbe partecipare anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per incontrarlo potrebbe anticipare il suo arrivo Giorgia Meloni. Bisogna partire con il “riconoscere gli ingenti danni causati dalla guerra sia a livello regionale che globale”, secondo l’analisi condotta da Teha con DiXi Group, EDAM Centre for Economics and Foreign Policy Studies, Higher School of Economics, Jacques Delors Institute, Kyiv School of Economics, Limes, Observer Research Foundation e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) è “il prerequisito di un processo di pace globale”.

Il passaggio successivo è “condurre un’analisi critica del fallimento diplomatico degli Accordi di Minsk” (firmati nel 2014 tra Ucraina, Russia e Osce, ndr). Le altre tappe sono: “segmentare il processo di pace in azioni a breve e medio-lungo termine per stabilire tappe e obiettivi chiari, facilitando risultati progressivi e garantendo che sia le esigenze immediate sia gli obiettivi di lungo termine siano raggiunti; organizzare una Conferenza di Pace internazionale” che coinvolga Russia e Ucraina e infine “creare un solido piano di assistenza finanziaria ed economica per sostenere l’Ucraina nel dopoguerra” prevedendo il problema del debito pubblico e il calo della popolazione. Per rispondere alle due grandi crisi, energetica e alimentare, originatesi con la guerra gli analisti di Teha suggeriscono cinque mosse per ognuna.

La diversificazione delle fonti energetiche, la creazione di riserve strategiche di energia, l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili, l’introduzione di misure per l’efficienza energetica, e la creazione di un Network Energetico Pan-Europeo, sul fronte energetico. Par reagire all’insicurezza alimentare acuta ha raggiunto livelli record, riguardando 258 milioni di persone in 58 Paesi nel 2022, le proposte di TEHA sono: “avviare un’attività di coordinamento, che coinvolga le principali organizzazioni internazionali, nella gestione della crisi alimentare globale; istituire programmi internazionali di aiuto alimentare a sostegno dei paesi vulnerabili; dare un’assistenza finanziaria e aiuti allo sviluppo ai paesi vulnerabili per costruire sistemi agroalimentari e migliorare la resilienza a shock futuri; incentivare pratiche agricole sostenibili che aumentino la produttività riducendo al minimo l’impatto ambientale e infine avviare una riforma della politica agricola globale e della governance a sostegno della transizione verde per garantire un accesso e una distribuzione equi delle risorse agricole e alimentari”.

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Missili russi sull’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, 20 morti e 66 feriti

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Almeno 20 morti e 66 feriti: è il bilancio provvisorio del massiccio attacco missilistico lanciato oggi dalla Russia contro l’Ucraina. Finora si registrano infatti 35 feriti e 10 vittime a Kiev, incluse cinque nell’ospedale pediatrico Okhmatdyt, e altre 10 a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dove sono stati segnalati anche 31 feriti.

Ci sono persone intrappolate sotto le macerie dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt Kiev colpito oggi da un attacco missilistico russo: lo riporta su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

“Ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev. Uno degli ospedali pediatrici più importanti non solo in Ucraina, ma anche in Europa. Okhmatdyt ha salvato e restituito la salute a migliaia di bambini. Ora l’ospedale è stato danneggiato da un attacco russo, con persone intrappolate nelle macerie, e non si conosce il numero esatto di feriti e dei morti. Ora tutti stanno aiutando a rimuovere le macerie: medici e gente comune”, si legge nel messaggio. “La Russia non può non sapere dove volano i suoi missili e deve essere ritenuta pienamente responsabile di tutti i suoi crimini: contro le persone, contro i bambini, contro l’umanità in generale. È molto importante che il mondo non rimanga in silenzio e che tutti si rendano conto di ciò che la Russia è e di ciò che sta facendo”, conclude Zelensky.

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