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Salute

Smartphone e altri device lontani dai bambini perché ne disturbano l’evoluzione

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I bambini e l’utilizzo dei device multimediali: quali sono i rischi e che cosa dicono gli esperti?

Secondo studi recenti l’utilizzo dei touchscreen in età evolutiva interferisce con lo sviluppo cognitivo. Nei bambini al di sotto dei tre anni è opportuna la presenza costante di un genitore che li aiuti ad usarli nel modo più opportuno traendo la possibilità di imparare anche nuove parole.
È stato dimostrato che trascorrere una gran quantità di tempo davanti agli schermi interferisce con i rapporti sociali tra i coetanei, riduce il livello di attenzione e risulta correlato a un ridotto rendimento scolastico.
L’uso di tali dispositivi, soprattutto prima di andare a dormire, interferisce con la qualità del sonno favorendo la comparsa di incubi e risvegli notturni e la postura inadeguata che si assume durante il loro utilizzo è responsabile di cefalea e dolori muscolari. Da non sottovalutare è anche la ripercussione sulla vista: bruciore, secchezza oculare e senso di corpo estraneo.
È dunque opportuno limitare l’uso degli apparecchi elettronici in base all’età dei bambini:
Fino a 18 mesi è giusto non usare alcun dispositivo, dai 18 ai 24 mesi solo qualche programma sotto controllo dei genitori, dai 2 ai 5 anni utilizzare tutti i dispositivi solo 1 ora al giorno,dai 6 anni in poi limitare il più possibile il tempo trascorso davanti ai dispositivi elettronici favorendo attività ludiche alternative. Tuttavia esistono delle app che in presenza di genitori possono risultare formative per i bambini.

*L’autrice di questo articolo è una pediatra

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Economia

Firmato il contratto Sanità, aumenti e ferie solidali

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Un aumento medio mensile di 172 euro per 13 mensilità e novità per migliorare le condizioni di lavoro e valorizzare le competenze professionali. Ed arrivano anche sperimentazioni innovative come quella delle ferie fruibili ad ore e le ‘ferie solidali’ estese, ovvero la possibilità di cederle anche per assistere parenti di primo grado e non solo i figli come in precedenza. Dopo mesi di confronto serrato è stata firmata all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) la pre-intesa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del comparto Sanità per il triennio 2022-2024, che riguarda oltre 580mila dipendenti non medici del Servizio sanitario nazionale tra infermieri, ostetriche, tecnici ed amministrativi. Nel piatto sono dunque previsti aumenti medi tra i 150 e i 172 euro mensili. Si tratta di 1,5 miliardi, più altre risorse stanziate per i pronto soccorso e le indennità di specificità per un totale di 1,7 miliardi di euro. L’accordo è stato raggiunto con la firma dei sindacati Nursind, Cisl Fp, Fials e Nursing up, inizialmente contrario.

Non hanno invece siglato la pre-intesa la Cgil e la Uil. Ed ora già si punta al prossimo rinnovo contrattuale 2025-27. “La firma della pre-intesa è una buona notizia per i lavoratori che aspettavano da tempo la conclusione delle trattative e finalmente potranno beneficiare non solo degli incrementi salariali ma anche delle nuove tutele previste dal contratto. Il Governo ha già garantito le risorse necessarie per il rinnovo 2025-2027 e mi auguro si proceda speditamente nell’esclusivo interesse dei lavoratori”, afferma il ministro della Salute Orazio Schillaci. E per il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato il nuovo contratto riconosce il “ruolo essenziale di questi lavoratori nella tutela della salute pubblica”. E’ stato raggiunto un accordo “utile, equilibrato e orientato al futuro. Ora si potrà avviare con maggiore serenità anche la prossima fase per il rinnovo 2025-2027”, ha commentato il presidente Aran Antonio Naddeo.

Soddisfatto il leader del Nursind Andrea Bottega. Nel contratto ci sono infatti una serie di diritti e novità che, rileva, “fanno la differenza col passato”. Innanzitutto, la valorizzazione delle prestazioni aggiuntive a 50€/ora, l’aumento degli incarichi fino a 1.500 euro, l’estensione delle ferie solidali e la previsione del buono pasto per chi lavora in smart working. Ed ancora: tutele rafforzate per la libera professione, valorizzazione economica per il profilo dell’autista soccorritore, il patrocinio legale per i casi di aggressione. Maggiore attenzione anche al personale turnista, sempre più in fuga dal Ssn. Quanto alla parte economica, “non è sufficiente – precisa Bottega – ma valutiamo comunque positivamente la possibilità di incrementare del 50% in sede di contrattazione aziendale l’indennità di base del personale sanitario laureato per particolari unità operative, come anche la priorità data all’aumento dell’indennità notturna”. Prevista poi l’equiparazione economica delle ostetriche agli infermieri sull’indennità di specificità. Per entrambe le figure l’aumento contrattuale mensile lordo è di 150 euro a cui vanno aggiunti per il personale del pronto soccorso altri 175 milioni da distribuire con accordi regionali.

Parla di “svolta” il leader del Nursing up Antonio De Palma, evidenziando anche le maggiori possibilità di percorsi di carriera con l’Area di Elevata Qualificazione “finalmente accessibile anche senza laurea magistrale”. Ed ancora: mobilità ‘trasparente’ con le aziende che necessitano di personale che dovranno emettere bandi almeno una volta l’anno. “Finalmente risposte concrete”, afferma la Cisl Fp. E per Marco Alparone, presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità, la firma del contratto “rappresenta un ponte per un lavoro più ampio avviato presso la Conferenza delle Regioni sulla valorizzazione del personale”. Si dissociano invece Fp Cgil e Uil Fpl, che non hanno firmato confermando una posizione di rottura: “Chi firma senza risorse si assume la responsabilità di svendere 580.000 professionisti”, affermano i due sindacati esprimendo “profondo sconcerto e indignazione” ed annunciando ulteriori mobilitazioni.

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Antidiabetici GLP-1 attivi anche contro emicrania obesi

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Un antidiabetico di ultima generazione appartenente alla famiglia dei GLP-1, farmaci che hanno come effetto collaterale anche la perdita di peso, è stato sperimentato con successo per curare l’emicrania nei pazienti obesi, i quali soffrono di emicrania cronica fino al 30% in più rispetto alle persone non obese e sono poco sensibili agli usuali trattamenti. Lo studio, tutto italiano e pubblicato sulla rivista Headache, è stato condotto dai ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, guidati dal neurologo Roberto De Simone, su 31 persone con indice di massa corporea superiore a 30 che non rispondevano più nemmeno agli antiemicranici di ultima generazione, come i monoclonali anti-CGRP.

A questi pazienti (26 femmine e 5 maschi, perché questo tipo di emicrania è prevalente nel sesso femminile) è stato somministrato il farmaco liraglutide (GLP-1) in aggiunta alla terapia standard (il 65% di essi in cura con monoclonali anti-CGRP). Dopo 12 settimane la nuova terapia sperimentale ha dimezzato il numero dei giorni di dolore in circa la metà dei pazienti e l’ha ridotto di tre quarti nel 23% di essi. De Simone fa notare che questo è avvenuto con una perdita di peso trascurabile, e che questo indica che gli effetti sul dolore erano indipendenti da quelli sulle alterazioni metaboliche da sovrappeso, da sempre invocate come implicate nel mal di testa di questi soggetti.

Al contrario, per il neurologo napoletano, la spiegazione è che “questi effetti punterebbero direttamente sui meccanismi del dolore legati all’ipertensione intracranica indotta dall’obesità, che determina un aumento della pressione del liquor (o liquido cefalorachidiano) in cui sono immersi il cervello e tutto il sistema nervoso centrale”, cosa che sfugge anche all’indagine con l’oftalmoscopio. “Questo risultato, ottenuto con uno studio aperto non controllato, andrà confermato con studi più ampi e controllati – conclude De Simone – ma è estremamente promettente e apre la strada a una profonda rilettura dell’emicrania e dei suoi meccanismi, soprattutto per l’individuazione di un nuovo e promettente bersaglio terapeutico mirato sul controllo della pressione intracranica”.

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‘Assunzioni utilizzando i soldi per i medici gettonisti’

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Assumere nuovi medici utilizzando i fondi attualmente impiegati per ‘assoldare’ i camici bianchi a gettone. In vista della scadenza del 30 luglio, data a partire dalla quale non potranno più essere rinnovati i contratti dei medici gettonisti, il ministro della Salute Orazio Schillaci – da Napoli, dove si concludono oggi gli Stati generali della prevenzione – apre ad una ipotetica soluzione per ovviare ai ‘buchi’ di personale che il venir meno di questi professionisti rischia di determinare nei reparti e Pronto soccorso di numerosi ospedali dove, in alcuni casi, arrivano a coprire fino all’80% dei turni. Proposta subito accolta dai sindacati, ma per realizzarla, rimarcano, “vanno superate alcune criticità”. “Ciò che viene speso per i medici gettonisti può essere utilizzato per fare assunzioni: le professionalità ci sono, perchè se tanti giovani scelgono di fare i gettonisti, se non possono più farlo sono convinto che rientrerebbero dalla porta principale del Ssn”, ha affermato Schillaci.

Quanto alla clausola del contratto dei medici a gettoni, che prevede che questi ultimi non possano essere assunti dalle aziende sanitarie prima di due anni dalla scadenza del contratto stesso, il ministro ha commentato: “Andremo a vedere nel dettaglio le clausole”. Ovviamente, ha spiegato, “non possiamo lasciare i servizi sguarniti. Faremo una ricognizione con le Regioni, dobbiamo continuare ad assicurare servizi importanti come il Pronto soccorso, ma bisogna dare un messaggio chiaro, che i gettonisti non possono più continuare ad essere l’unica risposta che il Servizio sanitario da, soprattutto in reparti come l’emergenza”. Ed ancora: “Vogliamo che i medici entrino dalla porta principale del Ssn, e questo vuol dire fare un concorso, essere assunti e lavorare a tempo pieno per il Ssn. Adesso dobbiamo capire quale è la situazione Regione per Regione e quanti gettonisti operano nei vari servizi. Verificheremo che percentuale di turni ricoprono, ma bisogna dare un segnale chiaro, come già abbiamo fatto due anni fa – insiste il ministro – e cioè che non è questo il modo per andare avanti con il Ssn”.

“Magari arrivassero più assunzioni”, è il commento del segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed, Pierino Di Silverio, “ma c’è prima un problema tecnico da risolvere” precisa. Infatti, “i gettonisti vengono pagati con una quota del bilancio delle aziende definita ‘per beni e servizi’ nella quale non rientra il personale e che non ha un tetto. Per assumere il personale c’è invece un tetto di spesa, ora solo parzialmente superato. Per prendere i soldi dal primo capitolo, e trasferirli sulle assunzioni – precisa – è necessario un decreto ministeriale ad hoc sui fabbisogni di personale per superare tale vincolo legislativo. Sarebbe questo un decreto emergenziale vero”. Ciò a fronte di una situazione che, avverte Di Silverio, “si prospetta a breve gravissima, perchè le ferie estive porteranno già ad una riduzione ulteriore del personale, ma quando potranno essere prese; infatti molti medici, soprattutto nei Pronto soccorso, in ferie non potranno andare perchè verranno precettati proprio per la carenza di personale”.

Ma il punto, sottolinea, “è anche velocizzare i tempi per effettuare i concorsi e, soprattutto, aumentare gli stipendi dei medici, altrimenti i concorsi per lavorare nel Ssn andranno comunque deserti”. Sulla stessa linea anche il sindacato Cimo-Fesmed: “Se non si migliorano le condizioni di lavoro e non si adeguano gli stipendi, sarà molto difficile trovare medici disponibili ad andare a lavorare in Pronto soccorso per colmare i vuoti lasciati dai gettonisti”, rileva il presidente Guido Quici. Infatti i gettonisti, “non vogliono essere assunti: oltre a guadagnare molto di più di un dipendente, non rischiano denunce. I medici dipendenti in Pronto soccorso, invece, sono malpagati e non hanno prospettive di carriera. Se non si risolvono a monte queste condizioni – conclude – non ci saranno più medici disponibili a lavorarci”. Insomma, bene procedere a nuove assunzioni ma l’iter non è semplice. Il fenomeno va però affrontato: 1 miliardo di euro il costo per i gettonisti nel 2023, altrettanto nel 2024.

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